di Carlo Benedetti

Salta in aria un deposito di armi chimiche nascosto in una regione impervia della Cina sin dalla fine della seconda guerra mondiale. E? subito allarme rosso nella provincia di Chejlunzjan, a circa 300 chilometri dalla città di Charbin, nella parte nord-occidentale. L’emergenza tocca una popolazione di oltre 38 milioni di abitanti perché la nube tossica che si è formata potrebbe estendersi anche alla vicina Russia, lungo i fiumi Amur e Ussuri. La notizia di questa nuova catastrofe ecologica - che la tv di Mosca definisce come una Cernobyl che viene dalla Cina - è stata, in un primo momento, nascosta e poi minimizzata dalle autorità cinesi della regione. Poi sono cominciate a filtrare le prime notizie e le fonti russe stanno ora fornendo alcuni particolari sull’accaduto smentendo la tesi cinese di un’esplosione in un deposito di armi chimiche abbandonato in un’area di confine. Tutto - dicono le agenzie di Mosca - si è verificato nella fabbrica cinese di Zizinkar dove si lavora il fosgene, un gas incolore di odore soffocante, estremamente tossico. E le fonti russe, appunto, mettono in relazione l’attività della azienda con il deposito nascosto sin dai tempi della seconda guerra mondiale proprio per il fatto che il fosgene era adoperato dall’industria militare di quegli anni come aggressivo chimico. La catastrofe è colossale anche per il fatto che dalla fabbrica molti componenti del fosgene si starebbero scaricando nel vicino fiume Sungari (oltre mille chilometri di lunghezza). Tutto questo ha già portato la Russia a dichiarare lo stato di allarme nell’intera regione di confine e il primo ministro Putin ha mobilitato la protezione civile delle zone siberiane. Da parte dei cinesi - sino a questo momento - non c’è nessuna informazione. E da Mosca arriva la decisa protesta del ministro delle Risorse naturali - Jurij Trutev - il quale in proposito, dichiara che i cinesi non fornendo le notizie più elementari sulla natura della catastrofe e sulla quantità di fosgene dispersa stanno violando tutti i rapporti di collaborazione firmati a suo tempo sulle questioni del rispetto dell’ecologia nelle regioni siberiane.

Intanto i media russi che operano nelle zone colpite dalla nube di fosgene forniscono alle popolazioni le prime indicazioni sul come mettersi al riparo. Sul posto si trovano le squadre militari della difesa chimica. Tutto, si dice, è sotto controllo, ma la paura è molta, soprattutto perché le acque del fiume Sungari vanno verso la Russia. E la regione interessata è molto popolata. Qui, inoltre, è ancora vivo il ricordo di un altro allarme ecologico. Perché il 13 novembre 2005 i fiumi Amur e Sungari si riempirono di benzolo (oltre centomila tonnellate) fuoriuscito da un’azienda cinese della città di Charbin. E fu in quella occasione che i russi chiesero a Pechino di avviare un programma di difesa ecologica dal momento che l’intera regione conta circa 62 milioni di abitanti e che le aziende presenti sono oltre 2000.

Per i russi torna così l’incubo Cernobyl pur se nell’incidente cinese ci sarebbero, al momento, solo poche vittime. Ma a livello di opinione pubblica i russi ricordano molti casi analoghi. Come quelli del settembre 1957 nella fabbrica di armi nucleari di Kalsi (negli Urali) dove esplose una cisterna di scorie radioattive: l'emissione fu di circa due milioni di curie e i morti furono cento. Ci fu poi la tristemente nota centrale di Cernobyl dove esplose - il 26 aprile 1986 - il reattore numero quattro. Più di 135.000 persone furono allora evacuate e, secondo varie valutazioni le vittime furono più di centomila con oltre tre milioni di persone contaminate.

Altra tragedia quella del 30 dicembre 1992 quando a causa di una fuoriuscita di vapore da uno dei turbogeneratori, i tecnici furono costretti a chiudere il blocco numero tre della centrale nucleare di Kursk. Non si conobbe mai il numero delle vittime. Poi il 21 maggio 1993 un incendio, preceduto da un'esplosione, si sviluppò nella centrale nucleare di Zaporizhia (Ucraina). Ed ora tocca alla Siberia, polmone verde della Russia, vivere la nuova tragedia ecologica. Ed è un brutto momento per i rapporti tra Mosca e Pechino.

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