di Alessandro Iacuelli

La stazione della metropolitana di Deák Ferenc tér è quella principale di tutta Budapest. E' lo snodo, il punto di intersezione ed anche la più estesa di tutte tre le linee sotterranee della capitale. La maggiore differenza tra la stazione come è oggi e come era nel 2000 sta nel numero di senzatetto che vi abitano. Nel 2000 non ce n'era nessuno, oggi si incontrano difficoltà a trovare un posto libero per un vecchio sacco a pelo. Sono persone, spesso pensionati, che non possono permettersi un alloggio, neanche un posto letto in un appartamento condiviso con altre persone. La capitale è anche circondata da boschi bellissimi, soprattutto seguendo il Danubio verso nord. Le statistiche ci dicono che diviene sempre più alto il numero di persone che vive in quei boschi, in capanne costruite alla meglio, perchè non possono più reggere i costi di un alloggio vero. E' il bilancio attuale del secondo mandato del governo Gyurcsány, l'uomo più ricco del Paese, che è anche leader della coalizione socialista guidata dal MSZP. E' il bilancio di un Paese che fa parte dell'Unione Europea e che anche quest'anno vede tutti gli indicatori economici e sociali con il segno meno davanti. L'inflazione è attorno all'8,3%, la crescita è nulla. L'Ungheria, entrata da non molto in UE, sta adottando, di concerto con Bruxelles, un "programma di convergenza" che dovrebbe portare il Paese danubiano in linea con il resto dell'Unione, ma la pratica di tale programma sta portando per ora a risultati abbastanza catastrofici. Partiamo dalla riforma della tassazione. Riguarda sia il prelievo fiscale sulle aziende sia la fiscalità al consumo, equivalente alla nostra IVA. L'aumento di molti punti percentuali delle tasse, che secondo il programma di convergenza dovrebbe ridurre il debito pubblico, ha condotto al fallimento un numero rivelante di piccole imprese ungheresi. La conseguenza è stata un incremento quasi esponenziale della disoccupazione, con un conseguente quanto inevitabile calo dei consumi. La seconda riforma è quella che riguarda il taglio delle spese in due settori strategici: la pubblica istruzione e la sanità. Il risultato è stato un "taglio" che ha reso disoccupati circa 10.000 insegnanti, ed ha dato vita ad un nuovo fenomeno: l'emigrazione all'estero dei medici.

Il prossimo passo è imminente: la liberalizzazione del mercato energetico. La società statale di distribuzione dell'energia elettrica MVM ha messo all'asta 920MW di potenza per il 2008, ad un prezzo medio di 65 euro per MW all'ora. La quantità di energia elettrica messa all'asta equivale al 15% della capacità annuale ungherese. La maggior parte degli acquirenti partecipanti all'asta sono utilizzatori industriali e società ungheresi di energia elettrica, a riprova che l'elettricità venduta sarà utilizzata solamente sul territorio ungherese e non esportata all´estero. Alcuni analisti di mercato prevedono, per il 2008 e proprio grazie a questa manovra, un incremento del 20% del costo dell'energia elettrica per uso industriale e del 10% di quella per uso domestico.

Tutto questo avviene in uno stato dove lo stipendio medio di un lavoratore salariato equivale a circa 400 euro, a fronte di un costo della vita che in molti settori inizia ad assomigliare al resto dell'Europa occidentale. Riassumendo: se per l'Italia nel 2006 i dati sono poco rosei, con un rapporto deficit/pil al 4,4%, l'Ungheria è l'unico Paese UE che ha fatto di peggio, con un -9,2%. Un Paese che da quando ha iniziato il processo di integrazione nell'Unione Europea ha smesso di crescere, ha visto morire le prospettive, e la fiducia nel futuro, nate dopo il 1989.

E' calata anche la fiducia nel governo e - in generale - nella politica. Secondo molti analisti, il cittadino ungherese medio oggi ha paura di perdere il posto di lavoro, mentre chi lo ha già perso teme di non trovarne un altro o di perdere le magre sovvenzioni che aiutano parzialmente a sopravvivere. A questa sfiducia generalizzata non corrisponde, per ora, un nuovo inasprirsi delle tensioni sociali, dopo quelle dell’ottobre 2006. Secondo alcuni sondaggi, la maggior parte della popolazione si sente disarmata di fronte al calo della qualità della vita.

I sondaggi elettorali, se da un lato registrano un aumento dei consensi per il FIDESZ, principale partito d'opposizione, caratterizzato fortemente da una destra nazionalista e spesso antieuropea, vedono anche aumentare la percentuale di popolazione che non è più disposta ad andare a votare. Non è un caso, se i sondaggi rivelano un aumento dell’astensionismo: il FIDESZ ed il suo leader Viktor Orbán, sono stati già al governo, prima dei due mandati di Gyurcsány; oltre a condire la politica ungherese con una buona dose di nazionalismo, anche abbastanza aggressivo nei confronti della Romania, e di nostalgie di grandezza, sono state adottate misure liberiste e di demolizione del welfare del tutto simili a quelle poi adottate dal governo socialista. Probabilmente molti ungheresi, osservando i due schieramenti politici opposti, iniziano a notare che in molti settori non si veda poi molta differenza.

In un quadro sociale del genere, dominato da una sfiducia anche nei confronti dell'Europa, il rischio forte è quello che possano fare rapido proselitismo i movimenti radicali presenti nel Paese. Se infatti da un lato, come tutti i Paesi dell'ex area del Patto di Varsavia, sono praticamente assenti movimenti estremisti di tipo comunista, dall'altro sono invece presenti, ed in rapida crescita, vari movimenti di estrema destra, anche di estrazione neonazista. Movimenti che, a dire il vero, sono sempre esistiti e mai scomparsi, anche nei decenni in cui l'Ungheria era nel Patto di Varsavia. Movimenti che cercano di federarsi tra loro e di fare nuovi proseliti, uscendo dall'invisibilità.

Proprio di recente, un gruppo che si ispira alla milizia filonazista della "Croce Frecciata", alleata alle SS tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale, ha fatto un "giuramento" di fedeltà alla tradizione magiara. Il Primo ministro Ferenc Gyurcsany, ha paragonato la nascita del movimento neofascista a quello delle "camicie brune" naziste, le squadracce che imperversarono in Germania fino all'elezione di Hitler nel 1933. Lo stesso Primo ministro ha anche inviato una lettera al procuratore della repubblica invitandolo a dichiarare l'associazione fuorilegge. Per ora, l'unica risposta indignata al "giuramento" è giunta dalla comunità ebraica internazionale, che denuncia il "tentativo di annientare la democrazia".

Quel che è certo, è che in una situazione politica disastrosa come quella ungherese, quelli dell'estrema destra neonazista sono segnali da forti. Trascurarli o sottovalutarli sarebbe un gravissimo errore.


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