Stampa
Categoria principale: Articoli
Categoria: Esteri
di Luca Mazzucato

NEW YORK. Jerry e Martha insegnano spagnolo in un college di Long Island, la lunghissima isola alle porte di New York. Sono le nove di sera alla sede locale del partito democratico, persino dopo un pomeriggio di campagna elettorale Jerry ha ancora l'entusiasmo del ragazzino: “Queste elezioni sono diverse, sta finalmente nascendo un nuovo movimento. Questa è la campagna più importante da una generazione a questa parte”. Jerry ha partecipato attivamente a tutte le elezioni dagli anni sessanta, ma non ha mai visto tanta mobilitazione popolare. Sua moglie Martha, in pensione da pochi mesi, è appena tornata da una settimana di febbrile campagna in Pennsylvania, uno dei famigerati “swing states”. “Ci siamo già stati un mese fa insieme - mi spiega Jerry - abbiamo fatto il giro delle comunità dei latinos, passando porta a porta per registrarli a votare, ma per lei è una missione”. Molti tra i latinos non parlano inglese, ecco perché i due attivisti sono una risorsa preziosa. “Quando bussiamo alla porta, la famiglia dentro casa pensa, cosa ci fanno due gringos sul nostro vialetto? Ma noi gli parliamo in spagnolo e loro socchiudono la porta... Così riusciamo ad avere la loro fiducia.” Jerry racconta che, dopo poche ore all'interno di una piccola comunità messicana, diventano la mascotte del quartiere e tutti vogliono parlare con loro. In questo modo riescono a raggiungere e coinvolgere nella campagna centinaia di persone, che altrimenti resterebbero escluse dal gioco elettorale. L'ultima settimana, Martha ha visitato una zona sperduta della Pennsylvania settentrionale. Un'insegnante del liceo locale ha aperto le porte di casa sua ad una dozzina di attivisti provenienti da tutto il paese, che l'hanno usata come campo base per registrare elettori nelle zone rurali.

Storie come questa sono all'ordine del giorno tra i volontari della campagna “Barack Obama for President”. In una recente intervista, Michelle Obama ha spiegato che una vastissima partecipazione popolare è necessaria per intraprendere una vera strada di cambiamento: “Non basta vincere le elezioni, serve una larga vittoria per rifondare la democrazia in questo paese.” Anche se la campagna sta per sfondare la cifra record del mezzo miliardo di dollari (McCain è fermo a quota 230 milioni), la maggior parte dei fondi sono spesi negli spot pubblicitari, che inondano a tappeto le tv via cavo, battendo il rivale in un rapporto di quattro a uno. Il lavoro sul campo è svolto invece da un esercito di volontari, che percorre la nazione in lungo e in largo per registrare più elettori possibili.

Il particolare sistema elettorale americano fa in modo che tutti gli sforzi elettorali dei candidati si concentrino su quella manciata di “swing states”, le cui sorti decreteranno il vincitore: i soliti Ohio, Florida e Pennsylvania, ma per la prima volta anche Missouri, Virginia e Colorado (per la prima volta in ballo, dopo decenni di egemonia repubblicana). Nello stato di New York i democratici sono ampiamente in vantaggio, come di tradizione nella East Coast, e i segni della campagna sono pochi: tutti gli sforzi locali sono rivolti altrove.

All'interno della sede di Long Island, gli attivisti democratici, una ventina in tutto, passano i pomeriggi al telefono. La battaglia per la presidenza attraversa il paese trasversalmente lungo le linee telefoniche. Gli attivisti tengono in mano pacchi di fogli stampati con gli elenchi degli elettori della Pennsylvania, registrati come indipendenti; e i loro telefoni di casa. Li chiamano uno per uno: per convincerli a sostenere Obama, in caso siano indecisi; per ricordargli di recarsi alle urne, in caso supportino già il candidato; per augurare la buonanotte, se risponde un repubblicano. Ogni tanto qualcuno racconta ad alta voce la sua ultima conversazione e le storie buffe non mancano.

Un ragazzino brufoloso di sedicini anni è sconvolto dalla signora al telefono, che continua a ripetere “non lo voterò mai, è un terrorista!” In un altro caso, al telefono risponde la domestica messicana, entusiasta sostenitrice di Obama. “Mi può passare la signora, per favore?” chiede il ragazzo. “Certo,” risponde la domestica con un sospiro, “ma guardi che quella vota McCain.”. Un uomo d'affari sui trentacinque anni, in completo elegante con gemelli d'oro ai polsi, è alla sua prima esperienza, mentre un vecchio militante un po' sgangherato gli spiega come condurre la conversazione. In pochi minuti, tutti stanno ad ascoltarlo mentre riesce a convincere un paio di indecisi col trucco del “ero repubblicano, sa, ma McCain mi ha costretto a cambiare idea!” Due professori della locale università passano quasi tutti i pomeriggi al telefono. Vladimir, professore di fisica teorica dalle origini russe, ha un accento fortissimo, tanto da far dubitare dell'utilità delle sue telefonate. Racconta che una volta una signora spaventata all'altro capo del filo gli ha urlato: “Ora sono sicura che Obama odia l'America: i suoi amici lavorano per Putin!”

Tra una telefonata e l'altra, fa il suo ingresso un'elegante signora di mezza età in tayeur, dall'aria esausta. Ha passato le ultime ore alla locale sinagoga, cercando di spiegare alla comunità ebraica le virtù del piano di assistenza sanitaria universale di Obama. Ma la discussione si è presto trasformata in un interrogatorio da parte del rabbino e di tutti i fedeli, preoccupati dalle email e dagli spot televisivi repubblicani, nei quali si insinua che Obama sia in realtà musulmano. La rivelazione suscita un coro di grasse risate, mentre qualcuno commenta scherzoso: “Peggio che musulmano, è socialista!”

La campagna di Obama ha completamente cambiato il modo di fare politica. Quattro anni fa, il leader della Convention Democratica, Howard Dean, aveva proposto di trasferire sulla rete la maggior parte delle attività, ma è solo grazie Obama che l'uso massiccio di Internet è stato dispiegato in tutto il suo potenziale. Lo staff democratico ha creato il sito Votebuilder, che contiene un elenco nazionale degli elettori registrati come indipendenti e funziona come “banca del telefono”. Ogni attivista democratico può connettersi al sito da casa e partecipare alla campagna per convincere gli indecisi, accedendo all'elenco degli elettori registrati come indipendenti negli “swing states” e chiamandoli uno per uno. La sede centrale della campagna gestisce i contatti e assicura la copertura totale dei distretti elettorali più a rischio. I democratici riescono così a raggiungere di persona persino le aree più isolate dell'entroterra, altrimenti del tutto irraggiungibili, e creare un contatto umano con i potenziali elettori. Una tattica diametralmente opposta a quella dei repubblicani che, evidentemente a corto di attivisti, fanno largo uso delle “robo-calls”, messaggi telefonici preregistrati, che negli ultimi giorni sono stati stigmatizzati dalla stampa a causa del loro contenuto diffamatorio.