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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

Putin questa volta parte all’attacco. Senza ambiguità e sottintesi. Annuncia che i “diritti” del nemico sono sospesi. E dice a Bush: “Non potete continuare a voler dominare il mondo imponendo sempre la vostra visione politica”. Questa sua affermazione segna un momento di svolta, perché evidenzia che è in atto una profonda trasformazione degli equilibri internazionali. Le parole del presidente russo cadono come pietre sulla platea della conferenza sulla sicurezza a Monaco di Baviera, in quella Germania che vide il giovane Putin in veste di super agente dei servizi di sicurezza dell’Urss. Ora è lui che sfodera le nuove armi del Cremlino. Che non sono quelle della contrapposizione ideologica, ma quelle dell’orgoglio nazionale. E così mette nel conto le contraddizioni vecchie e nuove accusando l’amministrazione Bush. "Il diritto internazionale - dice - viene da voi rispettato sempre meno, mentre troppo spesso vengono violati i sistemi legali o addirittura le costituzioni di interi paesi. Gli Stati Uniti – insiste – valicano i confini politici quasi ovunque”. E l’accusa va ancora più a fondo con una domanda che è al tempo stesso una risposta in favore di Mosca: “Chi sarebbe disposto ad accettare tutto questo?" La “denuncia” di Putin non è isolata. Tutto l’apparato del Cremlino si sta infatti muovendo sulla linea del fronte antiamericano. S’impegnano, in primo luogo, i rappresentanti della diplomazia guidati da Aleksandr Kramarenko, un esponente di altissimo rango. E’ lui che annuncia che la Russia, ora, dovrà modificare sua politica estera perché “in seguito al dislocamento delle strutture militari della Nato in prossimità delle nostre frontiere e alla costruzione in Europa orientale di alcuni elementi del cosiddetto scudo antimissile, apporteremo dei cambiamenti tattici e strategici in politica estera”. E saranno passi obbligati ma necessari – dice Mosca - per garantire la sicurezza, in quanto tutti i piani americani sono rivolti contro la Russia. Sale, di conseguenza, il livello dello stato di allerta.

Alla radio moscovita l’esperto militare Aleksandr Pikaev ricorda che nel momento in cui fu sciolto il Patto di Varsavia le potenze occidentali promisero che non vi sarebbe stato un allargamento della Nato. Quando poi, nel 1997, il processo ebbe inizio si disse che nei nuovi territori non vi sarebbero stati mutamenti militari strutturali. Invece accade il contrario. Gli americani tentano ora di spezzare un equilibrio strategico formatosi negli anni. Con lo scudo antimissile vorrebbero neutralizzare il potenziale strategico della Russia.

Pikaev, ricollegandosi alla recente conferenza stampa di Putin, annuncia che la reazione russa sarà “assimetrica, ma altamente efficace”. E nello stesso tempo – questo il monito che viene dal Cremlino - Varsavia e Praga, che hanno accettato di fare da scudo agli americani, “dovranno ricordare che sugli scudi si può sempre abbattere una tempesta di lance e di frecce”…
Le “interpretazioni” della nuova politica militare russa si fanno sempre più specialistiche. A Mosca ci si collega all’annuncio fatto dal capo della difesa antimissilistica americana, a proposito di quel grande radar navale che gli Usa hanno spostato dalle Hawai alle isole Aleutine, nel Mare di Bering, a pochi chilometri dalle coste della Russia. E’ chiaro che gli Usa, con questa mossa, stanno portando avanti il loro disegno di uno scudo antimissile globale. Del resto l’intelligence militare del Cremlino sapeva già che questo radar sarebbe stato portato in Alaska come elemento navale di un sistema che prevede altri elementi aerei e spaziali.

Washington non nega l’esistenza di questo radar, ma sostiene che tale “scudo” dovrebbe proteggere dai missili iraniani e nord coreani, per cui il sistema deve necessariamente trovarsi intorno alla Russia ed infatti si sta provvedendo ad installare un rad nella Repubblica Ceca e rampe di missili da intercettazione in Polonia.
Mosca intanto definisce le nuove azioni del Pentagono come estremamente pericolose e cariche di imprevisti. Quanto alla campagna di disinformazione operata dai media gestiti dalla Cia, il Cremlino sostiene che si tratta di “favole maldestre” alle quali nessuno crede, tanto più che Iran e Corea del Nord non hanno missili balistici e, nella lontana eventualità di un attacco, le loro traiettorie sarebbero ben lontane dagli elementi di difesa antimissilistica americana. Anche i terroristi – dice Mosca - non hanno armi del genere. E nella conferenza stampa Putin ha voluto sottolineare che le argomentazioni americane sono del tutto inconcludenti, ma la Russia adotterà, comunque, misure adeguate.

