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Categoria: Esteri
di Cinzia Frassi

"A volte mi chiedo perché siamo lì". Il riferimento è all'Iraq e le parole sono di George W. Bush. Un'affermazione che suona come una beffa, dopo che lo stesso Senato americano ha ufficializzato ciò che era da tempo innegabile, ma per alcuni versi ancora impronunciabile: non c'era alcun rapporto tra Saddam e Al Qaeda e l'intervento in Iraq è stato ed è una guerra voluta per altri motivi, non per combattere il terrorismo. All'Iraq sembra aggiungersi il fronte Iran, con il rilancio in questi giorni della seconda fase della guerra preventiva alla Bush e del mix micidiale che è stato l'intervento in Iraq e che continua ad essere: torture, carceri segrete e soprattutto falsificazioni di prove, nel tentativo di precostituirsi un alibi alla guerra preventiva al terrore. L'Iran è un altro fronte caldo. Forse il prossimo, a giudicare dal costante riproporsi da parte degli Stati Uniti di pressioni sul Consiglio di sicurezza per infliggere sanzioni a Teheran affinché sospenda tout court il suo programma nucleare. Una questione, questa, che ciclicamente riempie le colonne dei giornali nazionali e internazionali e che si concentra sul pericolo "atomico" che l'Iran, con il suo programma nucleare, costituirebbe. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, come recita il proverbio. L'Aiea definisce "oltraggioso e disonesto" il dossier sull'Iran presentato al Congresso Usa dal comitato per i servizi segreti. Il responsabile delle Relazioni Esterne dell'Aiea, Vilmos Cserveny, ha inviato una lettera al Presidente del comitato Peter Hoekstra ed all'ambasciatore americano presso l'Aiea Gregory Schuite. La missiva parla di "informazioni ingannevoli, infondate e distorte per affermare che Teheran starebbe arricchendo uranio per scopi militari", cioè per fabbricarsi l'atomica. Del resto, si sottolinea che l'Iran non avrebbe la capacità tecnica attualmente per arricchire uranio per scopi militari. Pretestuosi quindi gli allarmismi paventati dagli Usa, soprattutto se si considera che paesi non aderenti al TNP che dispongono di ordigni nucleari hanno rapporti bilaterali sereni anche con Washington
Vilmos Cserveney chiarisce anche che l'Iran ha accolto ben 200 ispettori dell'Agenzia, anche mediante ispezioni non programmate, da quando nel 2005 ha sottoscritto il Protocollo Addizionale al Trattato di non proliferazione nucleare.

Si susseguono ultimatum all'Iran - l'ultimo scaduto invano il 31 agosto - affinché sospenda la produzione di uranio arricchito sotto la minaccia di sanzioni economiche o dell'uso della forza, come chiedono gli Usa, che però non convincono due dei paesi con diritto di veto che siedono al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Russia e Cina). Il tutto mentre si prodigano i ministri degli esteri europei per favorire un accordo. Il fronte che segna la linea di confine delle rispettive posizioni coincide con gli interessi economici con Teheran che, secondo molti commentatori, poggiano sul baricentro dell'oro nero.

Con l'apertura della 61ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'ultima per il segretario generale Kofi Annan, il Presidente americano Bush nel suo intervento si rivolge ai cittadini iraniani avvisandoli che i loro soldi vengono utilizzati dal governo iraniano "per finanziare attività terroristiche e per dotarsi di armi nucleari". Da New York il Presidente americano lancia un appello ai paesi lì riuniti perchè appoggino il processo di "democratizzazione in atto in Medio Oriente". Dopo la guerra in Iraq, che oggi scivola tremendamente nella guerra civile, sentir parlare la Casa Bianca di democratizzazione suona assai sinistro.

A proposito dell'Iran, Bush ripete la necessità che Teheran abbandoni ogni ambizione nucleare e lascia bonariamente aperta la porta dei negoziati, caldeggiati tra l'altro dall'Unione Europea. In particolare, dopo il contributo determinante svolto nella vicenda Libano dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Massimo D'Alema, ancora una volta l'Italia sembra rivestire un ruolo importante nella difficile mediazione con Teheran. Nel suo intervento al Palazzo di Vetro, il Presidente del Consiglio Romano Prodi, se da un lato sostiene che "quello con gli Stati Uniti è un rapporto perfetto", dall'altro perora la necessita del multilateralismo come soluzione delle crisi internazionali, basato su negoziati risolutivi ad ogni costo. Prodi chiede in particolare un "grande sforzo" affinché il negoziato con l'Iran vada a buon fine. Per quanto riguarda la politica di Bush a proposito della situazione palestinese, Prodi sottolinea come sia irrinunciabile avere a che fare con Hamas che, se da un lato compie azioni violente per mano dei suoi militanti, dall'altro "costruisce anche ospedali" e aggiunge come sia "difficile non accettare un governo palestinese di unità nazionale". L'Italia propone e si propone, gli Stati Uniti diffidano e ostacolano. Non proprio quindi un "rapporto perfetto".


Nel suo intervento al Palazzo di Vetro il Presidente Ahmadinejad ha replicato alle dichiarazioni di Bush in modo chiaro e secco, sentenziando che gli Stati Uniti vorrebbero negare il "diritto di un paese all'uso pacifico dell'energia nucleare". Il Presidente iraniano ha aggiunto che il programma nucleare "è trasparente, pacifico e si sviluppato sotto l'occhio attento degli ispettori dell'Aiea".
Secondo Teheran, il Consiglio di Sicurezza è una struttura iniqua, con i cinque paesi con diritto di veto che non consentono una partecipazione effettiva di tutti gli altri paesi. Proprio il diritto di veto, in particolare quello esercitato da Usa e Gran Bretagna, avrebbe secondo lui trasformato il l'organo delle Nazioni Unite in "uno strumento di minaccia"

Affermazioni non nuove peraltro e già oggetto di esternazioni in occasione del Vertice dei Paesi Non Allineati svoltosi a Cuba la settimana scorsa. In quell'occasione Ahmadinejad e il Presidente venuezuelano Chavez hanno insieme ribadito "il diritto di ciascun paese a sviluppare la ricerca nucleare a fini pacifici'' e condannato ''la politica imperialistica statunitense''.
Chavez, nel suo intervento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha definito Bush come "il diavolo"
Ma oltre il differendo politico indiscutibile, l'aggressività statunitense contro Venezuela e Iran è forse da cercare nelle chiare parole del Presidente venezuelano, che ha sottolineato, nell'incontro a Caracas, che ''insieme produciamo oltre sette milioni di barili di petrolio al giorno''.
Delinea ancor meglio il fronte dello "scontro di civiltà" quando aggiunge, nella stessa occasione, che se "si sommano le rispettive riserve energetiche, abbiamo le ricchezze petrolifere più grandi del mondo''.