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Categoria: Esteri
di Elena Ferrara

Ora è alla sbarra. Si chiama Charles Taylor. Ha 59 anni. Di professione “massacratore di popoli” (con un master in economia nel Massachusetts negli Stati Uniti) e allo stesso tempo “Presidente della Liberia”. Per cinque anni, dal 1997 al 2002 ha seminato il terrore (50.000 vittime) sia nel suo paese che in Sierra Leone. E' accusato di aver sostenuto i ribelli che per undici anni hanno devastato il paese uccidendo o menomando migliaia di civili. Ora il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, così commenta l’avvio del processo: “E’ una giornata significativa per la comunità internazionale perché rappresenta un contributo nella lotta contro l’impunità non solo nell'Africa occidentale, ma nel mondo intero». Quali, quindi, i motivi che hanno portato questo ex presidente dinanzi ad un Tribunale internazionale? Nell'atto d'accusa la Procura recepisce una stretta connessione tra la guerra civile in Liberia e quella in Sierra Leone, entrambe legate al commercio illegale dei diamanti e di altre materie prime delle quali i due Paesi sono ricchi: commercio che ha garantito ingenti entrate nelle casse dei signori della guerra e dei commercianti internazionali di armi. Taylor, che ha rifiutato di presentarsi in aula all’apertura del processo, è considerato da molti osservatori quello tra i «signori della guerra» saliti al potere forse il più capace e più criminalmente determinato a sfruttare a proprio vantaggio le enormi possibilità di arricchimento che i traffici di materie prime potevano fornire. E’ lui che dopo essersi garantito il controllo di gran parte del territorio liberiano, sostenne la nascita e l'operato nel Paese confinante del “Revolutionary United Front” (Ruf) e che scatenò la guerra civile in Sierra Leone, una delle guerre più cupamente segnate dall’impiego indiscriminato di bambini soldato e dalle torture con le quali la popolazione civile è stata martoriata e terrorizzata per anni.

Primo obiettivo del Ruf fu proprio quello di impossessarsi delle ricche miniere di diamanti sierraleonesi per comprare le armi dallo stesso Taylor e per garantirsi il denaro necessario per continuare la guerra. Delegittimata la politica prevalse in tutta la regione la violenza del potere armato. Poi l'assunzione da parte di Taylor della Presidenza del suo Paese nel 1997 fece ulteriormente degenerare la situazione. Contro Taylor insorsero in armi prima il Lud (Liberiani uniti) e poi il Model (Movimento per la democrazia in Liberia) che conclusero vittoriosamente la loro ribellione nell’estate del 2003, un anno e mezzo dopo la fine della guerra civile nella confinante Sierra Leone.

Taylor fu arrestato nel marzo 2006 in Nigeria, dove viveva in esilio dall’agosto 2003, e consegnato prima al Governo della Liberia e subito dopo tradotto a Freetown, la capitale della Sierra Leone dove ha sede il Tribunale speciale. Si decise poi di trasferire il processo all’Aja. Ed ora i capi di imputazione sono quelli di crimini contro l’umanità, crimini di guerra, assassini, violenze sessuali, crudeltà, sequestri, schiavismo e saccheggio. E questo è solo l’inizio. Il procuratore Steven Rapp definisce quanto avviene ora all’Aja come “il processo del terrore”. Perché Taylor ha massacrato due popoli, il suo e quello della Sierra Leone. E’ lui che ha organizzato le squadre di “bambini soldato”, che ha modernizzato le pratiche del genocidio tribale, ha privatizzato il massacro africano. Il processo dovrebbe durare da un minimo di un anno a un massimo di 18 mesi, e se sarà giudicato colpevole la Gran Bretagna si è detta disponibile a rinchiuderlo nelle sue prigioni.

Ora, comunque, è chiamato a pagare. Ma non per tutto. Perché è stato portato in giudizio solo per metà di suoi crimini, quelli commessi in Sierra Leone, e non per i duecentomila morti del suo paese. Qui, infatti, moltissimi dei suoi delitti sono stati dimenticati. E non solo. C’è tutta una letteratura locale che descrive questo assassino usando toni rosa.

Charles Taylor è quindi anche il prodotto di un’ epoca. Lo chiamano l’americano per il gusto pacchiano dello spettacolo, con i suoi uomini che indossavano parrucche bionde, si vestivano da sposa… Tutti clown del terrore. Molti comunque i suoi amici oltreoceano e primi fra tutti i telepredicatori americani. Numerosi intanto i suoi conti in banca alimentati dal traffico di diamanti.

Attualmente, mentre all’Aja si decide sulla sorte di Taylor, la situazione in Liberia è sempre a rischio. I ribelli del Lurd e del Model controllano il 70% del territorio e giocano al rialzo per i posti del governo di transizione con le truppe di pace (15mila uomini) inviate dall’Onu che tentano di riportare la tranquillità. Ma le ferite lasciate da Taylor sembrano ancora aperte. I rapporti di Amnesty International denunciano uno stato di guerra perenne con continue vessazioni, stupri e esecuzioni sommarie ai danni dei civili. Sono morte più 250mila persone in 14 anni di guerre, e il conto è approssimato per difetto. Domina sempre l’equilibrio del terrore con le divisioni etniche che sono sfruttate per fini politici e, soprattutto, finanziari. I conti in banca di Taylor sono la prova.