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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

MOSCA. Continua e si estende la ostpolitik vaticana nei confronti della Russia, mentre si evidenzia sempre più che i due “polmoni” d’Europa - Est ed Ovest - hanno davanti a se l’occasione di ricomporre la secolare frattura fra Occidente e Oriente cristiano. Prima il cardinale Dionigi Tettamanzi, poi l'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe (latore di un messaggio di Ratzinger ad Alessio II) quindi il cardinale francese André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia. Quest'ultimo é personaggio di spicco, esperto negoziatore. Tutte nuove tappe nelle relazioni tra Chiesa ortodossa russa e Chiesa cattolica. Sembra quindi superata la crisi intercorsa a motivo della riorganizzazione delle strutture ecclesiastiche cattoliche in Russia, nei primi mesi del 2002, che segnò il punto più alto delle tensioni che avevano caratterizzato tutti gli anni Novanta e che erano andati a condensarsi attorno a due questioni: la presenza di strutture ecclesiastiche cattoliche nei territori ex sovietici, soprattutto nella Federazione Russa, con la conseguente accusa da parte ortodossa di proselitismo, e la rinascita della Chiesa greco-cattolica ucraina. Se la mancata risoluzione dei problemi collegati a tali questioni fu addotta dal patriarcato di Mosca come motivo per impedire il tanto auspicato incontro tra Alessio II e Giovanni Paolo II. Ora invece l’obiettivo dichiarato della nuova inziativa vaticana – con la possibilità di una futura collaborazione - è quello di “rendere omaggio al martirio della Chiesa ortodossa durante il periodo sovietico e all'azione di questa Chiesa nella società post comunista". Ma la realtà è quella di un nuovo passo di ordine diplomatico perchè il prelato francese avrà contatti con la comunità cattolica, incontrando l'arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico e l'arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi. Ed è chiaro che discuteranno del rapporto generale tra il Patriarcato di Mosca e la sede vaticana puntando ad un compromesso collettivo per superare le asprezze polemiche.

E mentre si dipana questa nuova “offensiva” a Mosca, negli ambienti della diplomazia di Piazza Smolensk ci si chiede se si sia alla vigilia di una “stagione di dialogo” oppure ad una stagione di nuovi tentativi per imporre agli ortodossi la linea che fu di Wojtyla ed ora di Ratzinger. Numerosi intanto i riferimenti a quella storia che coinvolge Mosca e l’Oltretevere. Si ricorda, in particolare, la fase dell’immigrazione russa che, dopo la Rivoluzione del 1917, portò a creare in Francia chiese e cattedrali ortodosse e far sviluppare, di conseguenza, forti correnti di pensiero teologico. Con il crollo dell’Urss molte cose sono cambiate. Con i vescovi ortodossi che sono rappresentati da una sorta di Conferenza episcopale e che partecipano regolarmente al Consiglio delle Chiese cristiane in Francia. Oltre che con il patriarca Alessio II frequenti sono i contatti con Kyrill, metropolita di Smolensk e Kaliningrad e presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca. È in questo quadro che Alessio II ha compiuto numerosi viaggi all'estero e nell'ottobre 2007 è stato invitato dal Consiglio d'Europa a Strasburgo e a Parigi. E’ chiaro, quindi, che vanno a poco a poco riunendosi le tessere del mosaico dell'unità.

Ora il religioso francese alza il tiro. Non si accontenta dei colloqui di rito e degli incontri di ordine diplomatico. Va infatti nelle isole Solovki a visitare quel famoso monastero che, dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917, divenne un “gulag” anche per sacerdoti. Un modo per evidenziare che esiste ancora una cortina di ferro tra la vecchia Unione Sovietica e la nuova Russia. Ma è chiaro che l’obiettivo centrale della visita consiste non tanto nel pregare sui luoghi dei massacri, ma nello sviluppare l’attività di quella “Commissione teologica cattolica-ortodossa” che da qualche tempo ha ripreso la sua attività in un clima diverso, decisamente migliorato rispetto a dieci-quindici anni fa. C’è quindi a Mosca - come tra le mura del Vaticano – una nuova realtà geopolitica e religiosa che porta i credenti e gli uomi di Stato a misurarsi con una Chiesa che non può essere ridotta solo a una cancelleria ecclesiastica. La Chiesa russa, infatti, è una grande potenza che, sebbene uscita da una storia di grandi difficoltà e di continue contraddizioni, presenta una struttura articolata e un radicamento significativo nelle società in cui è presente.

E in questo contesto deve essere sempre chiaro che non esiste solo il patriarcato di Mosca ma anche la Chiesa ortodossa russa, in tutta la sua complessità e articolazione. Così come non esiste solo il Vaticano ma anche la Chiesa cattolica, in tutta la sua varietà. Di qui la rete di contatti, di legami e di rapporti tra la Chiesa russa e realtà diverse del cattolicesimo che portano ad arricchire il panorama delle relazioni tra le due Chiese. C’è poi un altro “elemento” da non sottovalutare nel quadro del giudizio generale sulla Chiesa ortodossa: la Chiesa russa costituisce oggi un’istituzione religiosa ragguardevole per numero di fedeli, per diffusione nel mondo, per importanza nelle relazioni intercristiane e sugli scenari internazionali. In presenza della profonda crisi della Chiesa anglicana, è, quindi, la Chiesa cristiana più rilevante dopo quella cattolica. La Chiesa russa sente oggi di essere chiamata a giocare un ruolo significativo a livello mondiale, consapevole della propria leadership all’interno del mondo ortodosso. E tutto sta a dimostrare che oggi la sfida di un rinnovato rapporto tra il Patriarcato di Mosca e l’Oltretevere è un appuntamento cruciale. Il Cremlino non potrà restare neutrale.