Un topolino, anche abbastanza striminzito. Dopo una trattativa estenuante, la montagna dell’Eurogruppo ha partorito un accordicchio che definire al ribasso sarebbe poco. Il pacchetto di misure vale 500 miliardi, cioè meno della metà di quanto auspicavano Francia e Italia. Come sempre, i ministri europei dell’Economia ostentano soddisfazione in coro, ma la loro è un’intesa finta, poco più di un trucco per passare la palla ai capi di Stato e di Governo. Saranno loro a prendere le decisioni che contano e soprattutto a fare chiarezza sui molti punti lasciati volutamente nell’ombra dall’Eurogruppo.

 

Certo, al Consiglio europeo del 23 aprile la trattativa partirà proprio dal documento dei ministri. E non sarà un bell’inizio. Il testo, infatti, somiglia molto a una genuflessione collettiva nei confronti dell’Olanda, intransigente fino all’ultimo per ragioni sue di politica interna (maggioranza fragile, elezioni fra meno di un anno, estrema destra in agguato e ministro delle Finanze deciso a prendere il posto di Mark Rutte alla guida del partito come del governo).

Ma veniamo ai numeri. Oltre metà dei soldi stanziati arriva dalle uniche due misure su cui nessuno ha mai protestato: 100 miliardi per “Sure”, il nuovo fondo che finanzierà una sorta di cassa integrazione europea, e 200 miliardi destinati dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) alle imprese, soprattutto di medie e piccole dimensioni.

Gli altri 200 miliardi arriveranno invece dal fondo salva-Stati, il famigerato “Meccanismo europeo di stabilità”. Su questo fronte si possono fare due critiche. Primo, i soldi a disposizione dei governi sono pochi, visto che in pancia al Mes ci sono oltre 400 miliardi. Secondo, le “condizionalità” sono state abolite - ossia non è più necessario firmare un patto d’austerità con la Troika per ottenere un prestito - ma solo se il credito viene utilizzato per “le spese sanitarie dirette e indirette legate alla crisi del coronavirus”.  

Di sicuro non è la soluzione migliore, perché i prestiti del Mes finalizzati a spese non sanitarie rimangono subordinati all’impegno su future manovre d’austerità. D’altra parte, questo accordo permetterebbe all’Italia di ottenere fino a 36 miliardi di euro (il tetto è al 2% del Pil) per sostenere il Sistema sanitario nazionale. Attenzione: senza alcun obbligo sulla correzione dei conti. Risulta quindi incomprensibile - per non dire folle - l’ostilità aprioristica del Movimento 5 Stelle e della Lega nei confronti del Mes. Quanti reparti di terapia intensiva potremmo costruire con 36 miliardi di euro? Quanta ricerca potremmo finanziare? Criticare l’Europa per le sue mancanze è sacrosanto, ma sprecare un’opportunità del genere solo per fare propaganda anti-Ue è criminoso.

Capitolo Eurobond. Nel documento firmato dai ministri non vengono mai nominati esplicitamente, ma si legge che “l’Eurogruppo è d’accordo a lavorare a un Recovery Fund per sostenere la ripresa”. Il fondo “sarà temporaneo e commisurato ai costi straordinari della crisi e aiuterà a spalmarli nel tempo attraverso un finanziamento adeguato. Soggetti alla guida dei leader, le discussioni sugli aspetti pratici e legali del fondo, la sua fonte di finanziamento, e strumenti innovativi di finanziamento, coerenti con i Trattati, prepareranno il terreno per una decisione”.

Il passaggio è intenzionalmente oscuro. Cosa sarebbero questi “strumenti innovativi di finanziamento” che aiuteranno a “spalmare nel tempo” i costi della crisi, pur rimanendo “coerenti con i Trattati”? Saranno mica Eurobond (o Coronabond, o European Recovery Bond, o come li si vuole chiamare)? Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, assicura di no, ma poi rivela che “strumenti di finanziamento di debito comune saranno menzionati nella lettera del presidente Centeno”.

Il numero uno del Tesoro italiano, Roberto Gualtieri, sostiene invece che i bond europei arriveranno presto sul tavolo della discussione, mentre il ministro olandese delle Finanze, il giovane e ambizioso Wopke Hoekstra, continua a sbarrare la strada.

La verità è che per capire davvero che ne sarà dell’Europa bisognerà aspettare ancora qualche giorno, fino al prossimo Consiglio europeo. Se in quell’occasione i leader non riusciranno a incrementare di molto il piano anticrisi, nei prossimi mesi la recessione rischia di trasformarsi in depressione. E lo sanno tutti. Anche gli olandesi.

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