di Carlo Benedetti

Cambia la geopolitica asiatica e nasce una nuova alleanza che ha come campo d’azione un mare strategico: il Caspio. E’ un bacino di circa 400.000 chilometri quadrati sul quale si affacciano cinque paesi che si incontrati a Teheran e accordati per non concedere le proprie basi per eventuali attacchi militari contro un altro Stato rivierasco. Ed è un momento di svolta destinato a segnare l’inizio di una nuova epoca nei rapporti tra l’Asia e gli Usa. E ancora una volta è la capitale iraniana la città dei patti storici. Ma se nel lontano 1943 ad incontrarsi qui, per decidere le sorti dell’Europa occidentale, erano stati i tre grandi - l’americano Roosevelt, l’inglese Churchill e il sovietico Stalin - ora sono altri leader a dettare piani e programmi per il futuro e per dire all’Occidente che questa “cortina del Caspio” che sta nascendo servirà come un ammonimento rivolto a chi volesse mettere le mani sull’oro nero della regione. Questa volta mancano all’appello - volutamente - americani e inglesi. Dei vecchi alleati c’è solo la Russia di Putin. E così al tavolo dell’incontro, accanto al presidente del Cremlino (che, in pratica, si svincola da un temporaneo matrimonio di interessi con l’Occidente) siedono altri nuovi grandi. Sono i capi dell’Iran, Mahmud Ahmadinejad; dell’Azerbaigian, Ilcham Aliev; del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev e del Turkmenistan Gurbanguly Berdymuchammedov. Al tavolo di Teheran (con Putin giunto all’appuntamento con alle spalle uno stato d’allerta per le minacce di un attentato) i temi sono stati quelli, comuni, della sicurezza regionale. Ma a dominare è stata la questione del nucleare. Con la Russia che è ormai divenuta il paese che più difende l’Iran rallentando e bloccando, con una singolare opera di tessitura diplomatica, le sanzioni economiche contro Teheran. Non solo, ma fornendo addirittura al presidente Ahmadinejad (capo di un paese che gli Usa inseriscono tra le nazioni dell’impero del male) macchinari per l’impianto nucleare di Bushher. In pratica Mosca continua e rafforza la sua collaborazione “tecnico-scientifica” con il programma iraniano e fa sapere, comunque, che continuerà a sostenere il Trattato di non proliferazione e tutti i programmi nucleari “con fini pacifici”. Ma dalle dichiarazioni di Putin non si è però capito se Mosca abbia deciso di sbloccare una fornitura di uranio arricchito che dovrebbe consentire l'avvio delle fasi finali per la centrale iraniana.

Dal punto di vista politico e diplomatico, intanto, è chiaro che Mosca appoggia l’attuale presidenza iraniana. Quanto agli altri paesi del vertice il tema che più li ha convinti a sostenere la posizione russa è quello relativo ad una soluzione “positiva” del contenzioso in merito alle acque territoriali del Caspio. Qui la delimitazione dei confini marittimi si è sempre rilevata di importanza strategica per l’utilizzo delle risorse energetiche dei fondali, nonché per i tracciati delle pipeline in fase di progettazione. I paesi del Caspio sanno bene che per Mosca avere il “controllo” di questo mare è un punto decisivo di quella politica geostrategica che il Cremlino gioca ai vari tavoli negoziali con americani ed europei. Non a caso prima di volare in Iran Putin in meno di 48 ore ha avuto incontri - tesi e per nulla diplomatici - con il cancelliere tedesco e con il segretario di Stato americano.

In particolare a Wiesbaden a margine del “Dialogo di Pietroburgo”. Qui un Putin concentrato sulle questioni dei rapporti economici era tornato ad offrire alla tedesca Merkel una partnership privilegiata tra Gazprom e le compagnie energetiche tedesche per lo sfruttamento del giacimento siberiano di Shtokamn. Ma la Merkel, contrariamente a quanto avrebbe fatto il suo predecessore socialdemocratico (che, ricordiamolo, è ora sul libro paga della russa Gazprom) ha rifiutato. E l’International Herald Tribune, significativamente, ha scritto che “secondo alcuni diplomatici tedeschi il Cancelliere non vuole stabilire una “special relationship” che potrebbe rendere la Germania ancora più dipendente dall’energia russa: più di un terzo del fabbisogno energetico nazionale è già soddisfatto dalla Gazprom”.

