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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

In Russia è tempo di “gasopravod” che vuol dire gasdotto. Se ne parla ovunque, per strada, alla radio, in tv. Putin usa questa parola come intercalare e Medvedev lo segue a ruota. E così il motto del Cremlino sembra proprio essere questo: “Tutto il potere al gas” e ai gasdotti che verranno. Si ripete, con una leggera modifica, quel detto di Lenin - “Il comunismo è il potere dei Soviet più l’elettrificazione di tutto il paese” - che svettava su quella vecchia centrale elettrica del periodo sovietico, situata nel cuore di Mosca, sulle rive della Moscova. Era l’anno 1917 ed ora lo slogan - che annunciava il piano “Goelro” che doveva portare l’energia ovunque - ha fatto il suo tempo ed è stato cancellato. Perchè arriva il gas ed è l’arma vincente non solo in terra russa ma in buona parte della vecchia Europa. E così il tandem Putin-Medvedev (alla guida della grande macchina geoconomica del Gazprom) punta tutte le carte sulla politica dei gasdotti pur se quello che attraversa l’Ucraina ha già dato troppi fastidi al Cremlino. L’idea, ora, è di diversificare la produzione e trovare nuove “strade”. Sono quattro e, nell’ordine, rispondono a questi nomi: North Stream, South Stream, Nabucco e Itg. La portata e la complessità delle strade energetiche in questione é notevole. Siamo alla presenza di un progetto globale, avveniristico, che farà della Russia una potenza economica capace di imporre al mondo la sua vocazione planetaria. Ma quali sono questi gasdotti?

Il primo si chiama North Stream e vede un’attiva collaborazione tra Mosca e Bonn. Forte già di un investimento di 5 miliardi di euro avrà una capacità di trasporto pari a 27,5 milioni di metri cubi l’anno (ma si parla già di un’ulteriore potenza di miliardi di metri cubi) che partiranno dalla Siberia per raggiungere - con una tratta di 1200 chilometri - la Germania. Il gasdotto attraverserà il Mare Baltico partendo dal porto russo di Vyborg per arrivare al terminale tedesco di Greifwald. Il progetto ha anche una natura geopolitica in quanto elimina dal suo percorso l’Ucraina e lascia fuori anche Lettonia, Lituania, Polonia. In pratica è un “tubo” diretto tra Mosca e Bonn che è stato voluto dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, grande amico del Cremlino ed anche “uomo” di Putin. Il consorzio che ruota attorno al progetto è chiamato “Baltico” e vede una partecipazione al 51% della russa Gazprom e al 20% ciascuno delle tedesche Eon Ruhrgas e Wintershall. Ci sono poi l'olandese Gasunie che detiene il 9% mentre all'italiana Saipem (gruppo Eni) è stato assegnato un contratto da 1 miliardo di euro per la posa dei tubi sottomarini. Il North Stream dovrebbe entrare in funzione nel 2011.

Altro programma ciclopico è quello del South Stream. Si tratta di un progetto comune tra Gazprom ed Eni. E’ destinato ad unire - entro il 2013 - la Russia alla Bulgaria, passando per il Mar Nero e poi per i Balcani, con tratte che toccheranno Serbia, Grecia, Ungheria per arrivare in Slovenia e in Austria. L’investimento sarà pari a 10 miliardi di euro e la capacità distributiva toccherà i 30 miliardi di metri cubi l’anno.

Ci sarà poi il gasdotto Nabucco, di 3300 chilometri, che passerà dalla Turchia ai Balcani aggirando quindi la Russia, per portare in Europa il gas dall'Azerbaigian, dal Turkmenistan, dal Kasachstan, dall'Iran e forse anche dall'Iraq. Un carico di 30 miliardi di metri cubi l’anno, ma il piano di sviluppo è ancora in fase di progettazione e la data-obiettivo del 2013 per la sua entrata in funzione, sarà sicuramente ritardata. Il consorzio, al momento attuale, coinvolge (con investimenti che arrivano a 5 milioni di euro) oltre che la Russia anche Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria e Germania. E c’è poi una partecipazione dell’italiana Edison.

Infine nei piani del Cremlino arriva il progetto ITG (Interconnector Turkey Greece Italy): un gasdotto che dovrebbe collegare Azerbaijan, Turchia (impegnata l’azienda Botas), Grecia (con la Depa) e Italia. E alla realizzazione, appunto, partecipa proprio la Edison impegnata ad importare nel nostro paese circa 8 milioni di metri cubi di gas l’anno proveniente in prevalenza dall'Azerbaigian. Lo stato dei lavori è già in fase avanzata e a marzo si dovrebbe fare il punto della situazione con un vertice al quale dovrebbero partecipare Turchia, Azerbaijan, Kasachstan e Turkmenia. Tutti paesi interessati a questo “corridoio” mediorientale che, grazie ad investimenti di 1,5 miliardi di euro, avrebbe una capacità di trasporto pari a 16 miliardi di metri cubi l’anno.

Sin qui, quindi, piani avveniristici ma anche reali. Dai quali risulta che il Cremlino, nonostante l’evidente crisi nei processi decisionali (all’est come all’ovest), non rinuncia alla sua pianificazione energetica. Con il “potere russo” che lancia questa nuova campagna che tende a far dipendere l’Ovest da quella rete di tubi nella quale il Gazprom domina incontrastato. Con buona pace dell’Ucraina dissidente e, per Mosca, sempre poco affidabile.