Tra le primarie tenute martedì negli USA, in vista delle elezioni per il Congresso di novembre, ha fatto notizia la clamorosa sconfitta di uno dei più potenti deputati del Partito Democratico, superato in maniera netta da una giovanissima candidata di origine portoricana appartenente a un movimento autodefinitosi “socialista”.

 

La 28enne Alexandria Ocasio-Cortez ha ricevuto più del 57% dei voti nelle elezioni primarie democratiche del 14esimo distretto dello stato di New York, un’area con una forte minoranza ispanica e che include i “boroughs” di Queens e Bronx della principale città degli Stati Uniti.

 

Se l’etnia di appartenenza e il programma della neo-candidata a un seggio del Congresso di Washington sembravano del tutto appropriati per l’elettorato del distretto, il peso del suo sfidante, il 56enne Joe Crowley, indicava piuttosto un nuovo facile successo di quest’ultimo. Dopo le elezioni del 2004, Crowley aveva in pratica corso come candidato unico nelle primarie democratiche. In questa occasione, come in passato, godeva poi del supporto di tutto l’apparato del partito e la sua campagna aveva a disposizione fondi pari a 1,5 milioni di dollari, contro i poco più di 300 mila raccolti dalla Ocasio-Cortez.

Le divisioni interne all’amministrazione Trump e l’ondata di repulsione suscitata dalla detenzione di minori separati dai loro genitori, entrati “clandestinamente” negli USA, stanno provocando una confusione totale nell’implementazione delle politiche migratorie da parte della Casa Bianca.

 

Il caos è alla base di decisioni e prese di posizione contraddittorie, le quali a loro volta si intrecciano ai calcoli e alle manovre della classe politica americana in previsione delle elezioni di “metà mandato” in programma nel mese di novembre.

 

I risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari di domenica in Turchia hanno premiato ancora una volta il presidente Erdogan e la sua scommessa politica, sia pure disegnando un quadro generale complesso e, almeno in previsione futura, non troppo incoraggiante per il partito di governo (AKP). Tra accuse di brogli e incidenti vari segnalati in alcuni seggi, Erdogan è apparso ancora il leader politico più popolare del paese euro-asiatico, sul quale sarà ora in grado di governare con mano ancora più ferma grazie all’entrata in vigore delle riforme costituzionali approvate a maggioranza risicata nel referendum dello scorso anno.

 

E’ ripreso a Managua il dialogo nazionale, ovvero il tavolo del negoziato tra governo e opposizione con la “mediazione” della Conferenza Episcopale, che sebbene sia parte in causa diretta con il sostegno pieno all’opposizione, per comune convenienza viene investita del ruolo di arbitro. Insieme alla ripresa del dialogo, è tornata a Managua la delegazione della CIDH, la Commissione Interamericana per i diritti umani, per una ulteriore missione nell’ambito della partecipazione di entità internazionali in assistenza ai colloqui.

 

Pur con tutte le cautele del caso, il presidente americano Trump ha promesso questa settimana la creazione di un nuovo comando militare indipendente per le presenti e, soprattutto, future operazioni che gli Stati Uniti condurranno nello spazio. L’iniziativa non rappresenta esattamente una novità, visto che è al cento del dibattito di governi e vertici militari USA almeno fin dal progetto “Star Wars” dell’amministrazione Reagan, ma potrebbe trovare uno slancio decisivo nel quadro della crescente competizione con potenze come Russia e Cina.


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