Il presidente americano Trump ha annunciato questa settimana due nuovi provvedimenti radicali nella guerra all’immigrazione che confermano come la Casa Bianca stia puntando su una strategia elettorale ultra-reazionaria a pochi giorni dal voto di “metà mandato” per il rinnovo del Congresso di Washington. La deriva anti-democratica dell’amministrazione repubblicana è tanto più marcata quanto le misure in preparazione appaiono entrambe di dubbia costituzionalità.

La nuova sconfortante prestazione elettorale del centro-destra tedesco nel fine settimana sembra avere convinto la cancelliera, Angela Merklel, a fare in maniera ufficiale il primo passo verso il clamoroso ritiro da una scena politica che ha dominato fin dal 2005. Il voto nel “Land” occidentale dell’Assia aveva segnato nella giornata di domenica l’ennesima emorragia di voti per i partiti al governo a Berlino, inclusi i Cristiano Democratici (CDU), accelerando la crisi della “Grande Coalizione” e della posizione politica della stessa Merkel.

 

Lunedì, dopo un vertice del suo partito, la cancelliera ha confermato quanto appariva probabile già dopo la diffusione dei risultati del voto in Assia, cioè che lascerà la leadership della CDU e non si ricandiderà per questo incarico nel congresso del partito previsto per il mese di dicembre. La Merkel è comunque intenzionata a rimanere alla guida del governo federale fino alle prossime elezioni del 2021, anche se le acque sempre più agitate nella “grosse Koalition” rendono tutt’altro che scontato il suo proposito.

Non è semplice fornire spiegazioni esaurienti alle inquietudini di chi sente raggelarsi il sangue di fronte alla vittoria elettorale di Bolsonaro in Brasile. Nato 63 anni fa a Glicerio, nello stato brasiliano di San Paolo, Bolsonaro è figlio di genitori di origine italiana; giunto al terzo matrimonio, è padre di cinque figli. Siede come deputato al parlamento brasiliano sin dal 1991, dove ha cambiato nove partiti, tutte piccole formazioni fuori dalle grandi alleanze di potere che hanno governato il Paese. Su questa base si è costruito un personaggio di politico lontano dalle élite corrotte, ma è quanto di più assurdo.

 

Perché Bolsonaro non ha nessuna autonomia di pensiero e azione; è il presidente delle forze armate e delle elites finanziarie brasiliane che hanno puntato su di lui e a queste forze ora dovrà obbedire. Ex capitano dell'esercito (con pessimi risultati), reazionario sansepolcrista, misogino e ignorante, la sua immagine si sposa bene con quella della destra trionfante nel mondo, uniformandosi anche per stile e standing al profilo del capostipite, di colui il quale ha aperto il varco da dove è uscito il caravanserraglio: Donald Trump.

A giudicare dalle prime parole pronunciate dal primo ministro giapponese, Shinzo Abe, dopo il suo arrivo in Cina nella giornata di giovedì, le gravi tensioni tra Tokyo e Pechino che hanno caratterizzato buona parte degli ultimi sei anni sono sembrate poco più che un lontano ricordo. Se i due giganti asiatici continuano ad avere profonde divergenze strategiche, le relazioni bilaterali sono in effetti in netto miglioramento, soprattutto come riflesso delle politiche ultra-nazionaliste e protezioniste dell’amministrazione Trump che stanno colpendo entrambi.

 

In un evento dedicato ai festeggiamenti per il 40esimo anniversario del trattato di amicizia tra i due paesi, il premier nipponico ha espresso il desiderio di portare la cooperazione con la Cina in “una nuova dimensione” e in “una nuova era”. Abe ha anche ricordato come Tokyo e Pechino abbiano oggi “un ruolo essenziale nella crescita economica non solo dell’Asia, ma di tutto il mondo”.

Monsignor Silvio Baez, vescovo ausiliare di Managua, di cuore somozista, avvezzo più a leggere Twitter che il Vangelo, è caduto nel suo ego. Non aveva idea di essere registrato e, intervenendo ad una riunione, nell’ansia di pavoneggiarsi come guida politica del golpismo, è inciampato nella sua stessa lingua, smascherando trama, protagonisti ed obiettivi del tentato colpo di stato e delle mosse future del golpismo.

 

Dalla registrazione si ascoltano frasi inequivocabili circa la responsabilità sua e di quasi tutta la Conferenza Episcopale Nicaraguense nel tentato colpo di stato che per mesi ha insanguinato il Nicaragua. Oltre a dichiarare il desiderio di mettere il Presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, e la vicepresidente, Rosario Murillo, al plotone di esecuzione, ha esortato l’opposizione ad integrare le sue fila con chiunque - “abortisti, omosessuali, drogati, narcotrafficanti e chiunque sia disponibile” - ha specificato.


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