Aerei israeliani vomitano bombe su Rafah, il luogo dove avevano invitato i civili palestinesi ad andare per mettersi al riparo dai bombardamenti su Gaza. Sono un milione e mezzo i rifugiati palestinesi che si sono concentrati in una città capace di ospitarne centomila. Da ieri sono già più di 200 i morti e innumerevoli gli edifici distrutti. Il bersaglio preferito, come sempre, è quello dei rifugiati. Del resto hanno già dimostrato a Gaza quale sia la dottrina militare delle forze armate israeliane: sparare nel mucchio è più semplice e meno rischioso che affrontare a terra Hamas

Quello di indicare un luogo sicuro ai civili per poi, una volta ammassati, li si possa colpire indiscriminatamente è un ulteriore passo di Tel Aviv nella barbarie assoluta. Non sovvengono precedenti storici di tale infamia. L’uccisione in massa di donne e bambini non è un danno collaterale, è una strategia politica. Non ci sono errori di mira, c’è l’annientamento programmato e voluto. L’obiettivo è impedire la riproduzione del popolo palestinese, sterminare oggi gli adulti di domani. Si vuole lo sterminio etnico, non il riconoscimento reciproco.

 

L’intenzione di Israele non è distruggere Hamas, bensì il popolo palestinese, ricacciandolo in mare, rendendolo senza patria e reietto. Il sionismo ritiene che l'aggettivo “palestinese” vada cancellato dalla grammatica e dal discorso politico, al massimo si può parlare di arabi, non di palestinesi. Che non esistono, non devono esistere. Gli israeliani si preparano ad entrare a Rafah, i palestinesi possono ora scegliere tra lo scagliarsi contro i carri armati egiziani o il gettarsi in mare, ma da Gaza e dalla Cisgiordania devono uscire. Preferibilmente cadaveri.

Così, anche grazie all’immobilismo arabo, il sionismo razzista potrà finalmente mettere le sue avide mani sulla terra e le ricchezze della Palestina, fondandoci sopra la sua “Heretz Israel”, che emana odore di morte e non di grandezza. Sulla pulizia etnica a danno dei palestinesi nessuna forza politica in Israele solleva dubbi o incertezze. Non ci sono i dissensi inventati dai media mainstream, al massimo singole personalità o settori marginali della società che s’interrogano di fronte a tanta barbarie che sotterra il mito della “unica democrazia del Medio Oriente”.

Si dice che il problema sia Netanyahu, la sua disperazione criminale per restare al governo, al riparo dai giudici. Ma chi dovrebbe fermarlo? Biden, tra una gaffes e un’altra, continua a far finta di esserci in disaccordo, ma è questione di dettagli, del come e non del se. E’ un osceno gioco delle parti, una truffa comunicativa e politica messa in piedi per non perdere ulteriori consensi nel mondo arabo e nella comunità araba negli USA che ha già deciso e dichiarato che non lo voterà di nuovo. Biden in realtà si guarda bene dal prendere il benché minimo provvedimento per costringere Natanyahu a fermarsi. Nemmeno una misera no fly zone su Rafah e Gaza, nessuna interruzione sulla fornitura di armi e sull’assistenza finanziaria, nessuna disponibilità in ambito ONU per un intervento di una forza d’interposizione a salvaguardia della popolazione civile, nemmeno una mozione del Consiglio di Sicurezza per il cessate il fuoco.

Emerge tutta l’ipocrisia degli USA, che nel 1999 bombardarono Belgrado accusando i serbi  di aver sparato sulle colonne dei profughi albanesi, ma che oggi si limitano a dirsi infastiditi se i profughi sono di Gaza, quota aggiornata degli oltre 28.000 morti palestinesi. Ovvie le ragioni del doppiopesismo come le analogie: allora distruggere la Serbia per affossare la Jugoslavia, oggi lasciar distruggere Gaza e Cisgiordania per affossare la Palestina.

L’Italia, come sempre e a maggior ragione con i fascisti al governo, applaude le eroiche gesta dei militari sionisti su donne e bambini palestinesi. Addirittura, un ambasciatore israeliano protesta per una cantante che concorre a Sanremo perché chiede lo stop al genocidio.

Insomma non è più nemmeno possibile criticare Netanyahu e chiamarlo per quello che è, un criminale di guerra, perché si viene tacciati di antisemitismo. Quanto avvenuto al margine del Festival dice da sé cosa sia Israele, ma dice anche cosa sia la RAI, che per bocca del suo Ad, Roberto Sergio, si affretta a solidarizzare non con le vittime (che sarebbe giusto) né con il cantante (che sarebbe atto dovuto,) bensì con l’ambasciatore sionista. Avrebbe dovuto invitare il diplomatico a non interferire (per caso il nostro ambasciatore in Israele interviene a stabilire il grado di accettabilità delle canzoni razziste in onda sulla TV di Tel Aviv?), ma si schiera subito dalla parte dell’apologo del genocidio tramite la pachiderma del futile.

Questo racconta cosa sia diventato il nostro Paese e il suo servizio pubblico. E quando per dimensionarlo dai la parola ai boiardi di stato, accade che in un attimo la tragedia si trasforma in farsa.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy