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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

Con l’Air Force One sette paesi in sette giorni. E’ il giro che Bush – tra baci, contestazioni e preoccupazioni - ha compiuto dal 4 all’11 giugno in Europa. Prima tappa quella di Praga, capitale della Repubblica Ceca (con il presidente Vaclav Klaus),; poi un volo nella Germania di Heiligendamm e della Merkel, per il G8. Quindi una rapida incursione a Danzica (con il premier polacco Kaczynski) e poi Roma (con Prodi e Napolitano), in Vaticano (con il papa tedesco Ratzinger), a Tirana (con il presidente Berisha) e, infine, Sofia (con il presidente Parvanov ed il premier Stanishev). Completata la tournee i grandi e Bush tirano le somme. Il presidente americano alla Casa Bianca e Putin al Cremlino dove convoca gli uomini che lo assistono in questa stagione di rapporti tempestosi. Cosa risulta, quindi, da questo panorama europeo? Messi da parte gli scontri ideologici (tradizionali) risulta ancora una volta che il diktat generale viene dagli Usa che continuano a ritenere il vecchio continente come una parte dei loro Stati Uniti. E, precisamente, Stati Uniti d’Europa come vere filiali della casa-madre. Bush parte da Praga per lanciare una frecciata a Putin. Lo accusa di aver «deragliato» dal binario delle riforme democratiche. E approfitta di questa sortita per dire anche che lo scudo spaziale americano è una misura di sicurezza, puramente difensiva, “non contro la Russia, ma contro le vere minacce”. E con questo incipit Busha passa ad Heiligendamm, vicino Rostock, in Germania, dove il 6 giugno parte il summit del G8.

Partecipano i grandi del mondo che hanno già effettuato una prova generale a Potsdam nel castello di Cecilienhof per tracciare le prime linee guida e una lista di priorità. Con loro, nella sede tedesca, si ritrovano anche, per essere consultati, il ministro degli Esteri afghano Rangin Dadfar Spanta e quello pachistano Khurshid Kasuri, chiamati a confrontarsi sulle questioni relative al programma nucleare iraniano e alla situazione in Afghanistan. Ma a Potsdam si parla anche di Kosovo, di clima, di Sudan e Medio Oriente. Praticamente si tratta di un “pacchetto” di questioni che incombono sul clima generale del G8. Tra l’altro la stessa partecipazione del rappresentante di Islamabad è un segno importante, alla luce delle accuse lanciate dal presidente afgano Hamid Karzai all'omologo pachistano Pervez Musharraf di non intervenire contro le basi talebane in Pakistan.

Ecco quindi che il G8 potrebbe servire a sciogliere le tensioni migliorando la cooperazione tra i due paesi, come vuole il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, presidente Ue di turno, cercando soluzioni anche per la sicurezza delle frontiere, il problema dei profughi e lo sviluppo della regione di confine. Tutto questo avviene mentre il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon, in visita a Berlino, dichiara: "Spero che il vertice del G8 sotto la presidenza tedesca sarà un grande successo anche se non è un consesso decisionale. Tuttavia può favorire lo sviluppo di importanti processi di portata mondiale". E in tal senso tutti sottolineano il valore della Conferenza sullo stato di diritto in Afghanistan che si terrà a Roma il 3 luglio, "come un'opportunità' per migliorare l'impegno della comunità internazionale per la riforma del settore della giustizia afgana". A questo proposito il ministro degli Esteri italiano D'Alema si affretta a sostenere che la buona esperienza della missione Unifil in Libano rende "meno irrealistica" la possibilità di una missione internazionale anche per Gaza.

La grande novità del G8 consiste però nello scontro Bush-Putin. Perché il capo del Cremlino spiazza l’americano sulla questione delle difese antimissile. Avanza una soluzione che le diplomazie mondiali non avevano messo nel conto. Dice Putin che invece di permettere che lo scudo americano metta l’Europa all’angolo sarebbe bene utilizzare quei centri-radar che la Russia ha già nel Caucaso, per gettare le basi di una ”leale e paritaria” collaborazione.

In pratica Putin propone un utilizzo “comune” di una base che si trova in Azerbaigijan eliminando così quella soluzione americana che prevedeva l’installazione di missili nella Repubblica Ceca. L’idea è di spostare il centro della questione dal cuore dell’Europa al Caucaso. Questo perché il radar comune potrebbe meglio monitorare l’Iran. E così Putin rilancia una proposta distensiva. Ma è ovvio che – per ora – gli Usa non vogliono assolutamente rinunciare ad essere la potenza egemone del mondo.

Temono troppo la concorrenza (propositiva, in questo caso) della Russia che potrebbe guadagnare punti agli occhi della Cina e dell’India. Il timore degli Usa è che dal G8 esca la rinascita della Russia e che si registri anche un emergere dell’Europa. Di qui – nella attesa di ulteriori passi e risposte – l’attenzione di Bush verso il vecchio continente in toto. Ed ecco il grande capo americano partire per la Polonia. Il 18 giugno atterra all'aeroporto internazionale di Danzica dove è atteso presso la residenza estiva del presidente polacco Lech Kaczynski. La visita dura circa 3 ore. Al centro dei colloqui, la base antimissilistica che Washington vorrebbe installare in Polonia. E qui trova il pieno appoggio della dirigenza polacca. Bush gioca in casa e non teme contestazioni.

C’è poi la tappa romana. Prodi e Napolitano si adoperano per dimostrare che con gli Usa tutto fila liscio. Dimenticano le questioni dell’Iran, dell’Iraq, delle basi americane in Italia… E così Bush spiega che i colloqui con Prodi sono stati "particolarmente interessanti e amichevoli" e si dice “molto felice” per gli esiti del suo viaggio. Una visita che probabilmente presto il premier italiano ricambierà, dato che Bush lo ha ufficialmente invitato alla Casa Bianca: "Vorrei dare il benvenuto al primo ministro italiano a Washington. Lui é un buon amico e noi amiamo questo paese. Le nostre relazioni sono molto forti". Da parte sua, Prodi sottolinea che Italia e Stati Uniti "non hanno temi seri che li dividono". "Italia e Stati Uniti sono amici e alleati - gli fa eco il ministro degli Esteri D'Alema – e il rapporto con gli americani è solidissimo".

Prodi spiega poi che durante l'incontro Bush ha ringraziato l'Italia per la sua presenza militare in Afghanistan, senza chiedere al nostro Paese nessun incremento delle sue forze nella zona. Neanche una parola durante i colloqui sulla base americana di Vincenza, dato che - sottolinea il Professore - la decisione è già stata presa. Prodi sostiene anche che l'amicizia tra Roma e Washington non è minimamente scalfita dai contenziosi giudiziari che coinvolgono le due nazioni (il caso Calipari e l'arresto degli agenti Cia per il caso Abu Omar). E con questo il premier mette la sua coscienza a riposo. La parentesi in Vaticano è poi d’obbligo. Per Bush è importante ricevere la benedizione papale per tutti i crimini che sta commettendo in Iraq, in Afghanistan e in altre parti del mondo… Una buona indulgenza, quindi, e via.

Ed ecco Tirana. E qui Bush sfodera il suo vestito da sceriffo e padrone. Rivela il suo essere un cow-boy e a Berisha dice subito che il Kosovo slavo sarà albanese e che Tirana (che nel frattempo gli dedica una via) entrerà sempre più nella sfera di influenza statunitense.

Pronte e scontate le reazioni di Belgrado e di Mosca. ''La Serbia è amareggiata con la politica americana per la soluzione del problema del Kosovo. Gli Usa non hanno diritto di regalare i territori serbi agli albanesi''. Questa la risposta del premier serbo, Vojislav Kostunica. ''L'America – dice l’esponente di Belgrado - ha diritto di appoggiare alcuni popoli e Paesi, ma non regalandogli qualcosa che non è in loro possesso. L'America deve trovare un altro modo di mostrare le sue preferenze e il suo amore verso gli albanesi invece di regalare loro territori Serbi''. E Belgrado insiste: con i bombardamenti della Serbia gli Usa hanno fatto uno sbaglio come successo altre volte in questo secolo.

Ed ora ''un nuovo sbaglio consiste nell’appoggiare l'indipendenza del Kosovo. Questo rappresenta un’ingiustizia che il popolo serbo non dimenticherà mai. Se l'America ignorerà il diritto internazionale deve sapere che la Serbia considererà ogni forma di indipendenza della sua regione''. Intanto Vladimir Putin ripete la sua posizione contraria a una soluzione che non soddisfi le due parti in causa.

Quindi la Bulgaria, dove Bush arriva per sottolineare nuovamente il suo diktat relativo alla sistemazione dei Balcani. Il Kosovo – dice - deve diventare indipendente e che "il momento per far avanzare il piano Ahtsaari è adesso". Aggiunge che un incentivo potrebbe essere escogitato per la Serbia: "Forse un ingresso nella Nato, forse nell'Unione Europea e, in ogni caso, relazioni migliori con gli Stati Uniti". Promesse di scambio, quindi.

Per quanto riguarda lo “Scudo Spaziale”, che non copre la Bulgaria, Bush cerca di rassicurare: il sistema allo studio è mirato solo contro i missili a lunga gittata, “lanciati da stati canaglia come l'Iran o la Corea del Nord e questi missili sorvolerebbero in ogni caso la Bulgaria”. Bush ripete, comunque, l’esortazione alla Russia a cooperare sullo Scudo perché questo "sarebbe di beneficio" ad entrambi i paesi. Che dire?

Bush rientra nel suo bunker americano. Ha dettato all’Europa i nuovi modelli di comportamento con la solita blanda prosa diplomatica. Ma questa volta, in Europa, ha scoperto una Russia diversa che punta ad una posizione autonoma e non subalterna. Non sarà una passeggiata.