Lo show mediatico dell'assedio alla prigione di Gerico è l'ultimo atto
della campagna elettorale di Ehud Olmert. La storia si ripete, come spesso accade
da queste parti, anche se più di tremila anni sono passati dal biblico
assedio di Gerico, quando Giosuè, alla guida del popolo ebraico, rase
al suolo le mura della città al magico suono delle trombe e sterminò
i suoi abitanti.La massiccia operazione dell'esercito israeliano, concordata
con gli alleati inglesi e americani, ha portato all'arresto e alla
deportazione in Israele di un numero imprecisato di detenuti palestinesi e in
particolare del leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
e neoeletto deputato del Parlamento Palestinese, Ahmed Saadat. Costui è
ritenuto l'organizzatore dell'omicidio di Rehavam Zee'vi, ministro del Turismo
e leader dell'estrema destra israeliana, avvenuto nel 2000. Saadat si trovava
nel penitenziario di Gerico dal 2002, fino a oggi sotto la sorveglianza degli
ispettori anglo-americani. Questi ultimi hanno
deciso senza preavviso di lasciare la prigione martedì mattina in una
staffetta con l'artiglieria pesante israeliana e i suoi bulldozer che hanno
raso al suolo la prigione, costringendo i detenuti a consegnarsi alle forze
di occupazione dopo ore di trattative. La condanna del mondo arabo è unanime, mentre i militanti di Fatah,
seguiti a ruota dalla gran parte dei quotidiani arabi, hanno chiesto al presidente
Abu Mazen di dichiarare sciolta la farsa dell'Autorità Palestinese, visto
che non è in grado nemmeno di proteggere i propri detenuti. Il Qatar
ha chiesto al Consiglio di Sicurezza una mozione di condanna del raid israeliano,
tuttavia il veto minacciato dagli Usa ha disinnescato il dibattito alle Nazioni
Unite, tanto che l'inviato del Quartetto in Medioriente, James Wolfensohn, prefigura
le sue dimissioni e ammette la totale impotenza e inutilità della missione
di pace.
Il motivo che ha spinto Ehud Olmert ad ordinare questa spettacolare azione
militare è guadagnare consensi in vista delle elezioni alla Knesset del
28 Aprile: il commento dei quotidiani israeliani è pressoché unanime.
Lo spregiudicato uso a fini elettorali della invincibile macchina bellica sionista
si conferma ancora una volta nella storia: nel 1981, tre settimane prima dell'ampia
vittoria elettorale, l'allora leader del Likud Menachem Begin distrusse con
un raid aereo il sito nucleare iracheno di Osirak; più recentemente,
Shimon Peres alla vigilia delle elezioni del 1996 si impegna in una vasta operazione
nel sud del Libano, che però gli vale la perdita dei consensi degli arabi
israeliani e la conseguente (ennesima) sconfitta ad opera di Netanyahu. Con
questa prova di forza, Olmert dimostra di essere il degno erede di Ariel Sharon
e della sua strategia del "restituire i territori e uccidere gli arabi",
elaborata nel 2000 dai consiglieri di Arik.
All'opinione pubblica israeliana piace un leader che dimostri da una parte l'abilità diplomatica di fare concessioni unilaterali ai palestinesi e, contemporaneamente, la durezza di un comandante in capo dell'esercito, che sappia portare a termine senza esitazioni importanti azioni di guerra. E questo è esattamente il piano seguito da Olmert nell'ultima settimana, che deve guadagnarsi un'immagine di uomo forte, non potendo vantare un passato come generale dell'esercito. Il primo passo è stata la presentazione del suo progetto di ritiro unilaterale da parte della West Bank, che significa in realtà annessione dentro confini permanenti di enormi porzioni di territorio palestinese, compresi gli insediamenti attorno a Gerusalemme e lungo la valle del Giordano (Hamas ha dichiarato che si tratta di una ufficiale dichiarazione di guerra). Martedì Olmert ha poi completato l'equazione azzardando l'assedio della prigione di Gerico, seguito da una totale chiusura della West Bank per motivi di sicurezza, al prezzo di una escalation di violenza in tutti i Territori. Gli ultimi sondaggi di martedì notte dimostrano che questa duplice strategia, sperimentata a suo tempo da Sharon, si rivela ancora una volta efficace: Kadima, dopo alcuni giorni di flessione, torna a guadagnare consensi a scapito del Likud e si mantiene stabilmente al di sopra del trenta per cento dei consensi.
Aspettando le elezioni del 28 Marzo, al di là del muro a venti chilometri da Tel Aviv, un milione di palestinesi non ha ormai più di che vivere, per il blocco dei finanziamenti internazionali all'ANP e l'aumento dei check point, che hanno separato di fatto la West Bank in tanti piccoli cantoni tra cui non è possibile muoversi.