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Categoria: Esteri
di Elena Ferrara

Sono 14 milioni i rifugiati e oltre 24 milioni gli sfollati. Sono il “prodotto” delle nostre guerre e segnano la realtà di un mondo che non dà pace alla popolazione civile. I dati sono forniti settimanalmente dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che compie opera di registrazione e documentazione, ma che – ovviamente – non riesce a bloccare il dramma che coinvolge gente inerme, lontana dal grande gioco della guerra e delle lotte politiche e religiose tra etnie. Le statistiche ci dicono che nel 2006 sono stati quasi 10 milioni nel mondo i rifugiati e che il loro numero è aumentato per la prima volta dal 2002, principalmente a causa della situazione in Iraq. C’è, quindi, un incremento del 14% per cento. E sempre in questo conteggio c’è da segnalare che è cresciuto anche il numero di persone che rientrano nelle altre categorie di competenza dell'Unhcr. In particolare, nel corso del 2006 è quasi raddoppiato, passando da 6,6 a 12,9 milioni, il numero di sfollati interni che sono passati dai 21 milioni del 2005 ai quasi 33 milioni del 2006. "Di fronte all'aumento nel numero di persone sradicate dalla persecuzione, dall'intolleranza e dalla violenza a livello globale –dichiara il commissario per i rifugiati, Guterres - dobbiamo affrontare le sfide e le richieste di un mondo che cambia, rimanendo tuttavia fedeli al nostro mandato di difesa dei diritti dei rifugiati e delle altre persone di cui ci occupiamo". Stando al rapporto dell'Unhcr, l'aumento nel numero di rifugiati è dovuto in gran parte, come detto, alla situazione in Iraq, che, alla fine del 2006, aveva costretto oltre 1,5 milioni di iracheni a cercare rifugio in altri paesi, in particolare in Siria e in Giordania.

Intanto, sempre dal 2006 il gruppo più numeroso di rifugiati - sotto competenza dell'Unhcr - continua ad essere quello degli afgani con 2,1 milioni, seguiti dai sudanesi con 686mila, dai somali con 460mila e dai rifugiati dalla Repubblica democratica del Congo e dal Burundi (circa 400mila da ciascun paese). Tuttavia i primi dati per il 2007 mostrano un aumento impressionante del numero di rifugiati iracheni, che sarebbero almeno 2,2 milioni nei soli paesi della regione. Dai dati dell’Agenzia dell’Onu sono esclusi i circa 4,3 milioni di rifugiati palestinesi che si trovano in Giordania, Libano, Siria e nei Territori Palestinesi Occupati che risultano tutti nel conto di un'altra agenzia, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa).

La somma del numero di rifugiati di competenza delle due agenzie dà un totale di oltre 14 milioni. Oltre ai rifugiati l'Unhcr si occupa ormai da parecchi anni di specifici gruppi di sfollati interni, o Idp (Internally Displaced People). E cioè persone che hanno dovuto fuggire dalle proprie case a causa delle minacce alla loro sicurezza, ma che non hanno attraversato alcun confine riconosciuto a livello internazionale. Il Centro di Monitoraggio sullo Sfollamento Interno del Consiglio Norvegese dei Rifugiati stimava in 24,5 milioni gli sfollati interni fuggiti dai conflitti alla fine del 2006.

Per far fronte ai bisogni degli sfollati interni, specifiche funzioni settoriali sono state assegnate a varie agenzie delle Nazioni Unite nel 2006. Nel quadro di questa ripartizione delle responsabilità, l'Unhcr è stata designata responsabile per la protezione con il compito di istituire alloggi d'emergenza e il coordinamento e la gestione dei campi in situazioni di sfollamento interno in vari paesi, tra cui l'Uganda, la Repubblica democratica del Congo, la Liberia e la Somalia. Ma non è tutto. Interviene su questi problemi anche Amnesty International che denuncia il fenomeno degli “invisibili”. E cioè quei minori che si trovano a vivere nei molti luoghi di detenzione per migranti.

Moltissimi sono poi quelli che sono considerati come “rifugiati” e cioè persone che – come sanzionato dalla Convenzione di Ginevra, nel 1951 – “per fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinione politica, si trovano fuori del paese di cui hanno la cittadinanza, e non possono, oppure, a causa di tale timore, non vogliono avvalersi della protezione di tale paese”.

Intanto - mentre il problema dei rifugiati degli sfollati viene posto al centro dell’attenzione di governi e diplomazie in tutto il mondo, il governo italiano dona 3 milioni di euro all’Unhcr per l’assistenza al rimpatrio di rifugiati afgani. Questo finanziamento giunge in un momento in cui le attività dell’Unhcr nel paese, ed in particolare il programma di rimpatrio volontario assistito, sono limitate da una grave mancanza di fondi. Ora l’accordo siglato nei giorni scorsi a Roma prevede l’erogazione di piccole somme di denaro - in media 100 dollari, o poco più di 74 euro, a testa - per il reinserimento.

Più di 1,5 milioni di euro saranno poi destinati all’assistenza di coloro che hanno scelto di tornare in Afghanistan e che necessitano di aiuto per quanto riguarda l’integrazione ed il reinserimento nelle comunità locali: assistenza che consiste nel monitoraggio di coloro che hanno fatto ritorno, in progetti per le donne e per altri gruppi particolarmente vulnerabili, in attività generatrici di reddito per i rifugiati e nella fornitura di strutture igieniche di base e di circa mille alloggi in più rispetto ai 10mila già preventivati.

I fondi rimanenti serviranno a finanziare gli aspetti logistici del ritorno a casa dei rifugiati che sceglieranno il rimpatrio volontario dal Pakistan e dall’Iran nel corso del 2007. Quanto ai dati generali, risulta che dal 2002, anno di inizio delle operazioni di rimpatrio volontario ad oggi, l’Italia ha versato più di 18 milioni per le operazioni dell’Unhcr in Afghanistan. Ora il problema generale consiste nel riunire rifugiati e sfollati in un unico programma che contribuisca a fare di tale questione un fatto globale, rendendo tutta la società responsabile economicamente, politicamente e diplomaticamente. E’ questione non di scontro di civiltà, ma di civiltà.