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di Michele Paris

Le formazioni politiche ucraine filo-occidentali si sono aggiudicate come previsto il maggior numero di voti nelle elezioni per il rinnovo del parlamento (Verkhovna Rada) andate in scena nella giornata di domenica. La consultazione è servita in larghissima misura a dare un’apparenza di legittimità al regime golpista di Kiev in vista dell’adozione delle “riforme” resesi necessarie dalla rottura con Mosca e dal conseguente abbraccio con Washington e Berlino.

Con il conteggio delle schede valide non ancora ultimato, i partiti che hanno ottenuto più seggi sono il Fronte Popolare del primo ministro, Arseny Yatsenyuk, e il Blocco che porta il nome del presidente, l’oligarca Petro Poroshenko.

Entrambi i partiti navigano attorno al 21 o al 22%, con il Blocco Poroshenko che sembrava essere in testa dopo la diffusione degli exit poll e quello del premier che, secondo le proiezioni, ha invece sopravanzato quest’ultimo, sia pure con un margine esilissimo.

Complessivamente, le formazioni che hanno superato la soglia di sbarramento del 5% sarebbero 6 sulle 29 totali apparse sulle schede elettorali. Al terzo posto si è posizionato il partito Samopomich del sindaco di Lvov, Andrey Sadovy, con circa l’11%. I negoziati per la formazione del nuovo governo sono già iniziati lunedì tra il Fronte Popolare e il Blocco Poroshenko, anche se altri partiti potrebbero entrare a far parte della coalizione, a cominciare dallo stesso Samopomosh visto l’orientamento decisamente filo-occidentale dei suoi leader.

In parlamento entreranno anche il partito Patria (Batkivshchina) della ex premier e oligarca Yulia Tymoshenko, che ha raccolto poco meno del 6%, e con il 7,4% il Partito Radicale guidato da Oleh Lyashko, ex alleato della Tymoshenko e acceso oppositore di qualsiasi riconciliazione con Mosca.

Contrariamente alle aspettative, poi, il Blocco dell’Opposizione, formato da ex membri del Partito delle Regioni del presidente deposto Yanukovich e da altri politici filo-russi, ha fatto segnare un buon risultato sfiorando il 10%.

Il Blocco, il cui leader è l’ex vice-primo ministro e già numero uno della compagnia energetica pubblica Naftogaz, Yuri Boiko, è risultato anzi il primo partito in varie regioni dell’Ucraina sud-orientale, grazie sia all’appoggio dell’oligarca Sergiy Liovochkin sia alla persistente avversione nei confronti di Kiev diffusa tra la popolazione tradizionalmente legata alla Russia.

Altri partiti che chiedono il ristabilimento dei legami privilegiati con Mosca non hanno infine superato lo sbarramento, come il Partito Comunista Ucraino, minacciato di scioglimento dai politici europeisti e sottoposto a intimidazioni e persecuzioni di vario genere nei mesi seguiti al colpo di stato di Febbraio.

I voti espressi per le varie liste presentate da partiti e blocchi elettorali sono serviti a scegliere solo gli occupanti della metà dei 450 seggi complessivi del Parlamento. L’altra metà viene assegnata con il voto diretto per i singoli candidati, appoggiati da un determinato partito o indipendenti.

Grazie a questo secondo aspetto della legge elettorale ucraina si sono già garantiti seggi in Parlamento una manciata di candidati dei partiti di estrema destra, se non apertamente neo-fascisti, Svoboda e Settore Destro, tra cui il leader di quest’ultimo, Dmitry Yarosh, eletto nella regione di Dnepropetrovsk con circa il 30% dei voti.

Oltre che dalla discutibile legittimità del regime installatosi a Kiev con l’aiuto dei governi occidentali, la validità del voto di domenica è messa in dubbio anche dal sostanziale boicottaggio attuato dai “ribelli” filo-russi nell’est del paese, i quali organizzerranno domenica prossima un’elezione a parte nelle aree sotto il loro controllo.

Secondo alcune stime, tra i 3 e i 5 milioni di ucraini nelle regioni vicine alla Russia non si sono recati alle urne, vale a dire tra il 10 e il 20% dell’intero elettorato. Inoltre, in altre regioni sud-orientali l’affluenza è stata decisamente più bassa rispetto a quella generale, fissata dalla Commissione Elettorale al 52,4%. Nella regione di Odessa, ad esempio, secondo i dati ufficiali i votanti non sono arrivati al 40%, mentre in quella di Donetsk hanno superato di poco il 32%.

Come già ancitipato, le consultazione per la formazione del nuovo gabinetto sono iniziate lunedì ancor prima dei dati ufficiali definitivi e i leader del Blocco Poroshenko hanno lasciato intendere che all’interno della coalizione di governo potrebbero entrare tutte le forze che hanno partecipato al golpe contro Yanukovich, incluso il partito Svoboda.

Lo status di primo partito per il Fronte Popolare dovrebbe poi assicurare la conferma dell’attuale premier Yatseniuk alla guida del governo, come auspicato dall’Occidente. Scelto direttamente da Washington per il dopo Yanukovich, il primo ministro dovrebbe continuare a presiedere all’implementazione del programma di “ristrutturazione” dell’economia ucraina dettato dal Fondo Monetario Internazionale.

Le misure previste minacciano in un futuro non troppo distante di far riesplodere le tensioni nel paese dell’Europa orientale, questa volta contro il nuovo regime, così che il voto è stato deciso e viene ora utilizzato dagli oligarchi ucraini che dominano la scena politica anche per cercare di mettere assieme la coalizione più ampia possibile che dia una parvenza democratica al regime.

Parlando al paese poco dopo la chiusura delle urne, il presidente Poroshenko ha ringraziato infatti gli elettori per avere scelto una “maggioranza democratica, riformista e filo-occidentale”. Allo stesso modo, i governi occidentali hanno salutato il voto come una conferma del percorso democratico che avrebbe intrapreso l’Ucraina.

Tra le celebrazioni, si è ovviamente tralasciato di ricordare come questi ultimi mesi siano stati in realtà caratterizzati da una violenta repressione ai danni dei separatisti filo-russi e della popolazione russofona, condotta dalle forze regolari di Kiev e da milizie paramilitari neo-fasciste, così come dalla persecuzione degli oppositori del colpo di stato e dall’avvio di rovinose politiche ultra-liberiste.

Se il nuovo governo ucraino guarderà così ancor più a Occidente, secondo molti sembra esserci all’orizzonte anche un accordo con la Russia per la risoluzione della crisi nelle regioni orientali. Da Mosca, infatti, è già arrivato il riconoscimento del voto di domenica, a conferma della continua disponibilità di Putin, ferme restando alcune condizioni imprescindibili, a superare uno scontro che sta avendo effetti indesiderati su tutte le parti in causa.