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di Laura Bruzzaniti

Il 9 maggio prossimo in una piazza de L’Aja (Paesi Bassi) sarà tolto il velo ad un nuovo monumento ai caduti. Un grande acero collegato tramite webcam ad un sito internet, realizzato dell’artista olandese Voebe de Gruyter, sarà posto a memoria di una categoria particolare di caduti in guerra: non i caduti di una guerra in particolare, né i caduti di tutte le guerre, ma le vittime delle armi chimiche, morti in battaglie e guerre diverse, per mano di nemici diversi, nel corso dell’ultimo secolo. Come i 5.000 morti a Ypern il 22 aprile 1915 per il gas di cloro usato dall’esercito tedesco, o i morti in Abissinia per mano italiana, i caduti del Vietnam, o quelli dello Yemen per l’acido cianidrico impiegato dall’Egitto, o i Curdi morti ad Halabja nel 1988 per i gas nervini iracheni. Il monumento sarà collocato proprio di fronte alla sede dell’OPCW (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons), l’Autorità responsabile dell’applicazione della Convenzione europea sulle armi chimiche (Chemical Weapons Convention), firmata a Parigi nel 1993 ed entrata in vigore esattamente dieci anni fa, il 29 aprile del 1997. Tra gli eventi per i dieci anni della Convenzione, anche una conferenza internazionale organizzata da Green Cross Italia che si è svolta a Roma a Palazzo Rospigliosi, per tracciare un bilancio dei dieci anni trascorsi e individuare gli sviluppi futuri. Il bilancio sembra essere positivo, la Convenzione funziona. Già sulla carta si capisce che è stata disegnata per avere effetto.

A differenza del Protocollo di Ginevra del 1925, che si limitava a vietare l'impiego di armi chimiche come mezzo di aggressione, la Convenzione vieta agli stati firmatari non solo l’uso delle armi chimiche ma anche il loro sviluppo, produzione ed immagazzinamento. Non solo. Impone anche agli Stati membri la distruzione degli arsenali chimici esistenti. È l’ OPCW ad accertarsi che gli impegni presi non restino solo sulla carta, effettuando ispezioni nei siti dove ha luogo la distruzione degli arsenali chimici e visite negli impianti industriali segnalati da ogni stato come potenzialmente in grado di produrre armi chimiche.

Già 181 Stati hanno firmato la Convenzione impegnandosi così a non produrre, stoccare o usare armi chimiche. Più di mille le visite effettuate dalla OPCW nelle industrie chimiche di 77 stati e oltre 2.800 le ispezioni per verificare l’effettiva distruzione degli stock e per assicurare la non proliferazione. Quante sostanze chimiche per scopi bellici sono state distrutte nel corso dei dieci anni di vita della Convenzione? “Il calcolo di quanto effettivamente è stato distrutto non è il risultato di una scienza esatta, dipende da come si conta” sottolinea Alexander Kelle della “Queen’s University of Belfast”.

Ma le stime sono interessanti: oltre 16,5 milioni di tonnellate di sostanze chimiche sarebbero state distrutte fino ad ora, circa il 25% del totale dichiarato dagli Stati possessori. La Corea, per esempio, avrebbe distrutto circa l’80% dei propri arsenali chimici, l’India più o meno il 70%, gli Stati Uniti il 40%. Solo il 16% degli arsenali chimici russi e il 22% di quelli albanesi sarebbero stati distrutti. Dimessi 65 stabilimenti per la produzione di armi chimiche in 12 paesi (tra cui Bosnia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) che continuano ad essere controllati periodicamente per verificare che non siano rimessi in attività. (In Italia gli impianti di produzione di iprite e gas asfissianti ad Ozieri, Cesano e Melegnano erano stati dismessi molto prima dell’entrata in vigore della Convenzione, verso la fine degli anni ’70.)

Fino a qui gli obiettivi raggiunti. Quelli ancora da raggiungere hanno a che fare con il completamento della distruzione delle armi chimiche stoccate e con l’universalità della Convenzione. Per quanto riguarda la distruzione, si tratta soprattutto di un problema di costi: distruggere le armi chimiche costa e a pagare sono gli stati possessori. Tutti hanno chiesto più tempo per raggiungere l’obiettivo della distruzione totale delle sostanze immagazzinate, che si sarebbe dovuta completare entro il 2007. Il termine ultimo è stato spostato al 2012. Per quanto riguarda l’applicazione universale della Convenzione, invece, mancano all’appello tredici Stati, tra i quali diversi Paesi del Medio Oriente (Libano, Siria , Egitto). I contatti sono stati avviati, dice l’OPCW, e c’è disponibilità.

Tutto bene, dunque. Tornando al monumento ai caduti delle armi chimiche, l’albero che sarà piantato nella piazza de L’Aja, resta però un dubbio: potrà considerarsi anche in memoria dei morti del novembre 2004 a Fallujah per il fosforo bianco americano? In quell’occasione si discusse se il fosforo bianco fosse o no da considerarsi arma chimica e, come, tale vietata dalla Convenzione. Discordi i pareri, diverse le interpretazione di “ arma chimica”. Per quanto efficace, la Convenzione non può sottrarsi ai limiti propri di ogni trattato internazionale: la sua efficacia è strettamente connessa alla sua interpretazione.