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Categoria: Esteri

di Eugenio Roscini Vitali

Mentre l’Argentina e l’Uruguay riconoscono la Palestina come Stato indipendente, nel vicino Medio Oriente la tensione torna ad essere alta: come riferito dal portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, la scorsa settimana circa 26 razzi Aqsa3 e diversi colpi di mortaio hanno colpito il Negev occidentale. Negli attacchi, rivendicati dai gruppi Ayman Jawda, cellule combattenti delle Brigate dei martiri di al-Aqsa, è stato centrato l’asilo d’infanzia del  kibbutz di Zikim, pochi chilometri a sud della città portuale di Ashkelon, dove è rimasta ferita una ragazzina.

Pronta la reazione dello Stato ebraico: otto sortite aeree contro i tunnel scavati lungo sotto la Philadelphi Route, zona cuscinetto ad ovest di Rafah che divide l’Egitto dalla Striscia di Gaza e su un campo di addestramento delle Brigate Ezzedin al Qassam, situato nei pressi della città Khan Yunis, dove secondo fonti locali sono rimasti feriti due miliziani del braccio armato del movimento di resistenza islamico. Gli F-16 avrebbero poi bombardato un’area ad est di Beit Lahiya, dove i miliziani sarebbero miracolosamente scampati all’attacco, una serra agricola e un caseificio nella cittadina di Asda al-I’lamiya, sempre ad ovest di Khan Yunis, e altri quattro raid sarebbero stati compiuti ad est del quartiere di az-Zaytun, distretto orientale di Gaza, contro il vicino campo profughi di Jebaliya e nell’area di Beit Hanoun, la città palestinese situata a pochi chilometri dal valico di Erez.

A quasi due anni dall’operazione Piombo Fuso, la campagna militare lanciata il 27 dicembre 2008 contro Hamas dalle Forze armate israeliane durante la quale sono morti 13 israeliani e 1417 palestinesi, 926 dei quali civili, nella Striscia di Gaza è tornato l’incubo della guerra. Secondo fonti palestinesi, dalla fine di novembre i bombardamenti avrebbero causato 12 morti e 28 feriti e, in previsione di nuovi attacchi, le autorità ospedaliere avrebbero annunciato lo stato d’allerta. Il 23 dicembre si tornato a sparare anche nella zona agricola a ridosso della linea di confine, la fascia di trecento metri sul lato palestinese interdetta alla popolazione araba: nel corso di uno scontro a fuoco con l’esercito israeliano avvenuto ad est di Beit Lahiya un uomo sarebbe stato ucciso ed altri tre sarebbero rimasti feriti.

L’episodio ha fatto salire ulteriormente la tensione, ma in realtà la tregua entrata in vigore il 18 gennaio 2009 non è mai stata rispettata: nonostante il cessate il fuoco i miliziani del movimento islamico hanno continuato a lanciare i razzi Grad e Qassam contro le aree abitate di Ashkelon, Sderot, Eshkol e Ofakim, mentre i raid aerei israeliani hanno portato a termine violente rappresaglie che, nel solo 2010, hanno causato la morte di almeno 68 persone oltre ai dirigenti dei gruppi radicali e le basi del movimento combattente ma hanno colpito anche la popolazione civile.

Per disinnescare le tensioni delle ultime settimane Hamas sarebbe pronto ad aprire un tavolo di trattative per concordare una tregua reciproca, una proposta già avanzata altre volte ma che non ha poi trovato riscontro nei fatti. Nei giorni scorsi il capo dell’esecutivo, Ismail Haniyeh, ha lanciato un appello pubblico alla comunità internazionale affinché contribuisca a fermare l’escalation militare e dopo le preghiere del venerdì, davanti ad una folla di sostenitori, il leader Mahmoud Al-Zahar ha detto che, ad eccezione di gruppi minori, il movimento di liberazione e le altre fazioni presenti nella Striscia di Gaza si sono già impegnati per un cessate il fuoco, a patto che Israele lo rispetti: «Siamo impegnati nella moderazione, se non ci saranno oppressione e aggressione».

Anche il capo negoziatore dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), Saeb Erekat, ha definito la situazione di Gaza “pericolosa”, soprattutto per le ripercussioni che potrebbe avere un’eventuale operazione militare israeliana nel Territorio controllato Hamas: «Un attacco contro la Striscia complicherebbe la situazione e trascinerebbe la regione nella completa anarchia, nella violenza e nel sangue».

Secondo una fonte militare israeliana della BBC «finché Hamas resterà al potere nella Striscia di Gaza, una nuova guerra nel territorio palestinese è solo questione di tempo». Negli ultimi due anni il movimento di liberazione si sarebbe riarmato ed avrebbe ora a disposizione un consistente numero di missili 9M133 Kornet (nome in codice NATO AT-14 Spriggan), sistema d’arma anticarro di fabbricazione russa con guida laser a fascio, raggio d’azione di 5,5 chilometri e testata a carica cava di tipo HEAT (High Explosive Anti-Tank), con capacità di penetrare una corazza reattiva-esplosiva (ERA) e un’armatura in acciaio di 1200 mm.

Le numerose informative dell’intelligence israeliana e il tank danneggiato il 6 dicembre scorso da un Kornet lanciato dalla Striscia di Gaza, hanno indotto il comando delle forze armate israeliane a dispiegare lungo il confine con il territorio palestinese il 9° Battaglione corazzato della 401^ Brigata, il primo e fino ad ora unico reparto dotato dei carri armati Merkava Mk-4 equipaggiati con il nuovo sistema di difesa antimissilistica Windbreaker.

Il Windbraker non è la classica corazza applicata ormai su tutti i carri armati per proteggerli dalle armi a carica cava e dai missili anticarro, protezioni passive in molti casi efficaci ma che appesantiscono e rallentano i mezzi: è un vero e proprio sistema d’arma dotato di piccoli radar sistemati sui quattro lati che neutralizza la minaccia prima ancora che questa raggiunga il bersaglio; una volta intercettato l’ordigno in arrivo un computer elabora i dati e a un lanciatore apre il fuoco sul missile facendolo esplodere.

Il Windbraker, prodotto e collaudato nel 2005 dalla Rafael di Haifa con l’indicativo ASPRO-A Trophy (Active Protection System for AFVs), è in grado di colpire più missili contemporaneamente e per la sua efficacia è stato utilizzato in Iraq sui blindati statunitensi Striker; ogni kit ha un costo di circa 300.000 dollari ma in futuro potrebbe essere sviluppata una versione Light che l’esercito israeliano potrebbe installare sui veicoli cingolati da combattimento, sui blindati e sui mezzi utilizzati per il trasporto truppe.