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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

MOSCA. In Russia gli archivi del Kgb del periodo sovietico sono divenuti un colabrodo con i documenti che si offrono in visione a colpi di dollari. A Berlino e a Bonn i dossier della Stasi vengono fotocopiati ed offerti alle diplomazie di tutto il mondo. A Bucarest i dossier della Securitate degli anni di Ceaucescu sono sul mercato, ma sono in molti a ritenerli contraffatti. Merce meno avariata quella che si trova negli archivi della polacca Agencja Bezpieczeństwa Wewnetrznego, dell’ungherese Nemzetbiztonsági Szakszolgálat (erede della tristemente famosa “Avho”), dell’albanese “Shėrbimi Informativ Shtetėror” e della cecoslovacca “Bezpečnostní informační služba”. Ora - quanto a segreti degli anni “sovietici” - è la volta della bulgara “Darzhavna sigurnost”, l’organizzazione della sicurezza di stato che operava negli anni di Jivkov e che apre in questi giorni i suoi archivi. La decisione è stata presa dalla nuova coalizione di governo (Partito socialista, Movimento nazionale Simeone II, centro-destra e Movimento per diritti e libertà, il partito della minoranza turca) e prevede l’apertura degli archivi della Sicurezza e in particolare quelli delle tre sezioni più importanti. E cioè l’“Ufficio 1”, che si occupava dello spionaggio all’estero; l’“Ufficio 2”, che era dedicato al controspionaggio e l’“Ufficio 6”, che era quello della polizia politica che controllava i dissidenti all'interno del paese. Oltre a questi settori dei servizi segreti verranno aperti anche gli archivi dello spionaggio militare. Ma la legge da poco adottata con le relative dispozioni prevede nello stesso tempo una serie di eccezioni.

Rimarranno segreti i dossier su quegli agenti e collaboratori dei servizi che dopo il 16 luglio 1991 (e cioè la data dello scioglimento della Darzhavna sigurnost) erano (o lo sono tutt'ora) dirigenti nel Servizio Informazione Militare presso il ministero della Difesa o il Servizio nazionale di intelligence (lo spionaggio all'estero) presso il Presidente della Repubblica. Ora, comunque, una speciale commissione si metterà al lavoro per provvedere ad una prima opera di controllo. Si procederà, infatti, allo spoglio degli archivi con l’obiettivo di lasciare segreti non soltanto determinati dossier ma anche documenti ritenuti ancora importanti per la sicurezza dello Stato e i rapporti internazionali.

Naturali, in questo contesto le polemiche. A Sofia, in particolare, si nota che ancora oggi, a distanza di ben 17 anni dalla fine della gestione comunista del Paese, la legge protegge non solo alcuni segreti, ma anche vari personaggi che furono esponenti del vecchio sistema politico. E in questo contesto in vari ambienti bulgari si parla di elementi che sono ancora presenti nella vita sociale del paese o che continuano a tirare le fila dietro le quinte. Secondo il settimanale di Sofia “168 ore”, a proporre le limitazioni nell’apertura dei dossier sarebbe stato il Partito socialista (Ps), che è l’erede di quello comunista. Una manovra - si dice - messa in atto per coprire circa 40 ex agenti che ricoprono oggi cariche diplomatiche all'estero e tre personalità di spicco vicine al partito socialista che pure hanno ricoperto altri incarichi diplomatici.

Cadono, comunque, molti dei segreti di una Bulgaria presentata sempre come una nazione “blindata”, fedele di Mosca e ortodossa su tutti i fronti. Ma i pericoli per il Paese sono ora di natura interna. Se la pubblicazione dei dossier andrà avanti - dice Goran Simeonov, capo dell' Associazione degli agenti segreti in congedo - c’è il rischio che la società bulgara attuale si troverà ad essere divisa in due categorie: appartenenti e non alla “Darzhavna sigurnost”. Ma questo - si obietta da parte degli ambienti della nuova Bulgaria - è il giusto rischio da correre. Lo stesso, tra l’altro che è toccato agli altri paesi dell’area del socialismo reale.

C’è però un particolare che getta una certa allarme nel Paese. Ed è che proprio in conseguenza di questa apertura degli archivi si possa avviare una guerra per bande. Non è un caso se nelle settimane scorse è stato trovato morto, per un colpo di pistola in bocca, proprio il capo del reparto “Archivi e dossier segreti” dell'Intelligence per l'estero, Bozhidar Doicev. Per ragioni finora non rese note le autorità di Sofia hanno imposto il silenzio stampa per quasi 48 ore. Poi la procura militare ha comunicato che molto probabilmente si è trattato di suicidio. Ma si sa che quello di Doicev è solo l'ultimo di una serie di assassini di persone “eccellenti” legate al ministero degli Interni degli anni del “socialismo reale”.