Ecco perché la Merkel - disegnando un riorientamento delle priorità - ha sostenuto il progetto di una normativa comunitaria che tuteli la proprietà delle reti energetiche europee dalle mire di compagnie straniere a forte controllo statale, proprio come la Gazprom. In pratica la dirigenza tedesca ha voluto far capire ai russi che l’importante arma strategica dell’energia non può essere usata come ricatto nei confronti dell’Europa. E come risultato di questo atteggiamento si è visto che Putin è ovviamente allarmato dalla posizione tedesca. Ma c’è anche qualcosa di ben più profondo e pericoloso. Ed è che la Merkel (come già il ministro degli Esteri francese Kouchner) non ha remore nel ribadire con forza che “se il dialogo con l'Iran non darà risultati, saranno necessarie nuove sanzioni”. Berlino si schiera così sulla linea della fermezza adottata da Parigi, avvicinandosi alle posizioni americane e allontanandosi da quelle russe.

Putin, comunque, non batte ciglio. Ha siglato con Ahmadinejad una dichiarazione che ribadisce “il diritto di tutti i firmatari del Trattato sulla non proliferazione delle armi atomiche di sviluppare la ricerca, la produzione e l’utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici”. Con la sua mossa dà così un duro colpo ai propositi euro-americani d’isolamento internazionale dell’Iran, che segue l’altro colpo assestato al progetto statunitense di scudo missilistico. La partita a scacchi tra Putin e l’Occidente, quindi, continua. E questa volta a Teheran il Capo del Cremlino segna una serie di punti a suo favore rilanciando una politica di stampo “eurasiatico” che convince e coinvolge i paesi dell’ex Unione Sovietica.

A queste nuove realtà politiche che si affacciano sul mar Caspio il leader russo fa notare l’importanza strategica di una posizione comune. E precisamente quella che si riferisce all’impegno a non concedere le proprie basi per eventuali attacchi militari contro gli stati dell’area. E l’accordo in merito è una chiara rassicurazione all'Iran in vista di possibili raid americani contro i suoi impianti nucleari. Non a caso il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, definisce la dichiarazione "molto forte" e subito afferma che il Caspio "è un mare chiuso in cui solo gli Stati rivieraschi hanno diritto ad avere navi e forze militari". E così si afferma un vero e proprio salto di qualità nel campo della geopolitica eurasiatica.

Si arriva, pertanto, ad un rafforzamento delle posizioni comuni con i leader dei cinque paesi che firmano una dichiarazione nella quale assicurano che "in nessuna circostanza permetteranno l'uso del loro territorio per lanciare un'aggressione o un altro tipo di azione militare contro uno qualsiasi degli altri Stati membri". E di conseguenza anche quelle voci secondo le quali l'Azerbaigian avrebbe avuto in programma una soluzione negoziata con gli Usa per alcune basi da “affittare”, sono categoricamente smentite.

Nel documento approvato dai presidenti si sostiene poi anche il diritto per tutti i Paesi firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare (e quindi anche per l'Iran) di "sviluppare la ricerca, la produzione e l'uso dell'energia atomica per scopi pacifici". Il Caspio, quindi, come cortina e mare di pace. E Putin - anche per mettere fine a quelle contestazioni tra Azerbaigian ed Iran a proposito delle esplorazioni petrolifere in un tratto di mare su cui la repubblica islamica rivendica la sovranità - ha voluto far sentire la sua voce: "Tutte le questioni devono esser risolte a breve e nel rispetto dell'integrità territoriale - ha detto - e si deve evitare l'uso della forza per risolvere i problemi".

Nel dato conclusivo di questa conferenza di Teheran - tutta in chiave antiamericana - si può rilevare che si è in presenza di una vera e propria fase di ristrutturazione geopolitica che vede la Russia riprendere quel ruolo-guida che aveva, nei tempi sovietici, sull’area asiatica più vicina alle sue frontiere. Nel 1943 l’incontro dei tre grandi segnò l’avvio della “Operazione Overlord” (lo sbarco in Normandia). Questa volta è avvenuto il contrario. Si è trovato un accordo a cinque per impedire sbarchi nel Caspio. Economici o politici. E si può dire che ora si è andati oltre a quella politica della tradizionale “fratellanza slava” di un tempo che stava a significare il dominio ideologico della Russia. Ora vince la “fratellanza caspica” che è ben altra cosa. Pur se l’idea di fondo consiste nel respingere i progetti statunitensi per la costruzione di infrastrutture energetiche che bypassino il territorio della grande madre Russia.

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