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Categoria: Esteri
di Stefania Pavone


L’informazione nazionale ha detto che a Gaza è finita la guerra. Ma non è così. L’operazione lampo di Israele dall’inquietante nome “Piombo fuso” allunga la propria ombra sul presente di Gaza: la normalità della città è un logorante stato di assedio. La Striscia, con la complicità del governo egiziano di Hosni Mubarak , prono ai diktat israeliani e americani, continua e tenere sigillato il valico di Rafah e tutta la Striscia risulta completamente chiusa. La normalità dell’embargo al quale il fiero popolo palestinese oppone la propria allegra, ferma e orgogliosa resistenza segna i ritmi di una vita al rovescio che, lenta, scorre per le vie della città. A Gaza non fanno entrare nulla. L’assedio colpisce il settore edilizio, il più corroso dalla guerra. Niente cemento, niente ferro e niente chiodi per raddrizzare i cumuli di macerie. Ma anche: niente benzina, niente corrente. Insomma niente di niente. Ma Gaza resiste anche se si soffoca nel pauroso inferno che la devastazione e l’orrore dell’attacco israeliano ha condotto senza alcuna pietà per la vita e la sopravvivenza dei civili. Il volto della città è mutilato dai palazzi bruciati, dai bambini che muoiono negli ospedali, mutilati, resi invalidi dalle bombe al fosforo, da ferite di armi che i medici non riconoscono perché Israele ha violato la convenzione di Ginevra, usando armi proibite. Anche questo è il genocidio. Le condizioni sanitarie negli ospedali della Striscia sono al limite della resistenza umana. Non esiste nessuna collaborazione tra la medicina israeliana e quella palestinese. Gli edifici ospedalieri sono fatiscenti e l’ascensore donato all’ospedale di Alwa di Jabalya dal fondo della Banca Mondiale giace nel porto di Aschelon, sequestrato dagli israeliani: una coraggiosa delegazione italiana del Forum Palestina, aggirando le maglie dell’embargo, vi ha fatto pervenire in questi giorni una donazione di circa 20.000 euro , frutto di una campagna di sottoscrizione popolare.

Trattati come bestie, macellati come animali, sigillati come topi in gabbia, messi in condizione di non essere neppure ne curati: a Gaza è emergenza sanitaria. Il rischio è l’esplosione di epidemie, dovute alla malsane condizioni di vita che l’embargo e l’assedio israeliano continua ad attuare. E’ dunque finita la guerra? Non che non lo è. I raid israeliani continuano a gettare bombe sui civili, ad uccidere quei contadini che sono necessari all’economia di sussistenza della Striscia. I bombardamenti, in linea con la scelta israeliana di infierire con l’assedio, hanno di mira quei tunnel che consentono il passaggio dei beni di prima necessità. La tregua, cui la stampa nazionale ha dato tanto rilievo, è nei fatti e nella cose, inesistente. Che tregua è quella in cui un esercito, con il dispiegamento di tutta la sua potenza, continua a distruggere un altro popolo, ogni giorno, in una infinita girandola della morte? Intanto, 450 ONG, con il loro rappresentante legale, l’avvocato francese Gilles Devers, hanno presentato una denuncia presso la Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza durante l’operazione “Piombo fuso”.

“Gaza è una zona di non diritto, quello che è stato fatto a quel popolo è imperdonabile, Il nostro scopo è porre fine all’impunità di Israele”, dice l’avvocato. E aggiunge: “Non siamo ancora alla condanna dei responsabili, in questa fase dobbiamo convincere il procuratore della CPI, Luis Moreno O Campo, che esiste una base ragionevole per aprire una inchiesta. Stiamo raccogliendo le prove e le testimonianze, nonostante Israele abbia impedito l’accesso a Gaza a quattro nostri avvocati”.

Ma se la tregua vacilla ogni giorno di più, se l’embargo ai palestinesi si stringe in nodi sempre più feroci, nonostante le vetrine diplomatiche dei vertici del Cairo e le promesse di riappacificazione tra le fazioni politiche di Palestina, nonostante le buone intenzioni e le belle parole della Clinton e di Obama, vuol dire che , dietro l’apparente calma di questo periodo, bolle il vento di una nuova crisi politica.

Le lacerazioni tra Ramallah e Gaza non sono del tutto ricucite nonostante gli appelli ad una imbelle pacificazione. Se oggi si votasse, secondo un recente sondaggio di riconfermerebbe la vittoria di Hanyeh: solo una candidatura di Barghouti potrebbe cambiare le carte in tavola. Mentre la politica israeliana, specchio di una crisi profonda del paese, svolta decisamente a destra, ravvivando i peggiori ricordi del peggiore sionismo. Oggi sembra tutto calmo, ma domani che accadrà?

La riviviscenza del conflitto che infiamma da sempre il Medio Oriente potrebbe esplodere molto presto. Davvero presto.