Era considerata come un paese-appendice della vecchia Urss ma balzò
all'attenzione delle diplomazie occidentali nel 1977, quando si parlò
di una sua eventuale annessione a Mosca. Sempre fedele alla politica del Cremlino
e schierata in prima fila (sino al 1991) nell'organizzazione militare di quello
che si chiamava "Patto di Varsavia". Ma, crollata l'Unione Sovietica
e disciolto il "campo socialista", è proprio la Bulgaria a
divenire ora la vera mosca cocchiera della nuova politica di penetrazione americana
all'Est. Arriva, infatti, a Sofia, l'emissario del presidente Bush, Robert Loftis,
con il compito di organizzare - politicamente, diplomaticamente e militarmente
- la dislocazione delle basi militari Usa sul territorio della Bulgaria. Non
solo: ma tra il 27 e 28 aprile è convocato proprio a Sofia un incontro
dei ministri degli Esteri dei Paesi della Nato. Tutti pronti ad affrontare la
preparazione del summit dell'Alleanza a Riga, previsto per novembre prossimo.
Ecco, quindi, che per la prima volta la Bulgaria ospiterà un vertice
d'importanza globale dopo la sua adesione avvenuta nell'aprile del 2004. Le
delegazioni attese nella capitale saranno 39 e quella americana sarà
guidata dal Segretario di Stato Condoleezza Rice. Toccherà, infatti,
a lei firmare con la controparte bulgara un accordo decennale per la dislocazione
sul territorio nazionale di tre basi militari americane. I "dettagli" tecnici sono stati già concordati: prevedono
la presenza in Bulgaria di 2.500 militari statunitensi nel poligono di Novo
Selo e negli aeroporti militari Bezmer e Graf Ignatievo, nella parte meridionale
del Paese. Tutto ok, quindi, da parte di una Bulgaria che diviene così
la vera e propria trincea operativa degli americani in Europa. Comunque, per
tranquillizzare la popolazione locale, il vice premier e ministro degli Esteri,
Ivailo Kalfin, e il ministro della Difesa, Vesselin Bliznakov, hanno rassicurato
che nelle basi non ci saranno armi di distruzione di massa o nucleari.
Dichiarazioni a parte è chiaro che inizia una nuova tappa relativa all'espansione
dell'Alleanza Atlantica ai confini della Russia e si conferma la volontà
di Washington di considerare i Balcani come una loro piattaforma strategica.
Nessun intralcio, quindi. Perché c'è un "voto bulgaro"
- che viene dalle alte sfere di Sofia - in favore di questa politica. Lo spiega
alla stampa lo stesso responsabile della Difesa, Bliznakov, presentando l'accordo
per le basi come un importante passo diplomatico che si concretizza significativamente
con la benedizione della Rice.
La manovra bulgara, ad ogni modo, non è nuova. Già da qualche
tempo i vertici militari locali hanno stabilito un rapporto diretto e privilegiato
con il Pentagono. Si sa che si sono svolte numerosissime riunioni bilaterali
e che i generali statunitensi hanno compiuto ispezioni in loco, con l'obiettivo
di avvicinarsi sempre più al fianco orientale del Paese, verso i Balcani.
Divengono pertanto operative - e cioè al servizio degli americani - quelle
tre basi militari bulgare che nel passato avevano ospitato gli eserciti del
Patto di Varsavia. C'è così un vero cambio della guardia sia a
Sliven - dove si trova il maggior poligono militare dell'Europa centrale - sia
nelle basi aeree
situate nei pressi di Plovdiv.
Si configura, pertanto, una vera e propria Nato dell'Est che - dominata ovviamente
da Washington ed organizzata a partire dal 1999, con il pieno appoggio della
Polonia, della Repubblica Ceca e dell'Ungheria - sta compiendo passi da gigante
verso il fianco orientale del Paese e verso i Balcani. Si è in presenza,
pertanto, di una vera e propria espansione militare che non trova giustificazione
alcuna. Nessuno, infatti, minaccia l'Europa e i paesi dell'ex blocco del Patto
di Varsavia, ai quali era stato promesso un "Piano Marshall", si trovano
a dover ricevere truppe ed armamenti che, tra l'altro, dovranno pagare di tasca
loro
La nuova geostrategia americana prevede, intanto, il completo accerchiamento della Russia, tenendo conto che già Estonia, Lettonia, Lituania, hanno di fatto creato una cortina di ferro nella loro frontiera baltica. E la Slovacchia si è unita a questo disegno completando la costruzione del nuovo "muro atlantico" nel cuore dell'Europa centrale. Ed ecco ora che la Bulgaria - e a ruota la Romania - bloccano la frontiera occidentale del Mar Nero, favorendo il controllo della Nato a partire dalla Georgia sino al delta del Danubio. La gestione dell'intera operazione di "annessione" è seguita da una vera e propria alleanza militare denominata Usa Adriatic Charter che è una filiale di copertura della Nato e che va a nascondersi dietro la sigla di quella Partnership for peace che copre le vere intenzioni atlantiche.
E comunque non è un segreto il fatto che paesi come Croazia, Albania e Macedonia, sono attivamente impegnati insieme agli americani in numerose esercitazioni aeronavali sulle coste adriatiche. Si è così alla presenza di una forza tattica integrata che va a toccare il Mar Nero formando quella Black Sea Force che comprende Romania, Bulgaria, Turchia e Georgia. C'è poi l'Adriatic Charter che permette di collegarsi simultaneamente via terra - attraverso i raccordi Tirana-Skopje-Sofia - all'Adriatico, all'Egeo (via Salonicco) e al Mar Nero. Restano fuori dal disegno strategico (per ora) paesi come la Bosnia-Erzegovina, la Serbia (e il Kosovo) e il Montenegro. Aree che gli Usa ritengono ancora come "inaffidabili", ma sulle quali si sta svolgendo un serio lavoro d'intelligence. Tutto, in questo momento, è diretto dalla base operativa che gli americani hanno istituito nella capitale bulgara. E' qui che si organizzano le future strutture direzionali di una "Nato dei Balcani" che dovrebbe comprendere oltre alla Bulgaria anche Romania, Croazia, Albania e Macedonia.
In pratica sta nascendo una sorta di Pentagono-Cia nel cuore dell'Europa che ha come compito quello di monitorare la regione balcanica e caspico-caucasica. Le strutture direzionali ed operative esistono già e sono sotto controllo diretto degli americani. Come "contropartita" gli Usa garantiranno che entro il 2007 l'Unione Europea offrirà nuove opportunità alla Bulgaria, alla Croazia, e alla Romania. Paesi, questi, che Washington considera - insieme al Caucaso e all'Asia centrale - "d'importanza strategica". E così quella Bulgaria un tempo fedele di Mosca è ora solo un lontano ricordo. Sarà interessante conoscere la reazione del Cremlino dopo il vertice di Sofia e dopo gli annunciati incontri al summit di Riga.