di Fabrizio Casari

Il Cile ha una nuova Presidente. E' Michelle Bachelet, candidata della coalizione di centrosinistra "Concertacìòn", al governo del Paese dal 1990, anno nel quale la dittatura pinochettista prese commiato dal destino delle cilene e dei cileni.
Tre figli, 54 anni, medico chirurgo specializzato in pediatria ed ematologia, la Bachelet ha ottenuto il 53, 50 dei voti contro il 46,50 ottenuti da Sebastian Pineira, miliardario e possessore di televisioni, un berluschino cileno che rappresentava la coalizione di centrodestra "Alleanza per il Cile". Mai nessun esponente socialista aveva avuto tanti voti. Con il boia del suo passato in casa, agli arresti domiciliari, persino le urne sembravano allegre.
Le congratulazioni sono arrivate da tutto il mondo. Il primo è stato Hugo Chavez, che ha definito la Bachelet "una eroina del Cile, figlia di un uomo che diede la vita per difendere il governo legittimo del compagno Salvador Allende". Telefonate di Zapatero, Chirac, Angela Merkel, di Javier Solana a nome della Ue, mentre il suo predecessore, Ricardo Lagos, ha dichiarato che è "un privilegio consegnare il mandato nelle mani di una donna del suo livello". Già Ministro della Difesa e Ministro della Salute nel precedente governo Lagos, Michelle é la prima donna ad arrivare alla presidenza della Repubblica nella storia di tutto il Sudamerica e, per certi versi, è la figura che riassume in sé, meglio di molti altri, la storia del suo paese.
E' figlia di un generale dell'aviazione che rimase fedele al governo di "Unidad Popular" del Presidente Salvador Allende e che, per questo, venne arrestato, torturato ed ucciso nelle carceri di Pinochet. Destino barbaro, quello della tortura, che toccò anche a lei e a sua madre. Il 10 gennaio del 1975 vennero entrambe arrestate dai servizi segreti (la famigerata Dina) e condotte a Villa Grimaldi, la sede per eccellenza dei torturatori: "Ma non ho mai fatto un nome - ricorda fiera - anche se la tortura è terribile, soprattutto dal punto di vista psicologico per l'umiliazione profonda che procura".
Michelle è riuscita quindi ad arrivare all'estero, esiliata in Germania Est, dove visse diversi anni prima di far rientro in Cile.
Anche per questo il popolarissimo gruppo musicale Illapu ha deciso di unirsi alle centinaia di migliaia di cileni che sono scesi in strada per festeggiare la sua elezione, intonando da un palco la canzone "Vuelvo" (ritorno ndr) che narra l'emozione delle migliaia di esiliati dalla dittatura militare fascista che sprofondò il Cile nel terrore dal 1973 al 1990.
"Sarò la presidente di tutti i cileni", queste le prime sue parole pronunciate dopo aver rivolto un pensiero a suo padre . "Ho fatto un lungo cammino per arrivare qui. Non ho avuto una vita facile, ma chi l'ha avuta?" ha detto la neopresidente, aggiungendo che lei, in fondo, è "una cilena né più né meno come milioni di cilene. Lavoro, mando avanti la casa e porto mia figlia a scuola. Ma sono anche una cilena votata alla lotta ed al servizio pubblico".
E ne avrà di lavoro la bella Michelle, perché sotto le cifre dell'economia ufficiale del Cile, che parlano di crescite di sei punti di Pil all'anno, l'economia reale, quella che vive nelle case, nelle borse e nelle strade del Cile, si cruccia di altre cifre, che vedono livelli di disuguaglianza sociale e disoccupazione altissimi. Organismi ufficiali confermano che il 20% più ricco del paese percepisce 15 volte di più che il 20% più povero e che la grande ricchezza è concentrata nell'1% della popolazione.

Il Cile è collocato tra i primi 15 paesi (su 130) con il peggiore squilibrio nelle entrate a livello mondiale. Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica, nel paese del "miracolo economico" ci sono 532.607 persone analfabeti. Il 4,7% è indigente, quindi 728.000 persone, mentre un altro 15%, circa due milioni, sono disoccupati e con gravi problemi di sussistenza. Il disagio sociale, quindi, è l'altra cara de la moneda dei successi della macroeconomia. Non è quindi un caso od una statistica tra le tante, quella che assegna al Cile il primo posto per numero di suicidi in tutte le americhe e tra i primi al mondo.
In questo senso, l'arrivo di Michelle Bachelet alla Moneda, offre una ulteriore sterzata a sinistra alla politica cilena, libera ormai da Pinochet, ma ancora in preda ai rigurgiti monetaristi dei Chicago Boys, la faccia economica del "pinochettismo".


L'11 marzo prossimo, la neo presidente assumerà formalmente i poteri sostituendo Ricardo Lagos, forse il più moderato dei leader democratici e progressisti dell'America Latina, ma uomo circondato da un consenso popolare altissimo.
E, pur senza voler prendere le distanze dal suo predecessore, Michelle Bachelet ha già annunciato che l'11 marzo "inizierà un nuovo stile nella politica nazionale. Più dialogante e più partecipativa. Il Cile ha bisogno di una nuova politica per una nuova cittadinanza". "Dimostreremo - ha aggiunto la Bachelet, che una nazione può diventare più prospera senza perdere l'anima, che si può creare ricchezza senza contaminare l'aria che respiriamo o l'acqua che beviamo. Che si possono stimolare - ha proseguito - quelli che davanti avanzano, ma che allo stesso tempo si possono aiutare quelli che restano indietro".

Dunque il Cile vira ulteriormente a sinistra ed un continente ormai governato dai progressisti nei principali paesi, riceve l'elezione di Michelle Bachelet come un ulteriore rafforzamento delle politiche d'integrazione che stanno riducendo al minimo la dipendenza degli scambi con gli Stati Uniti. A questo proposito, la neopresidente, nel corso della sua prima conferenza stampa, ha affermato: "Dobbiamo sviluppare una politica estera che ci permetta di produrre i migliori accordi con i paesi vicini, con i nostri Paesi amici, perché - ha affermato - le sfide che abbiamo in comune sono tante, per cui, con buone politiche di integrazione e di cooperazione, però sempre pensando al bene e all'interesse dei cileni, porteremo avanti le relazioni con i nostri vicini e con i loro presidenti democraticamente eletti". Parole che forse ripeterà proprio il prossimo 22 gennaio, quando potrebbe recarsi, insieme a Lagos, alla cerimonia d'insediamento del Presidente della Bolivia, Evo Morales, con il quale potrà affrontare la ripresa delle relazioni diplomatiche interrottesi nel 1978.
Parole, quelle sulle relazioni con i vicini che non si sono accompagnate a frasi altrettanto forti nei confronti degli Usa. Un segnale chiaro che a Washington non farà piacere, benché il Cile abbia firmato il Tlc (Trattato di libero commercio) bilaterale.

L'aspettano sfide importanti, ma la sua tenacia l'ha già dimostrata da detenuta, da esiliata, da Ministro e da candidata: "Io - disse poco tempo addietro - unisco tutti i principali peccati capitali: socialista, separata con tre figli da due diversi uomini, figlia di mio padre e non credente".
Una così non poteva che vincere. E ha vinto.

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