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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

MOSCA. Ora ha 82 anni. Si chiama Lana Peters e vive da oltre trenta anni negli Usa, in una casa per anziani abbandonati dalle famiglie. Ma lei è pur sempre un personaggio. Perchè il suo vero nome è Svetlana Alleluieva, figlia di Josif Vissarionovic Stalin. Ora, dopo aver dato alle stampe un libro di ricordi intitolato "Venti lettere a un amico" - una potente requisitoria contro il sistema comunista e best-seller delle vendite negli Stati Uniti - decide di comparire in tv, rompere un lungo silenzio e parlare, con l’aiuto della regista Irina Ghedrovic, al grande pubblico russo: a quanti la ricordano e a quanti non hanno mai conosciuto la sua storia. E il successo è notevole. I telespettatori di tutta la Russia si concentrano sul primo programma nazionale dove si trasmettono le due puntate di “Svetlana”, la figlia di Stalin. Si scoprono particolari inediti della vita privata e l’immagine che viene fuori è quella di una anziana che vive di ricordi mantenendo acceso uno spirito combattivo. Dice: “Si, so che lo chiamavano Stalin e che era mio padre... Ma con lui ho sempre avuto un rapporto difficile, anzi difficilissimo”. Eccola qui ora, nel piccolo schermo, la donna sulla quale molti e molti anni fa si concentrò l’attenzione del mondo. Fu la sensazione della “guerra fredda”. La figlia di Stalin che fugge dall’Unione Sovietica e si fa cittadina degli Usa! “Ora – dice – posso raccontare con calma quello che è avvenuto nella mia vita privata. Ho sempre rifiutato di narrare le mie cose, ma vedo che voi mi chiamate Svetlana e questo mi induce a parlare senza ostacoli"...

"Perchè - prosegue - io sono Svetlana e non la figlia di Stalin... Ecco vedete che io sto parlando e rispondendo in inglese. E questo è un dato che vi deve far pensare. Perchè io sono una cittadina americana a tutti gli effetti. Non voglio parlare in russo anche per il fatto che io ho sempre odiato la Russia sovietica. E vi dico anche che non tornerò mai in Russia. Perché anche al punto di vista etnico io non sono una russa...”.

Ma nel corso dell’intervista Russia, Unione Sovietica e Stalin si fondono più volte. Svetlana riferisce particolari sulla madre Nadiesda Alleluieva che finì suicida. Dice che prima di compiere “quel gesto” inviò due lettere al marito – Stalin – per invitarlo a seguire l’educazione dei figli... Poi il racconto si sposta sugli amori di una Svetlana giovane e ansiosa di avere una sua vita. Ecco il ricordo della sua passione per il regista Aleksei Kapler che aveva venti anni più di lei. Fu lui a dedicarle un articolo quando si trovava come inviato speciale sul fronte di Stalingrado. Ma Stalin non approvò quella “confidenza”. E Kapler pagò duramente. Finì in un lager.

Altro marito – questa volta imposto da Stalin – fu il figlio di Zdanov. Un matrimonio combinato nel chiuso dell’Ufficio politico del partito... Poi il ricordo del fratello Vassilij: “Un ragazzone che aveva una grande paura di Stalin e che quando si trovava a contatto con lui non riusciva a parlare... balbettava”. “Ecco – dice infine Svetlana – la mia vita ora è qui in questa casa di riposo. Sono qui a meditare sulla libertà che mi è arrivata solo con la morte di Stalin. Ho attraversato il mondo, dall’India alla Svizzera, ho avuto vari amori ed ora ecco che racconto a voi di aver avuto un genitore che si chiamava Stalin. Era mio padre. Scomparve il 5 marzo del 1953”.