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Categoria: Esteri
di Jacopo Storni

“Il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan è una mossa strategica programmata dagli Stati Uniti al fine di giustificare la permanenza delle truppe americane sul territorio. I soldati statunitensi sono vittime innocenti della politica del proprio governo”. Malalai Joya - eletta parlamentare in Afghanistan nel 2005 e poi sospesa nel 2007 per aver criticato i signori della guerra - non usa mezzi termini per descrivere il caos che regna nel suo paese. Oggi Malalai, sopravvissuta a quattro attentati, rischia di essere eliminata da un momento all’altro ed è costretta a viaggiare con la scorta. Nonostante questo, non smette di girare il mondo per raccontare le verità nascoste dell’infinita guerra di un paese tormentato da oltre trenta anni. “Forse mi uccideranno domani - afferma con determinazione Joya - ma non riusciranno a spegnere le mie parole”. Tra impetuosa tenerezza e carismatica timidezza, la 29enne afgana parla energicamente e non si ferma mai, fa nomi e cognomi dei criminali, è ansiosa di diffondere il suo messaggio al mondo intero. Spiega che “l’invasione americana ha portato l’Afghanistan dalla padella alla brace e non è credibile che un esercito potente come quello americano e dei suoi alleati non riesca a sconfiggere gruppi di barbari talebani medievali e retrogradi”. “I governi dei paesi che fanno parte della Nato - aggiunge - hanno grosse responsabilità riguardo alla mia sicurezza dal momento che hanno creato e sostenuto un governo che ha consentito la mia espulsione dal Parlamento”.

Inoltre, continua la giovane Joya, “non è più un segreto che uno degli scopi nascosti della guerra del 2001 era che la Cia riacquisisse il controllo delle rotte del traffico e di un’industria, come quella globale degli stupefacenti, che vale 600 miliardi di dollari. L’economia della droga in Afghanistan è un disegno politico della Cia supportato dal ministero degli Esteri statunitense. A quanto mi risulta alcuni reparti dell'esercito americano sono direttamente coinvolti nel traffico della droga attraverso l’Afghanistan e dall’Afghanistan verso i Paesi confinanti”.

Superando gli schemi marci e convenzionali della propaganda mediatica occidentale, Malalai afferma con lucidità che sotto l’occupazione americana, l’Afghanistan è ridiventato il primo esportatore di oppio al mondo, la guerra ha rafforzato signori della guerra, fondamentalisti e criminali e i diritti delle donne - cavallo di battaglia dell’invasione - sono ulteriormente regrediti nell’alone di scompiglio e disordine che sta dilaniando il suo paese.

Secondo i dati riportati da Unifem, l’80% delle donne afgane è colpito da violenza domestica e il tasso dei loro suicidi - 250 nella prima metà del 2007 - non è mai stato così alto. Il 65% delle 50mila vedove vede nel suicidio l’unica via possibile per scappare da una vita di miseria e desolazione. Alcune di loro vendono il proprio figlio per un pugno di dollari. La vita media delle donne è di soli 44 anni, ogni 28 minuti una donna muore di parto, l’80% dei matrimoni sono forzati, le ragazze vengono utilizzate come merce di scambio, il 90% della popolazione femminile è analfabeta, le poche manifestazioni popolari vengono ferocemente represse, i giornalisti e gli attivisti sono barbaramente uccisi.

Il sistema politico è marcio e nel parlamento brulicano i signori della guerra. Alcuni trafficanti di droga sono finiti in galera ma Karzai li ha fatti rilasciare perché amici del governo. Lo stesso fratello di Karzai, anche lui al governo, è un trafficante di droga. “Fatima - racconta Malalai Joya - è una giovane donna afgana che recentemente ha subito la mutilazione delle dita dei piedi da parte del marito; ad un’altra ragazza, invece, il marito ha tagliato naso e orecchie”. Storie raccapriccianti, situazione catastrofica, violenza inarrestabile, miseria ovunque: l’Afghanistan è, insieme agli stati africani di Burkina Faso, Niger, Burundi, Mali e Sierra Leone, il paese più povero del mondo.