di Emanuela Pessina

BERLINO. Sei mesi dopo la decisione di prolungare l’attività delle centrali nucleari, il Governo di Angela Merkel (CDU) ha fatto dietrofront per convertirsi alle eco-energie. Accolta con perplessità da Verdi e Socialdemocratici (SPD), che si vedono privati di uno dei punti fondamentali del loro programma di opposizione, l’inversione di rotta del Governo Merkel è stata apprezzata alla maggior parte dei cittadini tedeschi, che ci leggono i risultati concreti di un dibattito politico costruttivo tra maggioranza e opposizione.

Angela Merkel ha spiegato e proposto ufficialmente la svolta energetica del suo Governo a inizio settimana: entro il 2022 la Germania abbandonerà l’energia atomica per convertirsi alle eco-energie. Le tappe concrete dell’addio alle centrali nucleari, così come le fasi del passaggio alle energie rinnovabili, saranno presentate dal Governo entro luglio attraverso un pacchetto energia di oltre 700 pagine. Al Bundestag, il Parlamento tedesco, e al Bundesrat, il Consiglio federale dei rappresentanti delle regioni federali, spetterà poi il compito di discuterlo e approvarlo.

Oltre ad avanzare un piano complessivo per il risparmio energetico, il pacchetto andrà a regolare quattro settori specifici: l’uso dell’energia nucleare e lo smaltimento dei relativi rifiuti, così come la sicurezza del rifornimento energetico e lo sviluppo delle “energie del futuro”, le energie rinnovabili. Durante il periodo di transizione, in realtà, la Germania potrebbe intraprendere la costruzione di nuove centrali a carbone e a gas per sopperire al fabbisogno energetico della nazione, ma il traguardo finale rimarrà la graduale e totale conversione del Paese all’energia verde. “Un’impresa erculea”, ammette la Cancelliera Angela Merkel, ma che può finalmente congiungere “responsabilità etica” a “successo economico”.

E non possono far altro che approvare, seppur con amarezza, Verdi e Socialdemocratici (SPD), i maggiori partiti dell’opposizione tedesca, che si sentono derubati del proprio cavallo di battaglia. Poco più di sei mesi fa, la Cancelliera ha emanato una legge per il prolungamento del periodo di attività dei reattori tedeschi fino al 2040, favorendo le grosse lobby del nucleare. Numerose le proteste da parte dei cittadini, formalizzate poi dall’opposizione verde-socialdemocratica attraverso un programma rivolto alle energie rinnovabili.

Il Governo Merkel ha preso in considerazione l’abbandono del nucleare solamente dopo qualche settimana dalla catastrofe di Fukushiima, o piuttosto dopo le importanti sconfitte alle regionali di Amburgo e Baden Wuerttemberg, che hanno sancito la vittoria indiscussa dei partiti anti-nucleare. L’opposizione non ha perso occasione per accusare: il cambio di marcia del Governo Merkel non è che la risposta al calo di popolarità registrato alle recenti elezioni, una questione di convenienza.

“È vero, in precedenza mi sono impegnata a favore dell’energia nucleare”, si giustifica Angela Merkel, “ma la catastrofe di Fukushiima ha cambiato le mie prerogative”. Fukushiima ha dimostrato che le attività nucleari hanno dei rischi imprevedibili che neppure i Paesi tecnicamente più avanzati, tra cui il Giappone, possono evitare, sostiene la Cancelliera, che tenta di tirare una linea decisa tra “prima” e “dopo”.

La sua priorità è ora motivare il cambio di direzione senza perdere di credibilità. E la maggior parte dei tedeschi ha mostrato di gradire la trasformazione: i sondaggi di ARD, il primo canale della TV pubblica tedesca, hanno rilevato l’approvazione del 54% dei cittadini.

A quanto pare, i tedeschi hanno apprezzato la capacità di Angela Merkel di cambiare strada in corsa e, soprattutto, di imporre le proprie scelte alle lobby dell’industria, mettendo in gioco la propria credibilità di fronte all’elettorato. I cittadini tedeschi hanno protestato contro il nucleare e si sono rivolti all’opposizione; il Governo ne ha preso atto e ha cambiato rotta. E alla Merkel non resta ora che provare a realizzare concretamente quelle che sono state le idee di ecologisti e sinistra democratica: un successo in questo senso potrebbe restituire a lei e alla coalizione cristiano-liberale la stima perduta negli ultimi mesi.

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