La clamorosa rivolta popolare che nel fine settimana ha costretto alle dimissioni le più alte cariche dello Sri Lanka minaccia di creare un vuoto di potere che la classe dirigente indigena e i governi della regione, nonché gli Stati Uniti, temono possa destabilizzare definitivamente un paese situato in una posizione strategica nell’Oceano Indiano. Quello a cui si è assistito nei giorni scorsi è il culmine di una gravissima crisi che era iniziata almeno dall’esplosione della pandemia nel 2020, per poi far segnare una nuova drammatica accelerazione dopo l’introduzione delle sanzioni contro la Russia decise dall’Occidente subito dopo l’inizio delle operazioni militari di Mosca in Ucraina.

L’assassinio dell’ex primo ministro giapponese, Shinzo Abe, è avvenuto ad appena due giorni dalle elezioni per il rinnovo della camera alta del parlamento di Tokyo. A sparare al più longevo capo del governo della storia nipponica è stato un 41enne residente della città di Nara, dove era in corso un comizio in vista del voto. Erede di una dinastia politica di primissimo piano, Abe ha esercitato per quasi un decennio un’influenza profonda sulla realtà del suo paese. Il bilancio della sua esperienza di governo resta tuttavia in forte chiaroscuro, anche se segnata, sul piano internazionale, dall’impegno per la normalizzazione delle relazioni con la Russia e dalla ricerca di una relativa autonomia strategica dall’alleato americano.

Anche il nuovo tentativo diplomatico promosso dall’Europa per mandare in porto l’accordo bis sul nucleare iraniano (JCPOA) si è per il momento risolto in un nulla di fatto. I negoziati erano ripresi settimana scorsa a Doha, in Qatar, nella speranza di avvicinare le posizioni di Stati Uniti e Iran, ma il summit si era chiuso con uno scambio reciproco di accuse. La serietà dell’amministrazione Biden nel raggiungere un’intesa con Teheran è apparsa nuovamente chiara mercoledì, quando il dipartimento di Stato ha colpito con le proprie sanzioni unilaterali altre 15 “entità” della Repubblica Islamica e di altri paesi, accusate di favorire l’esportazione e la vendita di greggio iraniano.

Una vera e propria fuga dal governo conservatore di Boris Johnson sembra essere cominciata a Londra, preannunciando la probabile uscita di scena in tempi brevi di un primo ministro sempre più in difficoltà sul fronte domestico. Con una mossa quasi certamente coordinata, martedì hanno abbandonato l’esecutivo due pezzi grossi come il cancelliere dello Scacchiere – o ministro delle Finanze – Rishi Sunak e quello della Sanità, Sajid Javid. La decisione ha anticipato una rapida accelerazione della crisi nella giornata di mercoledì. Decine di funzionari e ministri si sono defilati, mentre una delegazione di membri del governo si è recata a Downing Street per convincere Johnson ad abbandonare l’incarico.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy