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Categoria: Esteri
di Daniele John Angrisani

L'attesa è finita. Dopo mesi di speculazioni su cosa avesse deciso di fare Vladimir Putin per mantenere il controllo del potere, sebbene dovesse lasciare la presidenza nel marzo 2008, ora finalmente è diventato tutto molto più chiaro. Che il tempo delle scelte stesse per arrivare era ormai lampante, dati i tanti, troppi segnali, che in queste ultime settimane erano trapelate dal Cremlino. La nomina a premier di un perfetto sconosciuto quale Zubkov è stata il momento iniziale di una strategia che è culminata ieri con l'annuncio, a sorpresa, dell'accettazione da parte del presidente russo Vladimir Putin del posto di capolista di “Russia Unita” per le elezioni della Duma. A questo si aggiunga l'altra notizia, ancora più a sorpresa: Putin ha affermato di ritenere "abbastanza realistico" che egli possa diventare il prossimo premier russo, in caso di vittoria (scontata) di Russia Unita alle elezioni e dell'elezione di un presidente "decente, competente e moderno", un modo come un altro per definire colui che dovrà essere un suo fedele alleato. Si squarcia dunque il velo su quello che è stato definito dai manifesti elettorali di “Russia Unita” il "piano Putin", ovvero la via maestra per la "vittoria della Russia". Una via che, come vediamo porta ancora non solo il nome ma anche il volto dell'attuale presidente russo. La scesa in campo di Vladimir Putin trova concordi tutti gli osservatori: è una decisione che ha pesantemente alterato gli equilibri pre-elettorali, che già prima spiravano secondo il vento del Cremlino. Secondo alcune stime il partito “Russia Unita”, già accreditato di oltre il 45% dei voti prima della giornata odierna, potrebbe puntare ora addirittura al 60-70% e ottenere così, di gran lunga, la maggioranza dei due terzi della Duma, ovvero quella prevista per eventuali modifiche della Costituzione russa. La decisione odierna di Putin significa molto probabilmente, però, anche la prematura scomparsa del partito “Russia Giusta”, che nelle intenzioni iniziali del Cremlino avrebbe dovuto diventare il secondo partito della Russia, superando i comunisti, grazie all'appoggio dell'Amministrazione presidenziale.

Ora che invece “Russia Unita” ha ottenuto l'appoggio totale di Putin, grazie alla sua candidatura da capolista, le possibilità per gli ormai competitori di “Russia Giusta” di ottenere seggi alla Duma si sono ridotte moltissimo, con estremo disappunto del suo leader, lo speaker del Senato Mironov, che puntava proprio sull'immagine di Putin per ottenere consensi popolari. Lo scenario più probabile, a questo punto, diventa quello di una Duma controllata quasi interamente da “Russia Unita” con i comunisti di Zjuganov come unica forza di opposizione presente.

Altra cosa su cui tutti concordano è che, grazie alla sua scesa in campo per le elezioni parlamentari, Putin abbia deciso di porre una vera e propria polizza assicurativa sul suo futuro politico e non solo. Il problema, se si vuole definirlo tale, deriva dal fatto che una volta lasciato il sancta sanctorum del potere russo, ovvero il Cremlino, chiunque gli succeda potrebbe essere tentato dalle spire del potere e, per quanto possa essergli fedele ora, cercare in futuro di tradirlo e di usurparne il ruolo. Ma se il partito di Putin dovesse ottenere il 75% dei seggi alla Duma, come ormai è più che probabile, il prossimo presidente avrebbe molte più difficoltà in un ipotetico scontro con il suo predecessore, in quanto in Parlamento vi sarebbero i numeri per metterlo sotto impeachment e, di conseguenza, tenerlo sotto scacco.

La posizione di Putin come primo ministro gli garantirebbe poi, automaticamente, il ritorno al Cremlino ad "interim", nel caso di qualsiasi impedimento del presidente in carica. E non dimentichiamo inoltre che nessuna norma dell'attuale Costituzione russa, che il presidente Putin ha affermato più volte di voler rispettare, gli vieterebbe di candidarsi per un terzo ed anche per un quarto mandato, una volta concluso, in qualsiasi modo, quello del suo successore.

Per ottenere questo scopo, Vladimir Putin deve però ora sciogliere il più delicato dei punti restanti. Preso atto che la sua scelta sarà sicuramente ratificata in modi più o meno democratici dal popolo russo alle elezioni presidenziali di marzo, sta ora al presidente puntare sul cavallo che maggiormente gli possa garantire affidabilità e certezza di ritorno al Cremlino in tempi brevi. Scartati Ivanov e Medvedev, i due attuali vice primo ministro, conosciuti in particolare per la loro ambizione e determinazione che mal si legano con il ruolo per il prossimo presidente nei piani di Putin, il più probabile candidato alla sua successione diventa dunque l'oscuro primo ministro Viktor Zhubkov, ancora sconosciuto ai più.

Di costui si evidenzia non solo l'amicizia che lo lega a Putin dai tempi dell'amministrazione comunale di San Pietroburgo, ma anche - e soprattutto - il fatto che nel 2012, alla scadenza del suo eventuale mandato al Cremlino, avrebbe 70 anni e quindi non avrebbe più la possibilità, stando all'attuale Costituzione, di ricandidarsi per il Cremlino. Vale a dire che, nei piani di Putin, si tratterebbe di un presidente di passaggio, destinato a tenere calda la poltrona del Cremlino per il ritorno del suo vero padrone.

Ma stanno davvero così le cose? L'insistenza con la quale più volte nel passato Putin ha affermato che il suo successore deve essere un presidente "forte" e che lui non farà nulla per ostacolarlo, lascerebbe presupporre il contrario. Ma, come ha affermato stesso oggi uno dei grandi mandarini del partito “Russia Unita”, la verità è che "avremo un presidente, ma la politica rimarrà la stessa", ovvero quella stabilita da Putin, che rimarrà dunque il deus ex machina onnipotente della politica russa. E c'è addirittura chi, come il presidente filo russo, Ramzan Kadyrov, auspica la presidenza a vita di Vladimir Putin, seguendo l'esempio del Kazakhstan.

Probabilmente è troppo, ma di fronte all'assoluta inconsistenza di qualsiasi reale opposizione al suo potere nonché alle innumerevoli divisioni interne di ciò che rimane dell'opposizione democratica, nulla sembra poter ostacolare il piano dell’attuale inquilino del Cremlino. Come si riuscirà a conciliare la presenza di due centri di potere diversi, il Cremlino del suo successore e il governo dello stesso Vladimir Putin, è tutto da vedere. Una cosa comunque è certa: lungi dall'essere conclusa, l'era Putin per la Russia è appena agli inizi. L'Occidente si metta l'animo in pace, l'Orso russo ha ripreso a muoversi e ci vorrà molto tempo prima che torni nuovamente in letargo.