Su questo teatro, che annuncia l’inizio di una nuova guerra fredda, scende anche il ministro della Difesa Ivanov che annuncia una diversa politica nel campo della sicurezza e della dottrina militare. Fa notare che nel corso del 2007 le Forze armate russe investiranno più di 140 miliardi di rubli (oltre 4 miliardi di euro) nell'acquisto di armamenti, tra i quali 17 missili balistici intercontinentali. Notizia, questa, che ha fatto scalpore anche perché Ivanov l’ha annunciata direttamente alla Duma durante un “question-time”. E, per fornire ulteriori precisazioni, il ministro ha sottolineato che tale cifra consentirà di provvedere all'acquisto di 4 apparati cosmici ad impiego militare ed altrettanti razzi vettore. Tutto permetterà di "equipaggiare con nuovi e più moderni modelli sei squadriglie di aerei ed elicotteri, nonché sette battaglioni di carri e tredici battaglioni motorizzati". Sempre nel corso della sessione della Duma si è appreso che al fine di riarmare tecnicamente l'esercito russo sono stati stanziati a favore della "Gosoboronzakaz" - il servizio federale per gli ordini militari - 300 miliardi di rubli (circa 9 miliardi di euro), 144 dei quali destinati agli acquisti in serie.

Parlando poi degli introiti ricavati dalla Russia dalla vendita di armamenti all'estero, Ivanov ha reso noto che la cifra tocca già i sei miliardi di dollari. Poi, per tranquillizzare i deputati preoccupati dell’ escalation militare, ha voluto precisare che la Russia non vende all'estero "né tutto ciò che capita, tanto meno ciò che ci chiedono di vendere".
Da Ivanov è arrivato l’affondo finale, quando ha affermato che le Forze armate russe devono essere preparate “non per la guerra del passato, bensì per quella del futuro”. “Perché – ha aggiunto - "é indispensabile pensare sia all'oggi che al domani, ma soprattutto a che tipo di esercito dovremmo disporre in futuro, perché se la Russia verrà aggredita, avrà la possibilità di rispondere senza però fare ricorso ad armi nucleari". Il tono duro del ministro è stato subito considerato dal Parlamento come una decisa risposta a quelle affermazioni fatte pochi giorni fa al Congresso degli Stati Uniti, in occasione della discussione del progetto relativo al budget militare per il 2008. In quella sede il Segretario della Difesa americano, Robert Gates, aveva dichiarato che oltre alla guerra al terrorismo gli Stati Uniti debbono tenersi pronti in vista di “possibili conflitti armati con altri paesi, tra i quali la Russia e la Cina”.

Le affermazioni del falco americano hanno allarmato la dirigenza russa. Tanto più che l’attacco viene dal Pentagono e va a toccare direttamente la politica di Putin. "Vladimir Putin - ha detto infatti Gates - cerca in tutti i modi di far riacquisire alla Russia lo status di superpotenza facendo leva sull'orgoglio nazionale, fattore col quale si spiega la sua grande popolarità in patria. Putin si muove per ristabilire l'influenza russa nel Medio Oriente, cercando di riprendere il controllo su risorse ed aziende un tempo appartenenti allo stato russo...”
La linea americana è chiara, come é chiara è quella della Russia. I risvolti geostrategici sono pericolosi e preoccupanti. Tanto più che la Cia si muove liberamente anche all’interno dell’area dell’ex Unione Sovietica, trovando valide quinte colonne nelle regioni baltiche che sono quelle più sensibili sul terreno della opposizione alla Russia.

Ed è qui che si presenta sulla scena uno dei massimi esponenti del mondo reazionario del Baltico: Mart Helme, ex ambasciatore della repubblica dell’Estonia a Mosca. E’ lui che - approfittando della campagna neonazista che si va sviluppando in Estonia contro la Russia e contro quell’Armata Rossa che, nell’ultima guerra mondiale, liberò il Baltico dal nazismo - dichiara: “La Russia attuale non e' altro che un mostro, un mostro che il mondo nella sua storia non aveva ancora visto e che dopo le elezioni presidenziali del 2008 mostrerà il suo vero volto. E allora vedrete tutti che razza di mostro uscirà dai portoni del Cremlino! La sua politica sarà esclusivamente aggressiva, basata sul ricatto nonché sugli assassini a sfondo politico. E non solo in Russia, ma anche in altri paesi! Non passeranno nemmeno due anni che ci accorgeremo di avere a che fare con il più terribile regime terrorista al mondo, di fianco al quale anche i vari Hamas e Al-Qaeda impallidiranno. Cosa fare allora? - chiede polemicamente l’estone Helme - alla Russia, debole di fatto, vanno imposte una nuova corsa agli armamenti fuori della sua portata economica, nonché una guerra ideologica. E come conseguenza la Russia, che si trova sull'orlo del collasso demografico, crollerà e sulle rovine dell'impero si dovrà fare il possibile affinché sorgano una serie di stati a carattere nazionale ed altre formazioni democratiche con diversi orientamenti geopolitici e geoeconomici. Il crollo della Russia libererà il mondo da questo mostro che a suo tempo Ronald Reagan aveva definito come l'impero del male".

E’ chiaro che le parole del leader estone portano tutte la scritta “made in Usa”. Con le parole si cerca di confondere i fatti. Ma è chiaro che si sta aprendo una nuova e preoccupante fase. L’atmosfera è quella di un “confronto” Usa-Russia sempre più segnato da una crescente insofferenza. Armata.