di Elena Ferrara

Ci eravamo abituati a quei fantastici ragazzini della Via Pal che, usciti dalla penna dello scrittore Ferenc Molnar, avevano conquistato le strade della vecchia Budapest con i loro giochi e le loro passioni. Cambiano i tempi e i “ragazzi” di oggi - in un’Ungheria che ha messo in archivio l’esperienza del campo socialista - ricordano quell’ottobre del ’56. Ma alcuni di loro lasciano gli abiti borghesi e indossano l’uniforme nazista. Avviene in pieno centro sotto gli occhi attoniti di una popolazione che ha sofferto deportazioni e umiliazioni nel periodo fascista di Szalasi e che ha ancora presenti negli occhi i carri bestiame che portavano via dal paese gli ebrei, sotto scorta nazista. Nella grande via della capitale - quella che porta al Danubio e al ponte Elisabetta - arrivano gli esponenti di varie organizzazioni neonaziste. Sono un migliaio e fanno parte del movimento delle “Guardie frecciate”. Le divise che indossano sono la copia esatta di quelle della milizia filonazista alleata alle SS tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale. E’ un fatto senza precedenti. Perché in Ungheria tutti erano convinti di aver superato il momento della contrapposizione. Sconfitto il comunismo si pensava, infatti, all’arrivo di una moderna democrazia in chiave mitteleuropea. E invece non è così. Ai manifestati fascisti e nazisti si accodano ora altri personaggi che, guidati da un noto esponente della destra estremista - Laszlo Toroczkai, fondatore del movimento “64 Contee” e cioè l’antica terra ungherese - attaccano, con una guerriglia urbana di notevoli proporzioni, una cerimonia ufficiale dove il primo ministro Ferenc Gyurcsany ricorda l’Ottobre del 1956. Le squadre della destra ungherese non chiedono celebrazioni, ma atti precisi contro gli esponenti della nuova democrazia magiara. La loro è una rivolta contro la storia di questi tempi. E uno dei leader più in vista - Tamas Molnar, che dice di parlare a nome di un “Comitato nazionale ungherese 2006” - afferma di voler “rovesciare un regime sfruttatore”. E nell’orgia della protesta compaiono anche molti reduci di quei movimenti che nell’ottobre del 1956 attaccarono il sistema comunista. Tutti sono guidati da Maria Wittner - 69 anni - che chiede di ripetere la “Rivoluzione del 1956”.

Situazione tesa e più che mai calda in questa Budapest che sembrava aver ripreso il ruolo di capitale intellettuale della Mitteleuropa. Eppure ora si deve ammettere che quanti sfilano marciando hanno giurato da poco “fedeltà alla nazione magiara” e vogliono dimostrare, sfacciatamente, la loro presenza. E si sa che a dare vita a questa sceneggiata (da non sottovalutare…) sono gli appartenenti a quelle formazioni di “Guardie ungheresi” che trovano il completo appoggio di un movimento fascista: il partito di estrema destra Jobbik, che ha convocato i suoi iscritti ad assistere alla manifestazione e ad applaudire.

Ma gli obiettivi attuali non sono solo quelli relativi ad una rinascita delle “croci frecciate” (che sotto la guida di Ferenc Szálasi governarono l'Ungheria dal 1944 al gennaio 1945) ma anche quelli della affermazione di principi xenofobi e, in particolare, di caccia ai rom. Che per l’Ungheria vuol dire anche e soprattutto caccia a quella gran parte della popolazione che si riconosce negli zingari e che ne accetta la storia e le tradizioni. Tutto questo “allarma” i neo nazisti ungheresi che ora alzano la voce forti delle nuove condizioni democratiche che si registrano nel paese. Ma l’allarme riguarda anche quella “Unione democratica zigana” che opera attivamente per una “riabilitazione” del popolo rom. Si tratta di una formazione che non ha colori politici: parla a favore della minoranza e cerca di contribuire concretamente al miglioramento delle condizioni di vita dei quasi 800 mila membri. Tra loro la disoccupazione raggiunge dati allarmanti. Ed è pari al 50-60 % la mortalità infantile. Il tutto appesantito dalla persistente discriminazione sociale. Il 97% dei bambini zingari non frequenta la scuola dell'obbligo e gli zingari adulti sono per lo più analfabeti.

Sono dati che in Ungheria pur se attenuati dall’impegno governativo, pur sempre destano preoccupazione nell’intera società. Intanto in tutti i paesi dell'est europeo la difficile transizione all'economia di mercato e l'esplosione della disoccupazione rendono sempre più difficili le condizioni di vita delle popolazioni rom. In Europa centrale e orientale più dei tre quarti sono senza lavoro o sopravvivono grazie ad attività precarissime. Il paese dove la situazione è peggiore è la Romania: più del 90 per cento sono senza lavoro e vivono in condizioni medievali.

Quanto al numero dei rom le rilevazioni più recenti dicono che nel mondo sarebbero circa 15 milioni; in Europa, invece, il loro numero varia tra i 7 e gli 8 milioni e mezzo. Sono considerati come minoranza etnica e, stando alle valutazioni fatte, si scopre che in Romania c’è la minoranza più grande, circa due milioni su 22 milioni e mezzo di abitanti. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria. Il campanello d’allarme che ora suona nelle rive del bel Danubio blu è, quindi, un segnale per tutta l’Europa.

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