di Michele Paris

I 28 paesi membri dell’Unione Europea hanno offerto martedì a Bruxelles un’apparente dimostrazione di unità sulla questione del prolungamento delle sanzioni economiche in vigore dal 2014 contro la Russia per le presunte responsabilità di Mosca nella crisi in Ucraina. Dietro le apparenze, continuano tuttavia a persistere profonde divisioni e crescenti perplessità nei confronti di una linea dura essenzialmente dettata da Washington, tanto che proprio esponenti del paese europeo più influente - la Germania - hanno preso posizioni molto nette contro la condotta dell’UE, invocando al più presto un processo di distensione con la Russia.

Grande risonanza e reazioni stizzite ha suscitato in particolare l’intervista del ministro degli Esteri del governo di “grande coalizione”, Frank-Walter Steinmeier, pubblicata lo scorso fine settimana dalla testata tedesca Bild am Sonntag. Le parole del capo della diplomazia di Berlino, appartenente al Partito Social Democratico (SPD), sono apparse a molti come una vera e propria rottura pubblica del fronte anti-russo, tanto da risultare indistinguibili da quelle che governi e media occidentali potrebbero attribuire a organi di propaganda del Cremlino.

Oltre alle aperte “minacce di guerra” indirizzate alla Russia dai leader dei governi e dai vertici militari occidentali, Steinmeier ha criticato duramente la militarizzazione in atto dei confini orientali dell’Europa attraverso un processo di mobilitazione condotto dalla NATO che rischia di “infiammare la situazione”. Il ministro degli Esteri della Cancelliera Merkel ha poi avvertito che “chiunque pensi di rendere più sicura [l’Europa] attraverso sfilate simboliche di carri armati lungo i confini orientali dell’Alleanza sta ingannando se stesso”. Consigliando di evitare di offrire “pretesti per un nuovo confronto”, Steinmeier ha infine invitato a percorrere la strada “del dialogo e della cooperazione” con Mosca.

Se l’esistenza di posizioni quanto meno sfumate sui rapporti con la Russia all’interno della classe dirigente tedesca è ben nota, le esternazioni pubbliche di Steinmeier sono per certi versi clamorose. Non solo esse sono state pubblicate nell’immediata vigilia del summit dei 28 ambasciatori UE, che intendeva dare il via libera preliminare alla conferma delle sanzioni contro Mosca, ma anche a pochi giorni dalla conclusione della massiccia esercitazione militare “Anaconda” in Polonia, considerata una chiara provocazione rivolta alla Russia e a cui ha partecipato anche un contingente tedesco.

Inoltre, la NATO terrà un vertice cruciale a Varsavia tra due settimane, nel quale dovrebbe essere deciso lo stanziamento di migliaia di nuovi soldati in alcuni paesi dell’ex blocco sovietico. Nel frattempo, il Patto Atlantico ha poi annunciato l’applicazione del famigerato Articolo V, che obbliga i paesi membri a intervenire militarmente in difesa di uno qualsiasi di loro nel caso venisse aggredito, anche nell’eventualità di un “cyber-attacco” da parte di paesi come Russia o Cina.

Su queste e altre decisioni o iniziative anti-russe, il governo di cui Steinmeier fa parte ha sempre dato il proprio assenso. Inevitabilmente, così, le sue dichiarazioni hanno spaccato il panorama politico tedesco. A livello generale, esponenti dell’Unione Cristiano Democratica (CDU) della Merkel, la stampa allineata a questo partito, ma anche una parte dei parlamentari della SPD hanno censurato il ministro degli Esteri.

Questa settimana è giunta inoltre la condanna da parte della NATO e dei vertici militari degli Stati Uniti. In quella che è sembrata essere una risposta coordinata, alti ufficiali militari americani e il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, hanno assurdamente negato la natura minacciosa delle esercitazioni militari in Europa orientale. Ugualmente, queste ultime e la moltiplicazione delle truppe ai confini con la Russia sono state di nuovo giustificate come misure difensive per far fronte all’aggressività di Mosca.

