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Categoria: Esteri
di Eliana Pellegrini

Il 27 dicembre in Somalia è stata proclamata la legge marziale dal presidente del governo di transizione Mohamed Ali Gedi, dopo che le forze governative spalleggiate dalle milizie etiopi, hanno annunciato la liberazione di Mogadiscio, fino ad allora ultima roccaforte delle Corti islamiche. Già dall’inizio di dicembre il governo etiope aveva autorizzato le milizie ad azioni di guerra senza preavviso in Somalia, quali misure di autodifesa contro la minaccia costituita dai terroristi delle Corti islamiche, come ha dichiarato il primo ministro etiopico Zenawi.Il governo di transizione ha quasi contestualmente proclamato la legge marziale per poi restare di fatto inattivo a guardare la catastrofe abbattersi sulla popolazione somala. Perché quando in un paese in lotta il governo o le milizie ottengono o ripristinano, in modo più o meno cruento, il controllo, la prima strategia attuata a preservazione dello stesso è la proclamazione della legge marziale, come è successo ad esempio in Thailandia nel 2006, in Iraq nel 2004, in Indonesia nel 2003 e in moltissime altre realtà di lotta e di forte rivolta. La legge marziale deve il suo nome a Marte, dio della guerra, e può essere definita come il regime che si instaura quando avviene la sospensione dell’autorità civile e l’imposizione di quella militare. Fattivamente autorizza i militari per un tempo variabile ad operare in-vece della polizia per la tutela dell’ordine pubblico, in-vece del tribunale e della legislatura per l’amministrazione della giustizia.
Il grado di controllo che viene dichiarato può essere vario, ad esempio la legislatura può essere civile, ma l’amministrazione dei tribunali venire svolta dai militari. Centrale per valutare il grado di applicazione della legge marziale è la sospensione o meno dell’Habeas Corpus, ovvero il diritto di tutela della libertà personale in assenza di una giusta causa che legittimi la detenzione. L’Habeas Corpus è sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo art.9: “Nessun individuo può essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato”.

La legge marziale è dichiarata dall’autorità competente ogni qual volta sia necessario riportare rapidamente l’ordine tra la popolazione a causa di conflitto armato o di gravi disordini interni assimilabili, per le loro conseguenze, ai conflitti esterni. Come strumento per la tutela della sicurezza pubblica, le limitazioni della legge marziale possono coincidere con lo stato di emergenza utilizzato in molti paesi dove il termine legge marziale è abolito in quanto, ad esempio, non previsto dalla Costituzione, come in Italia.

Un esempio è lo stato di emergenza dichiarato nel 2005 a New Orleans dopo il passaggio dell’uragano Katrina. Le immediate conseguenze di tale dichiarazione sono state equiparabili a quelle della legge marziale, hanno portato a un blocco e rallentamento dell’informazione, veicolata solo da “fonti ufficiali” e ad una conseguente e maggiore difficoltà nella gestione dell’emergenza umana, sanitaria e del territorio.

Osservando gli effetti che l’applicazione della legge marziale ha primariamente sui civili dello Stato nella quale viene applicata, si può affermare che di fatto rappresenta il mezzo principe, il tunnel, all’interno del quale vengono veicolati tutti i mezzi per l’instaurasi del regime, legittimato appunto da una serie di norme che sanciscono poteri e diritti.

Nello specifico caso della Somalia, trattasi di un regime militare che non si è instaurato tramite un colpo di Stato, ma grazie al tunnel - legge marziale - decretato dal presidente.
In linea generale (ma ogni Stato ha le sue peculiarità) sotto legge marziale ai militari di fatto viene dato il potere di:
- Limitare la libertà di movimento, adunanza, e uso delle armi.
- Isolare e rastrellare aree in cui si crede che gli abitanti siano in possesso di armi di ospitare fuorilegge.
- Congelare i beni degli accusati di complottare contro il governo, organizzare ribellioni, omicidi e attentati.
- Intercettare, controllare e sequestrare posta e ascoltare comunicazioni se questo può servire a impedire crimini.
- Limitare i trasporti in aree specifiche a tempo determinato.
- Limitare e controllare o sospendere le attività di associazioni, sindacati e organizzazioni legate ad attività criminali.
- Limitare e controllare la libera fruizione dell’informazione.

Questo ultimo fondamentale punto spiega il perché sia legittimata, in situazioni di conflitto, oltre alla detenzione di persone ritenute pericolose, anche la censura militare sull’informazione e su chi ne è addetto.

E’ in questo tunnel, che strangola i diritti e aliena di fatto al sovranità del popolo, che passano non visti, o comunque non puniti (perché fa comodo considerarli legittimati dalla legge marziale), atti criminosi, vergognosi e di pura aggressione quali quello compiuto da due aerei militari USA il 9 gennaio nel sud della Somalia dove sono morti (da fonti legittimate alla divulgazione dalla legge marziale) trenta civili.
C’è da chiedersi, considerata l’efferatezza dell’azione e la sua completa mancanza di motivazione reale, se non si sia trattato di un atto di ritorsione, ricordando ad esempio che nel 1993 18 militari americani sono stati uccisi dopo l’abbattimento di due elicotteri Black Hauk proprio a Mogadiscio.

Ma queste ipotesi lasciano spazio a un’unica realtà: la Somalia, almeno fino a fine marzo, rimarrà sotto legge marziale. Di cosa succede realmente alla popolazione somala non si avranno notizie (da fonti istituzionali) almeno fino a fine marzo. E questo è vergognoso, ancorché pericoloso.