di Michele Paris
Subito dopo la strage di Parigi della scorsa settimana, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha prontamente condannato quello che ha definito un “atto barbaro”, affermando che la lotta al terrorismo islamista “non deve conoscere alcun confine”. Domenica, poi, il premier di estrema destra è apparso in prima fila assieme ad altri leader nella marcia contro il fondamentalismo jihadista organizzata nelle strade della capitale francese. A un’analisi più approfondita, tuttavia, il suo impegno apparentemente così fermo contro il terrorismo di matrice islamica sembra essere alquanto discutibile.
L’esercito dello stato ebraico di Israele collabora infatti da mesi nientemeno che con l’organizzazione che vanta il sigillo dell’approvazione ufficiale di al-Qaeda nella lotta condotta dai vari gruppi armati in Siria per il rovesciamento del regime secolare di Bashar al-Assad, ovvero il famigerato Fronte al-Nusra (Jabhat al-Nusra). Quest’ultimo è stato designato come organizzazione terroristica da molti paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna, ed è di fatto affiliato a uno dei gruppi che potrebbero avere diretto l’attentato di Parigi: al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP).
Le accuse rivolte da Damasco a Tel Aviv di appoggiare i ribelli terroristi sono note da tempo, ma le manovre israeliane in questo senso risultano sempre più difficili da nascondere, tanto che un rapporto prodotto addirittura dalle Nazioni Unite ha recentemente confermato gli imbarazzanti rapporti tra Israele e il Fronte al-Nusra.
Le comunicazioni tra le due parti che, a rigor di logica, dovrebbero essere nemiche giurate, sembrano essersi intensificate in seguito all’apertura di un nuovo fronte nella guerra che sta sconvolgendo la Siria, cioè nel sud del paese e in particolare a Quneitra, presso le alture del Golan teoricamente presidiate dagli uomini della Forza di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF).
Proprio un rapporto indirizzato lo scorso dicembre dall’UNDOF al Consiglio di Sicurezza ONU ha confermato quanto era stato in precedenza riscontrato, vale a dire “l’interazione lungo la linea del cessate il fuoco tra le Forze di Occupazione Israeliane e membri armati dell’opposizione siriana”.
La collaborazione si è concretizzata in vari modi, a cominciare dal trasferimento dei guerriglieri anti-Assad feriti in strutture mediche in territorio israeliano. Il governo Netanyahu ha dovuto ammettere questa circostanza, precisando però che la presenza di membri del Fronte al-Nusra tra le persone che hanno ricevuto assistenza è dovuta solo al fatto che Israele non fa differenze quando si tratta di questioni umanitarie.Al di là dell’involontaria ironia di simili dichiarazioni rilasciate dai vertici di un governo che è a tutti gli effetti uno dei più accaniti violatori dei diritti umani nel pianeta, i rapporti vanno ben oltre l’aspetto “umanitario”. Non solo i soldati della forza ONU hanno assistito alla consegna di “pacchi” più che sospetti dall’esercito israeliano ai ribelli, ma Tel Aviv ha ad esempio contribuito attivamente all’insediamento di questi ultimi nell’area delle alture del Golan sotto il controllo di Damasco.
Una sconcertante testimonianza in proposito è stata rilasciata recentemente da un esponente dell’opposizione anti-Assad alla testata on-line Al-Monitor. Nell’intervista dalla Siria, l’uomo ha spiegato come “la battaglia per la presa di Quneitra del 27 settembre [2014] fosse stata preceduta dalla coordinazione e da intense comunicazioni tra Abu Dardaa, uno dei leader del Fronte al-Nusra, e l’esercito di Israele” per “preparare l’attacco” contro le forze del regime di Damasco.
Gli israeliani, ha aggiunto il testimone identificato con lo pseudonimo di Mohammad Qasim, avevano in quell’occasione fornito mappe dettagliate dell’area di confine con la Siria in modo da consentire l’individuazione delle postazioni stragiche delle forze dell’esercito regolare. “Durante la battaglia”, inoltre, “gli israeliani hanno bombardato pesantemente molte postazioni del regime” e “abbattuto un aereo da guerra” che cercava di impedire l’avanzata dei ribelli.
