di Elena Ferrara

E’ rossa di sangue la “Moschea” di Islamabad e il presidente Pervez Musharraf canta vittoria, crede di essere riuscito a domare il covo del fondamentalismo di stampo talebano. Intanto lascia sul campo della rivolta della causa jihadista più di cinquanta radicali islamici che erano asserragliati nell’edificio chiamato Lal Masjid e che le teste di cuoio di Islamabad hanno trasformato in un cimitero. Tutto questo mentre la rivolta degli studenti-miliziani - armati di kalashnikov – prosegue e non si sa ancora come si concluderà. Le ipotesi sono le più tragiche ed allarmanti. Abdul Rashid Ghazi, il capo dei ribelli assediati, annuncia che il sangue dei suoi compagni di lotta scatenerà una rivoluzione islamica. E il governo risponde denunciando la presenza, tra gli insorti della Moschea, di elementi di al Qaida. Fra questi due leader del gruppo Harktul-Jihad-e-Islami (movimento della guerra santa islamica, illegale) che sarebbero coinvolti con l'omicidio nel 2002 del giornalista americano Daniel Pearl. Uno dei due militanti, intanto, è stato identificato come Abu Zar, già stretto collaboratore di Amjad Faruqi, leader del movimento. Tutto, quindi, sta a dimostrare che in Pakistan il fondamentalismo islamico – come annuncia il quotidiano The News - cresce di giorno in giorno. Nella sola Islamabad ci sono 88 seminari di diverse sette che educano 16.000 studenti e il numero dei ragazzi che frequentano la scuola della setta Deobandi, con forti connotazioni anti-occidentali e che ha ispirato i Taleban afghani, è raddoppiato nel giro di un anno. E il quotidiano Dawn aggiunge: ''Personaggi come quelli della Lal Masjid ci sono dovunque nel Paese. Hanno soldi e armi e una schiera di fedeli seguaci dal cervello lavato''…

Le domande che sorgono in questo momento sono cariche di intensa drammaticità. Ci si chiede, ad esempio, se Musharraf abbia le ore contate. E inoltre: cosa copre lo scenario della “Moschea rossa” di Islamabad, teatro della tragica rivolta studentesca? Annuncia una rivoluzione islamica capace di coinvolgere tutte le madrasse? Si profila l’affermazione di un Islam integralista sul modello talebano? Una cosa è certa. Il presidente Parvez Musharraf non è più in grado di dominare quel Pakistan che credeva di aver conquistato con l’aiuto dei servizi americani. Ora contro di lui – che sta scivolando in errori che stanno diventando sempre più lampanti - si sta stringendo sempre più la morsa del terrorismo. L’ultimo attacco che lo ha coinvolto è dei giorni scorsi. C’è stato uno spettacolare tentativo di attentato con missili terra-aria contro il suo aereo durante la fase di decollo dalla base militare "Chaklala", a Rawalpindi. Mushararaf non è rimasto coinvolto e poco dopo ha raggiunto la provincia sudoccidentale del Balochistan, dove si è recato per visitare le popolazioni colpite dalle recenti inondazioni. Ma l’attentato segna pur sempre un’incredibile escalation. I razzi, infatti, sono stati sparati da un'abitazione situata nei pressi della base militare di Chaklala ed una delle armi era molto pesante e sofisticata, del tutto simile a quelle in uso alle forze armate del Pakistan.

Musharraf è quindi sempre più in pericolo. Questo è il terzo attentato cui riesce a sfuggire sin da quando, nel 2001 si è schierato al fianco degli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. Il primo attacco lo subì il 14 dicembre 2003, sempre a Rawalpindi, quando un sofisticato dispositivo anti-bomba posizionato nella sua limousine riuscì a far slittare di sette secondi l'esplosione di un ordigno a tempo, permettendo al convoglio di passare su un ponte, poi crollato nell'esplosione. Appena 11 giorni dopo il secondo attentato, sempre nei pressi della base militare di Rawalpindi: 25 kamikaze alla guida di autobombe si scagliarono contro il corteo presidenziale, uccidendo 16 persone, compresi molti agenti della scorta. Anche allora Musharraf rimase illeso e poche ore dopo comparve alla televisione pubblica, dichiarando: «Combattiamo contro gli estremisti e continueremo a farlo, la mia fede in Allah si è rafforzata, la mia determinazione è aumentata».