In molti nella SPD e negli ambienti vicini al partito hanno al contrario applaudito alle affermazioni di Steinmeier, invitando talvolta il governo Merkel a fare proprie le posizioni concilianti nei confronti della Russia. L’ex cancelliere Social Democratico, Gerhard Schröder, è stato prevedibilmente tra i più accesi difensori dell’ex collaboratore, auspicando la cancellazione delle sanzioni significativamente nel corso di un intervento dedicato al 75esimo anniversario dell’inizio dell’invasione Nazista dell’Unione Sovietica.

Com’è facile intuire, Steinmeier o Schröder non sono mossi da sentimenti pacifisti disinteressati, ma parlano in sostanza per quegli interessi economici che si vedono penalizzati dal deterioramento delle relazioni con la Russia. Ciò conduce quindi alla questione centrale sollevata dalla presa di posizione di Steinmeier sulle pagine della Bild, vale a dire la crescente divergenza di interessi tra la Germania e le altre potenze occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti.

Almeno una parte del business tedesco ritiene cioè che i propri interessi possano essere meglio promossi attraverso il perseguimento di una politica estera più indipendente e che, nel caso specifico, consenta di guardare a oriente, ovvero alla Russia ma anche alla Cina, con un’attitudine diversa, ad esempio, da quella di Washington.

In questo quadro, è evidente che le parole del fine settimana scorso del numero uno della diplomazia di Berlino non sono tanto quella boccata di aria fresca nello scontro con Mosca che molti commentatori non allineati alla propaganda occidentale hanno accolto con favore. Le pesanti critiche di Steinmeier alla NATO, pur descrivendo in modo corretto la situazione attuale, indicano piuttosto un acuirsi della conflittualità che attraversa pericolosamente il capitalismo occidentale e che, come hanno insegnato gli eventi della prima metà del secolo scorso, non lascia intravedere sviluppi pacifici.

Queste spinte che vengono dall’interno della classe dirigente tedesca non sono ancora visibili, se non in misura minima, nella linea ufficiale del governo Merkel. Tuttavia, quello analizzato sembra essere un processo oggettivo che trapela ormai attraverso le parole di esponenti di primo piano del mondo politico e degli affari e che, ad esempio, potrebbe manifestarsi in maniera più evidente con l’avvicinarsi delle elezioni parlamentari che la Germania terrà il prossimo anno.

Non a caso, d’altra parte, il vice-Cancelliere Social Democratico, Sigmar Gabriel, qualche giorno fa ha prospettato un probabile rifiuto da parte del suo partito a prendere parte a una nuova “Große Koalition” con la CDU/CSU dopo il voto del 2017. Lo stesso Gabriel, poi, settimana prossima si recherà a Mosca per incontrare Putin, a conferma degli orientamenti divergenti della SPD in materia di politica estera.

In definitiva, l’uscita dalla logica delle sanzioni e dello scontro a cui aspira una parte delle élites tedesche è da collegare alle rinnovate ambizioni da grande potenza di Berlino, evidenti anche dall’impulso alla militarizzazione che sta caratterizzando il governo Merkel e determinate dall’indebolimento sempre più marcato degli Stati Uniti e dello stesso progetto unitario europeo dopo la crisi del 2008.

Per comprendere meglio questo legame è utile ricordare un articolo firmato dallo stesso Frank-Walter Steinmeier e apparso una decina di giorni fa sul prestigioso “magazine” americano Foreign Affairs. Il pezzo era sostanzialmente un’affermazione dell’ambizione della Germania a svolgere un ruolo di primaria importanza sul piano internazionale e, a ben vedere, aveva rappresentato una sorta di premessa all’intervento successivo sulla Bild a proposito della Russia.

Su Foreign Affairs, Steinmeier ha parlato della necessità di “reinterpretare i principi che hanno guidato la politica estera [tedesca] per oltre mezzo secolo”, in conseguenza del venir meno della “illusione di un mondo unipolare”, nel quale avrebbero dovuto essere evidentemente gli Stati Uniti a fungere da faro per il resto del mondo.

Una simile analisi si traduce inevitabilmente in considerazioni sul ruolo di Washington a tratti non meno dure di quelle pronunciate in seguito sulle relazioni con la Russia. Steinmeier ha cioè spiegato come “la nostra esperienza storica abbia distrutto ogni fiducia nell’eccezionalismo di un qualsiasi paese”, mandando così un messaggio di rifiuto inequivocabile alla pretesa americana di affermarsi come unica e sola “super-potenza” globale destinata a guidare il pianeta dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy