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Categoria: Esteri
di mazzetta

Si parla spesso e a sproposito di legalità, ancora di più quando si invoca quella inesistente che dovrebbe regolare i rapporti internazionali. Nelle democrazie occidentali si parla anche di uomini uguali davanti alla legge, ma la cronaca si impegna poi a dimostrarci che all’alba del ventunesimo secolo non esiste un solo angolo del pianeta nel quale la speranza di giustizia sia la stessa per il comune cittadino ed il potente. Un esempio clamoroso è dato proprio dai casi giudiziari che investono la famiglia reale saudita (circa cinquemila membri), la quale non solo è al di sopra della legge nel proprio paese in virtù del privilegio garantito dalla monarchia assoluta (il parlamento saudita è puramente ornamentale), ma che è palesemente impunibile ed impunita anche quando commette i suoi crimini in trasferta. Grande scandalo aveva suscitato l’emersione dei legami tra la famiglia reale saudita e la famiglia Bush all’indomani del 9/11, ma che i sauditi fossero praticamente intoccabili era chiaro almeno fin dal 1991, anno dello scoppio dello scandalo della BCCI a seguito del quale i numerosi membri della famiglia reale saudita coinvolti, non subirono alcuna conseguenza significativa; non male per quello che alcuni definirono lo scandalo del secolo. Legare però l’impunità dei reali sauditi alla vicinanza con la famiglia Bush sarebbe riduttivo. In realtà i sauditi sono intoccabili perché possiedono ricchezze immani e le usano spregiudicatamente per corrompere e minacciare chiunque e qualunque paese abbia l’ardire di molestare con pretese giudiziarie.un membro della famiglia reale, riuscendo in ogni frangente a trovare il do tu des ( o il non do ut des) necessario e sufficiente a far chiudere qualsiasi inchiesta riguardi la famiglia reale in qualsiasi paese.

Recentemente in Gran Bretagna ha fatto scalpore la decisione del governo di censurare l’iniziativa dell’organismo anti-corruzione che aveva portato alla luce un giro di tangenti molto robuste attorno ad un affare per qualche miliardo di euro, che vedeva BAE (British Aerospace) nel ruolo di fornitore e la l’Arabia Saudita come cliente di una commessa relativa ad aerei militari (incidentalmente nell’inchiesta si è scoperto che altre tangenti in altri affari avevano favorito la BAE, anche a scapito di aziende italiane).

All’indicazione di esponenti della famiglia reale saudita tra i colpevoli è seguita immediata la minaccia da parte saudita, per nulla velata, di rinunciare all’affare. A quel punto il governo ha pubblicamente bloccato l’azione giudiziaria, spiegando all’opinione pubblica che agiva in tal senso per salvare i posti di lavoro garantiti dalla grossa commessa saudita. A seguito della vicenda c’è stato chi, in Gran Bretagna, ha poi chiesto la riforma dell’ufficio antifrode, giudicandolo esageratamente attivo fin oltre i confini all’autolesionismo nazionale.

Se in un caso del genere la violazione della norma viene perdonata all’interno di un rapporto bilaterale di affari che tutto sommato riguarda solamente l’affare in questione, occorre pur dire che la Gran Bretagna, che possiede una legge che vieta la dazione di tangenti, è venuta meno alle proprie leggi spiegando ai propri cittadini che esistono interessi più importanti del rispetto della stessa legge inglese. Sicuramente vero, ma i cittadini inglesi hanno scoperto solo ora che le loro leggi valgono per alcuni e per altri no.

Ancora pochi giorni e anche i cittadini francesi potranno fare la stessa esperienza. La procuratrice francese Hélène Langlois ha infatti chiesto la condanna del principe saudita Nayef Bin Fawaz al-Shaalan per un ingente traffico di cocaina scoperto nel 1999. L’avvocato del principe ha eccepito che si tratti di una persecuzione giudiziaria provocata dagli americani e che la magistratura francese in realtà non possieda alcuna prova del traffico. Su segnalazione degli americani, che avevano ottenuto una confessione da trafficanti colombiani, la polizia francese ha infatti recuperato nel 1999 due tonnellate di cocaina. Droga che era giunta in Francia con il Boeing 727 privato noleggiato dal principe saudita e dal suo seguito e successivamente trasferita a bordo due furgoni a disposizione del principe e recapitata in una casa nella quale è poi è stata sequestrata. Il principe viaggia sotto immunità diplomatica e così il suo bagaglio, pertanto i francesi dovettero attendere fino a che la “copertura”diplomatica non fosse più attiva per sequestrare l’ingente carico.

Sorvolando il fatto che numerosi commentatori hanno indicato in questo traffico una fonte di finanziamento qaedista e che il nome del principe era già emerso come uno dei canali di finanziamento di Mohamed Atta (il presunto capo dei dirottatori del 9/11), resta l’evidenza per la quale il principe, pur ricercato ufficialmente dalla DEA e dalla giustizia francese dal 1999, si sia in realtà mosso in assoluta libertà attraverso l’Europa in questi anni, con frequenti soggiorni in Costa del Sol e sulla Costa Azzurra.

Come sia stato possibile si spiega leggendo un telegramma confidenziale spedito in patria nel 2000 dall’ambasciata francese in Arabia Saudita, nel quale l’ambasciatore a Ryadh rendeva noto che a causa dell’irritazione espressa dal ministro dell’interno Nayef, dal principe Abdullah, dal ministro della difesa Sultan e dal governatore della provincia di Riyadh Salman, per un’accusa che i servizi sauditi giudicavano infondata, il governo saudita avrebbe cancellato la commessa per la fornitura del sistema radar francese SBGDP (un affaruccio da sette miliardi di dollari) e la prevista visita di stato del sovrano saudita in Francia, qualora il governo francese non avesse fornito ampie assicurazioni sull’immunità del principe accusato.

Assicurazioni che sono state evidentemente fornite ed onorate, poiché il principe ha visitato più volte la Francia in questi anni e non certo in incognito; resta solo da vedere come si chiuderà il procedimento a suo carico (il giudizio è previsto per il 9 maggio prossimo), perché l’esecutivo francese non può intervenire direttamente ed apertamente per bloccare i giudici, anche se è facile predire che il principe uscirà pulito dal processo, oltre a precedenti molto simili ci sono almeno sette miliardi di buoni motivi (e di dollari) per attendersi una sua assoluzione.