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Categoria: Esteri
di Stefania Pavone

Che Al Fatah, partito di Abu Mazen, sia alle soglie di una crisi profonda, è testimoniato dai continui rinvii su cui si gioca la partita di un attesissimo congresso. Ma il futuro di una formazione politica che, con la geniale invenzione dell’Olp - creatura politica partorita dalla mente di Arafat - ha fondato le basi del nazionalismo arabo della Palestina, sembra sospeso nell’aria. Troppe le contraddizioni interne, debole l’impianto programmatico e politico e anche piuttosto confuso a dire il vero. Ma il momento della verità, lento ma inesorabile si avvicina. La crisi attuale di Al Fatah sta strangolando il partito al punto che autorevoli commentatori esteri ritengono che esso sia al punto di snodo di una crisi epocale, che minaccia direttamente la sua stessa continuità storica. Un esempio? Da anni, la sesta conferenza generale della formazione politica palestinese è il rovescio di un evento: annunci su annunci, a vent’anni dall’ultima conferenza, promettono date e luoghi che, puntualmente, saltano. Al punto che il fantasma del congresso di Al Fatah è divenuto un gioco di prestigio nei commenti e nei gossip che si annuvolano attorno all’argomento.

Ufficialmente, Al Fatah spiega: i rinvii sono il frutto di una lunga tessitura dei lavori di preparazione. Ma vent’anni sono tanti, troppi; e allora dov’è il vero? Eccolo: le divisioni interne al partito sono così radicali che la lotta politica interna potrebbe affossare Al Fatah come progetto politico. Ancora: la fazione che detiene il potere ha tutto l’interesse a evitare il congresso e delle elezioni interne che potrebbero mutare di segno la geografia politica del partito.

Così la conferenza di Al Fatah si pone come punto di snodo di un complesso gioco di potere che investe il complesso della causa palestinese: la crescita dell’opposizione interna al partito alla vecchia guardia e l’approfondimento delle divisioni interne significano che la posta in gioco è talmente alta da giustificare una comica girandola di rinvii. Chi sta vincendo dentro Al Fatah? Difficile dirlo. Il paradigma del conflitto tra una vecchia e una nuova guardia semplifica le molteplici fratture che percorrono il partito che fu di Arafat.

Infatti, ci sono quelli tornati dall’esilio negli anni’90 che hanno ripreso, in nome della causa di liberazione nazionale, le pratiche di corruzione che contrassegnano spesso l’operato degli uomini dell’Autorità Palestinese. Poi, quelli che hanno il potere legale del partito. Ma è un programma politico comune a mancare. Nella geografia del potere di Al Fatah, le fratture corrono tra quelli che vogliono la continuità delle trattative del processo diplomatico e sedere ai tavoli che contano e coloro che invece prediligono la resistenza civile come metodo di lotta anticoloniale.

Anche la funzione dell’Autorità nazionale palestinese è messa in discussione: alcuni la vogliono mantenere, altri ritengono che sia utile esautorarla. La profonda crisi di Fatah è il riflesso della trasformazione della mappa del potere in Palestina. La sfida con Hamas ha prodotto un sistema di doppia autorità in quelle terre e la critica all’Ap come strumento della diplomazia di pace. La giungla dei poteri ha condotto la Palestina sull’orlo di una guerra civile e cambiato di segno la natura del potere: dal nazionalismo laico di Al Fatah si è passati al nazionalismo religioso di Hamas.

In nome di Allah, Hamas rifiuta il processo di pace e Al Fatah si disperde, di contro, in una pletora di sigle e leaders che non poco ha contribuito alla sconfitta elettorale del 2006. La Palestina è ancora divisa nonostante “Piombo Fuso” e non si vede all’orizzonte quel governo di unità nazionale che, a più voci, è stato annunciato. Anzi, la guerra d’Israele ha rafforzato il significato simbolico di Hamas come forza di resistenza autenticamente palestinese. Parallelamente è cresciuto il disprezzo verso Al Fatah, partito cinico e collaborazionista.

Esacerbato dal fallimento del processo di pace, su cui molti suoi leaders hanno costruito prestigiose carriere politiche, Al Fatah non sa mettere in campo una strategia rinnovata che conduca a dotare i palestinesi di pieni diritti politici. Un cambio della guardia nel Comitato centrale e nella Guardia Rivoluzionaria non scioglierebbe l’enigma del suo confuso programma politico. Intanto a Gaza la guerra continua in sordina e nel silenzio del media e il processo di pare ripartire, ma il futuro di Fatah è avvolto da nubi oscure. Come uscirà dalle secche della propria crisi la prossima direzione politica del partito, è tutto da capire. Avranno i nuovi uomini di Fatah l’autorevolezza di quelli degli anni del leggendario Arafat?