L’impegno del governo Netanyahu sarebbe andato anche oltre, visto che Qasim ha parlato del trasferimento ai ribelli da parte di Israele di equipaggiamenti medici e per favorire le comunicazioni, mentre ha confermato la garanzia dell’assistenza ai feriti nelle strutture ospedaliere oltre il confine meridionale.
Lo sforzo di Israele è stato confermato sempre ad Al-Monitor dal generale siriano Rami al-Hasan, il quale ha spiegato come Tel Aviv intenda “esercitare l’intero controllo sulle alture del Golan” e per questa ragione, oltre ad appoggiare i ribelli tra cui spiccano i seguaci di al-Qaeda, “ha contribuito significativamente all’intimidazione degli ossevatori ONU per spingerli a ritirarsi dalle loro posizioni”.
Un altro anonimo attivista dell’opposizione anti-Assad ha sostenuto che la presa da parte del Fronte al-Nusra della città di Tal al-Hara, non lontano da Quineitra, il 4 ottobre scorso “non sarebbe stata possibile senza l’appoggio di Israele”. Per questa seconda fonte di Al-Monitor, addirittura, “l’esercito israeliano è stato la mente della battaglia in termini di pianificazione e tattica”. Gli strumenti di comunicazione, verosimilmente forniti da Israele, “davano istruzioni precise in lingua araba in merito a ciò che i guerriglieri dovevano fare, istante dopo istante”.
A Tal al-Hara, l’ultimo centro di ricognizione del regime nel sud della Siria era stato bombardato da Israele il 5 settembre, un mese prima della caduta di questa località nelle mani del Fronte al-Nusra, cosa che difficilmente può essere considerata una coincidenza.
L’interesse immediato di Israele nel fornire assistenza a forze che operano per conto di al-Qaeda è legato al desiderio di mettere la comunità internazionale davanti a un altro fatto compiuto riguardo alle alture del Golan, ritardando indefinitamente il ritiro delle forze di Tel Aviv da questo territorio siriano occupato.Per questa ragione, il governo Netanyahu, con il consueto disprezzo per il diritto internazionale, ha fatto di tutto per compromettere il lavoro degli osservatori ONU che hanno l’incarico di garantire il rispetto del cessate il fuoco siglato nel 1974. Secondo quanto riportato lo scorso settembre dalla Associated Press, infatti, la forza UNDOF “è ora per lo più al riparo all’interno del Campo Ziouani… nel territorio delle alture del Golan controllato da Israele”, lasciando la zona siriana, come afferma il rapporto ONU, nelle mani del Fronte al-Nusra.
Per i propri interessi strategici, dunque, il governo guidato dallo stesso Netanyahu che nei giorni scorsi ha tuonato contro l’integralismo islamico non ha avuto scrupoli nel collaborare con l’incarnazione siriana di al-Qaeda. Da un paese che fonda la propria stessa esistenza sulla repressione di un intero popolo e su politiche al limite del genocidio non si può d’altra parte attendere troppe riserve nell’operare a fianco di membri di un’organizzazione terroristica.
Gli stessi governi occidentali, d’altra parte, manipolano da sempre le formazioni jihadiste, come appare clamorosamente evidente proprio in Siria, sostenendole o combattendole a seconda delle necessità strategiche del momento, salvo poi pagarne le conseguenze quando sfuggono al loro controllo.
Il rapporto degli osservatori ONU sulle alture del Golan e le testimonianze citate in precedenza hanno comprensibilmente trovato poco o nessuno spazio nei media ufficiali, ma la vera natura del governo di Israele e dello stesso progetto sionista appare sempre più chiaramente agli occhi di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, rendendo questo paese molto più isolato di quanto non lasci intendere la persistente alleanza che lo lega all’Occidente.