Ma, al di là della determinazione del Presidente, il suo indice di gradimento presso la popolazione pakistana è ormai ai minimi storici, soprattutto per l'avversione dichiarata degli integralisti islamici che lo considerano alla stregua di un burattino nelle mani di Bush. Integralisti che, come è ormai prassi consolidata, intensificano i loro attacchi con l'avvento della stagione calda. E mentre si è consumato il recente e fallito attentato a Musharraf un altro attacco è stato portato a termine nel nord-ovest del Paese, dove cinque soldati pakistani sono morti al confine con l'Afghanistan. Non è chiaro se a investire il loro convoglio militare sia stata l'esplosione di un'autobomba o di un ordigno collocato sul ciglio della strada. L'attentato è avvenuto a Dir, nei pressi della città di Malakand, un'area con forti simpatie islamiste.

Pesanti, quindi, le ombre che avvolgono Islamabad con Musharraf che sente sempre più che la situazione sta divenendo scottante. Con la mafia pachistana che è coinvolta nel traffico di clandestini e droga verso l’Europa e collusione con elementi di Al Qaeda. E c’è anche un altro aspetto. Perché ci sono agenti dell’intelligence pachistano impegnati nei traffici e nel supporto ad Al Qaeda.

Vengono alla luce molti dei nodi che caratterizzano la situazione pachistana e che si riferiscono alle scalate del presidente golpista. La sua ascesa risale agli anni in cui Benazir Bhutto era primo ministro del Pakistan. Allora fu nominato alla guida del settore operativo dell'esercito. Nel 1998 il capo delle forze armate si dimise e Musharraf ne prese il posto. Si arriva a quell’ottobre 1999 quando sale alla ribalta con un putsch non violento che destituisce il primo ministro Nawaz Sharif considerato amico dell’India e fautore di un dialogo distensivo con le autorità di Delhi. E subito dopo si autonomina presidente del Pakistan, senza abbandonare l'uniforme militare.

Dopo il colpo di stato, fondamentale è l’attenzione che il generale rivolge alle attività di politica estera. I primi obiettivi riguardano la regione del Kashmir dove, precedentemente, aveva comandato le operazioni militari pachistane. Cerca, inoltre, di frenare l’ascesa dei gruppi islamici integralisti e taglia gli aiuti all'Afghanistan, nel tentativo di dare un'impronta più laica, rispetto ai suoi predecessori, a un regime dominato dagli estremisti del Corano. Il 20 giugno del 2000 assume la carica di presidente del Pakistan, destituendo Rafiq Tarar. Il presidente della Corte Suprema pakistana Irshad Hanna Khan ne ufficializza la carica durante una cerimonia alla presenza di autorità civili e militari. E dopo l’11 settembre prende al volo l’occasione di divenire un fedele alleato di Bush. Guida le sorti di un Paese a rischio perché geograficamente contiguo all'Afghanistan e perché terra di forti fermenti integralisti.

Si trova, comunque, in una posizione molto difficile, di fronte a una scelta complicata tra l'appoggio agli Stati Uniti e i numerosi gruppi islamici che minacciano di scatenare un'ondata di violenza. Tuttavia la scelta di Islamabad è sempre quella di appoggiare l’America, intimando ai Talebani, nascosti e rifugiati sulle montagne afgane, la consegna dello sceicco miliardario, Osama Bin Laden. Il primo ottobre 2001 Musharraf dice: "I Talebani sembrano avere i giorni contati. Gli Stati Uniti sembrano decisi ad agire in Afghanistan e noi abbiamo informato i Talebani. A causa della loro presa di posizione ci sarà uno scontro". Il 22 ottobre in un’altra dichiarazione, afferma: "A metà novembre inizierà il ramadan - per tutti i musulmani il mese del digiuno - e per quel tempo dobbiamo augurarci che la campagna militare degli Stati Uniti contro i talebani sia terminata". Il 10 novembre 2001 a New York per l'apertura dell'assemblea generale dell'Onu, parla ai delegati e dal podio dell'Onu si dichiara disponibile a trattare con l'India un accordo di disarmo nucleare. Ma non si vedono grandi prospettive distensive. La situazione interna è sempre più caotica e quando Bush arriva nel marzo 2006 a Islamabad trova un paese sconvolto da proteste.

La nuova situazione del Paese, dopo il nuovo attentato e lo sgombero sanguinolento della moschea, drammatizzano ancor più i contrasti. Si altera l’equilibrio strategico interno. E non va dimenticato che Pakistan e India hanno alle spalle guerre combattute sin dal 1947 a causa del fanatismo religioso e l’odio etnico.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy