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Categoria: Esteri
di Eugenio Roscini Vitali

“Non possiamo escludere che venga praticata la tortura”. A dirlo era stato il ministro degli Esteri norvegese durante un’intervista rilasciata il 27 luglio scorso all’agenzia di stampa Norwegian News Agency. Malgrado questo, un report recentemente pubblicato da Amnesty International denuncia il comportamento dell’International Security Assistance Force (ISAF) che starebbe esponendo i detenuti afgani al rischio di torture e maltrattamenti da parte delle autorità di Kabul. Amnesty International si riallaccia a quanto accaduto nel 2002 durante l’Operazione “Enduring Freedom” e alle particolari pratiche di detenzione già attuate in Afghanistan. Il rapporto dell’organizzazione non governativa impegnata nella difesa dei diritti umani spiega che le forze ISAF, in particolare inglesi, canadesi, belgi, olandesi e norvegesi, avrebbero dato in custodia al National Directorate of Security (NDS), l’agenzia d’intelligence afgana, un numero imprecisato di detenuti; questo malgrado ci siano numerose denunce che mettono il luce l’uso frequente di maltrattamenti e torture inflitte ai prigionieri dagli stessi agenti dell’NDS. L’intervento occidentale in Afghanistan è nato in risposta agli attacchi dell’11 settembre 2001. Il 7 ottobre dello stesso anno gli Stati Uniti lanciavano infatti l’Operazione Enduring Freedom; l’invasione era autorizzata dalla Risoluzione ONU 1368 del 12 settembre 2001 che affermava il diritto di ogni Stato e della collettività all’autodifesa. L’operazione era volta ad abbattere il governo talebano accusato di aver aiutato e dato asilo ad Osama Bin Laden, capo del gruppo terroristico internazionale al-Qaeda. Con la Risoluzione 1386 approvata dal Consiglio di Sicurezza il 20 dicembre 2001, l’Onu autorizzava l’International Security Assistance Force, la forza internazionale per il mantenimento della pace a Kabul, che aveva il compito di assistere l’autorità provvisoria afgana nel mantenere la sicurezza nella capitale e nelle aree limitrofe. L’11 agosto 2003 l’ISAF passava sotto il controllo operativo della NATO e il 13 ottobre, con la Risoluzione 1510, le Nazioni Unite estendevano all’ISAF il mandato su tutto il Paese.

Oggi le truppe della coalizione e quello che rimane dell’Operazione “Enduring Freedom” cooperano con le forze afgane, incluse l’esercito nazionale afgano (ANA), le forze dell’ordine (ANP) e le forze di sicurezza (NDS). Nonostante il contributo, il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite obbliga i militari ISAF, laddove viene accertato il rischio di tortura o maltrattamenti, a non consegnare i detenuti alle autorità afgane. In questo caso il trasferimento dei prigionieri deve essere sospeso fino a quando non sia effettivamente salvaguardata l’incolumità dei reclusi. In seguito alle denuncie di sevizie sui prigionieri - che includevano l’uso della frusta e di manganelli di metallo, la privazione del cibo e l’esposizione a temperature estremamente basse - nel settembre scorso le Nazioni Unite avevano disposto un’inchiesta che facesse luce sui sistemi usati dall’NDS.

Amnesty International sottolinea che in alcuni casi le truppe di Canada, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e Norvegia avrebbero consegnato i detenuti agli uomini dell’NDS, denunciato la perdita dei mezzi utilizzati per il trasferimento dei prigionieri a causa degli agguati subiti o segnalato l’impossibilità di monitorare lo stato dei detenuti in custodia alle autorità afgane. Il report esamina inoltre il memorandum di intesa e gli accordi bilaterali sottoscritti dal governo di Kabul e le forze ISAF, dove viene esplicitamente indicato l’obbligo di proteggere qualsiasi individuo dalla minaccia di eventuali pericoli; accordi che si suppone debbano assicurare gli standard internazionali ma che allo stato dei fatti sembrano essere perlomeno inadeguati.

Al termine del rapporto l’organizzazione sovra-nazionale per i diritti umani raccomanda la sospensione del trasferimento dei detenuti alle autorità afgane e il mantenimento degli stessi sotto custodia delle truppe ISAF; chiede ai membri della NATO coinvolti nel Paese asiatico di fare pressioni affinché venga riformato il sistema di detenzione afgano e venga promossa la realizzazione di un gruppo a carattere internazionale per il monitoraggio e l’addestramento del personale destinato alla custodia dei detenzione. Infine, Amnesty International invita Kabul a rivedere le funzioni dell’intelligence, separando le funzione di del settore investigativo da quelle degli organi competenti in materia di detenzione e procedimenti giudiziari.