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Categoria: Esteri
di Fabrizio Casari

Norman Bailey, la superspia statunitense destinata a “vigilare su Cuba e Venezuela", dopo nemmeno tre mesi di lavoro, è stato rimosso dal suo incarico. Con discrezione, ma con nettezza, l’ex reliquia di Reagan, veterano agente della Cia, è stato rimandato a casa con un provvedimento firmato da Mike Mc Connell, capo supremo di tutta l’intelligence Usa. Discrezione obbligata, visto che normalmente gli incarichi delicati vengono assegnati o revocati in forma adeguata alla missione. Quelli relativi all’intelligence, poi, sono destinati per principio al massimo della riservatezza, giacché oltre a contenere in sé elementi di sicurezza, sul piano politico indicano, molto più che le dichiarazioni pubbliche, le intenzioni dei governi che quelle nomine le fanno. Bailey era stato scelto da John Dimitri Negroponte, ora vice di Condoleeza Rice e prima zar di tutte le spie a stelle e strisce. Proprio Negroponte, altro residuato bellico del gabinetto Reagan passato armi e bagagli in quella Bush, aveva nominato Bailey “Capo missione dell’Intelligence Usa per Cuba e Venezuela”. Il suo compito era quello di sostenere gli sforzi dell’amministrazione Bush per isolare combattere ed, eventualmente sovvertire, i governi di L’Avana e Caracas. La sua nomina aveva destato non poche proteste dei governi cubani e venezuelani, alle quali si erano sommate le perplessità di diversi esponenti dell’establishment statunitense, che ritenevano la missione un errore politico e Bailey il meno indicato a ricoprirne un ruolo di direzione. Ma del resto, a ben vedere, una certa coerenza tra la missione e il personaggio c’era e in ogni caso Negroponte non aveva fiducia nell’operato del Dipartimento di Stato, ritenuto probabilmente troppo “diplomatico” verso L’Avana e Caracas. Da qui le pressioni per promuovere Otto Reich in Venezuela, da dove venne cacciato dopo il colpo di Stato con il quale pretendeva di rimuovere il Presidente Chavez. Fallito il colpo di Stato, fallita la missione di Reich.

Certo è che nessuna missione diplomatica decente avrebbe potuto avere Norman Baley come elemento di direzione. Bailey infatti, personaggio privo di qualità politiche, era giunto agli onori della cronaca per aver infiltrato, agli ordini di Bush padre, il governo di Panama mentre a Washington preparavano l’invasione dell’isola e svolse il ruolo di consigliere dell’ex Presidente argentino Duhalde quando questi finiva di gettare nell’abisso l’Argentina. Ma soprattutto spacciava una sua stretta amicizia con Lyndon Larouche, il controverso esponente politico statunitense.
A leggere il suo curriculum, Bailey è “economista e consulente”, professore della “Potomac Foundation” di Washington, un think tank di ultras reazionari dove il mandarinato repubblicano è solito pescare consulenti e assessori. Con Reagan fu assistente speciale per gli affari economici internazionali e membro del National Security Council; quindi collaborò con la NSA, (l’agenzia nazionale per lo spionaggio elettronico) e la sua società, la “Norman Bailey Incorporated”, tra i cui clienti figura la "Mobil Oil", ottiene consulenze in quota repubblicana.

Ma per quanto esibisca titoli da economista, Bailey è stato, ed è, soprattutto una spia. Formatosi nell’intelligence militare, da decenni ha svolto missioni in America latina dove, rovesciando la sindrome di re Mida, ha condotto al disastro tutte le cancellerie che hanno avuto l’ardire di seguirne i consigli. Tra tutti appunto Duhalde, l’ex inquilino della Casa Rosada di Buenos Aires, al quale l’economista-spione consigliò di reprimere con la forza le proteste sociali di piazza che chiedevano di rientrare in possesso dei risparmi bancari azzerati dal governo. Duhalde finì male, le ragioni di chi protestava finirono al governo.
Non pago, Bailey continuò a procurare danni nel subcontinente americano, prima con la partecipazione al Plan Colombia (mai definitivamente realizzato) quindi alla dollarizzazione dell’economia dell’Ecuador, costata la sconfitta elettorale al governo che la proponeva e il governo a chi si opponeva.
E anche in patria non è che le sue performances risultassero migliori. Sostenne con vigore il politico di estrema destra Lyndon H. LaRouche, che dispone di una rete spionistica privata la cui “efficienza e grandezza” venne pubblicamente celebrata da Bailey. La controversa organizzazione, a detta di Bailey, “poteva agire con maggiore libertà che le agenzie ufficiali e permette di parlare con primi ministri e presidenti al di fuori dei consueti canali diplomatici”. Una perla.

Tornando in America latina, Bailey ha offerto generosamente consigli di straordinaria profondità analitica, tipo invadere Venezuela ed Ecuador, pensando potesse ripetersi quanto avvenuto a Panama, dove costruì una rete di menzogne a mezzo stampa con la collaborazione del New York Times in seguito alla quale ebbe luogo l’invasione dei marines. L’ultimo suo consiglio a Bush prevedeva l’inutilità delle relazioni con l’Argentina di Kirschner per isolare Chavez, che è invece uno degli scopi che la tappa argentina del viaggio sudamericano di George Bush intende raggiungere.
E’ stato l’ultimo consiglio del suo ultimo incarico.