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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

Una Bielorussia divisa in “tre fronti militari” con generali che si chiamavano Jukov e Rokossovskij: era una guerra tutta sovietica che dall’Est spingeva indietro i nemici nazisti che venivano dall’Ovest. Oggi l’attacco continua ed ha un carattere prettamente ideologico. Perché la Bielorussia post-Urss è ancora considerata come un baluardo del vecchio impero di Mosca. Un collegamento che a tutt’oggi appare pur sempre pericoloso. Vero e proprio seguito della guerra fredda. Con analisi politologiche e resoconti giornalistici che portano questi titoli: Il buio regna a Minsk; Lukashenko è una sfida per l’Europa; Il paese chiede democrazia; L’Europa è vietata a Lukashenko; Sanzioni della Ue per il governo bielorusso; Minsk è il governo dei manganelli; L’ultima dittatura d’Europa… Ma ora, mentre si svolge questa guerriglia partigiana di un Ovest filoamericano, che punta a sconvolgere la politologia dell’Est utilizzando anche il terrorismo bombarolo (è dei giorni scorsi un attentato nella capitale Minsk con 50 feriti), ecco che si fa vivo, con una delle sue mosse a sorpresa, il Vaticano che apre il suo “fronte bielorusso”. Affidando tattica e strategia al cardinale Tarcisio Bertone che, in veste di Segretario di Stato, diviene un vero e proprio generale spedito su un terreno di lotta ai confini con Mosca. La sua è una missione difficile, complessa, che ricorda quelle che in tempi sovietici erano affidate a monsignor Casaroli, l’uomo della ostpolitik vaticana.

Ed ecco Bertone alla guerra di Bielorussia. Arriva sul campo per avviare una pausa di riflessione e mettere ordine al contenzioso che esiste tra Vaticano e Minsk e per dimostrare ai pochi cattolici bielorussi che il Papa “è vicino”. E per rivendicare, nello stesso tempo, il ruolo sociale svolto nel paese dalla Chiesa cattolica che gestisce anche scuole e ospedali. Un viaggio, quindi, in una nuova frontiera post-sovietica che va a collocarsi sulla scia di altre missioni effettuate a suo tempo in Armenia, Azerbaigian e Ucraina. Paesi tutti che erano nell'Unione Sovietica e che ora, crollato il sistema del socialismo reale, rappresentano per la Santa Sede una zona a rischio di persecuzioni e, al contempo, un terreno di rievangelizzazione e sviluppo pastorale. Con un rischio all'orizzonte: quello di entrare in rotta di collisione con il Cremlino e con il patriarcato ortodosso di Mosca.

Bertone tenta quindi la carta del dialogo. E affronta subito la diretta controparte, precisamente il presidente Alexander Lukashenko il quale - in un discorso faccia-a-faccia - lancia la provocazione diplomatica destinata a sconvolgere i piani di molti paesi dell’Ovest. Perché Lukashenko (che in occidente è accusato di calpestare i diritti fondamentali dell’uomo) invita: “Sua Santità, Papa Benedetto XVI, a visitare il nostro paese in qualsiasi momento gli sia conveniente". La nota dell’invito è ufficiale e anche nel linguaggio burocratico segnala una serie di novità che, tutto sommato, migliorano l'immagine della Bielorussia all'estero. E c’è di più. Bertone ai brindisi con il ministro bielorusso si lascia andare ad affermazioni di questo tipo: "Benedetto XVI ama il popolo bielorusso e lo segue con la sua preghiera. La Santa Sede, da parte sua, è vicina a questo nobile popolo e vuole sostenerne con convinta partecipazione ogni processo di autentico sviluppo, per questo essa intende proporre al Governo una collaborazione, oltre che a livello bilaterale, anche nei forum internazionali in favore della pace fra i popoli e l'autentico progresso dell'umanità. Tanto più efficace sarà questa intesa - prosegue - quanto più s'intensificheranno i contatti bilaterali, franchi e aperti, con l'unico scopo di ricercare insieme il bene comune".

Gli uomini del seguito reagiscono in silenzio. E, in pratica, accolgono le proposte proprio perché preferiscono il dialogo allo scontro. Tanto più che, per proteggere la locale comunità cattolica, il confronto con il governo di Lukashenko è considerato lo strumento più efficace, oltre che l'unica strada percorribile. Sin qui l’ufficialità dei contatti. Ma è chiaro che dietro la cortesia delle parole pubbliche, l’uomo del Papa, nei suoi incontri a porte chiuse con il leader bielorusso e con gli altri esponenti del governo di Minsk, non ha mancato di esprimere chiare e tonde le preoccupazioni per quel recente giro di vite adottato nei confronti delle comunità religiose. E' da mesi, infatti, che ai sacerdoti, alle suore, ai pastori protestanti e agli esponenti delle altre religioni sono rifiutati i visti d'ingresso. Alcuni sono stati espulsi per il mancato rinnovo.

L'asticella alta è stata posta loro anche per la conoscenza del bielorusso (o almeno del russo) e i gradi accademici necessari alla docenza. Dettata dal sospetto nei confronti degli stranieri, questa situazione colpisce indiscriminatamente tutte le confessioni religiose ma pone la comunità cattolica in una condizione di particolare vulnerabilità perché la maggior parte di sacerdoti e religiosi sono di nazionalità polacca. A questo si aggiungono le pregresse persecuzioni dell'era comunista. "La situazione della Chiesa cattolica in Bielorussia è particolarmente difficile", ribadisce il Segretario di Stato vaticano. "Si attende ancora la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa nel periodo sovietico, in modo particolare chiese e luoghi di culto". Ma detto questo è chiaro che il Vaticano vuole evitare scenari apocalittici. E così le altre tappe positive di Bertone sono state quelle di Grodno e di Pinsk.

Ma estremamente significativa ed importante per l’avanzata vaticana è stata la visita al centro pastorale "San Giuseppe" della comunità greco-cattolica di Bielorussia. Qui Bertone è stata accolto dal visitatore apostolico per i greco-cattolici in Bielorussia, l'archimandrita Jan Sergiusz Gajek. Il cardinale di Roma ha voluto subito ringraziare questa Chiesa per la sua fedeltà nei confronti del Papa, evidenziando come l'unità nella diversità dei riti, delle forme e culture sia una grande ricchezza per la Chiesa cattolica. "La comunione - ha concluso - è un tesoro ecclesiale che dobbiamo conservare gelosamente, difendendolo da ogni rischio e da ogni pericolo". E ancora: nella Università statale di Minsk c'è una Facoltà di Teologia, frequentata da ortodossi e da cattolici, dove Bertone ha parlato proprio del rapporto tra le due comunità religiose.

L’incognita, comunque, resta l’atteggiamento del clero ortodosso della vicina Russia. Ma per ora dal “Vaticano” di Mosca si risponde con il silenzio. Gli unici rumori che agitano la Bielorussia sono quelli delle bombe dei giorni scorsi lanciate dal gruppo che si fa chiamare 'Esercito nazionale di liberazione della Bielorussia'. Lukashenko minimizza. Definisce il tutto come “teppismo” e conta sull’aiuto dall’alto. Quello del Papa.