di Daniele John Angrisani

La sera del 9 febbraio, il titolo principale del sito dell'emittente americana filo-Bush, Fox News, era "Una nuova Guerra Fredda?" Tale è stata infatti la reazione alle aspre critiche del presidente russo Vladimir Putin sulla politica estera americana alla Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, che titoli di questo tenore si sono sprecati su tutta la stampa americana. Nella folta delegazione americana presente alla Conferenza vi sono stati alcuni, come il senatore John McCain - probabile candidato repubblicano alla presidenza - che non hanno lesinato attacchi diretti a Putin in risposta alle sue parole, affermando che "Mosca non può pensare di avere una partnership con l'Occidente, se non condivide in politica interna ed in politica estera i valori dell'Occidente". Il suo collega senatore, Joseph Lieberman, eletto come indipendente nel Connecticut, ha rincarato i toni affermando che quella di Putin era "retorica da Guerra Fredda" e che si è trattato di un discorso mirato al "confronto" e non al "dialogo". Ma allora siamo davvero tornati alla Guerra Fredda come si chiede Fox News? A prescindere dai toni usati, che sono stati da lui stesso ammessi come i più aspri dall'inizio del suo mandato presidenziale, Putin non ha affermato nulla di nuovo rispetto a quanto detto in precedenti occasioni. Ha infatti criticato gli Stati Uniti per il loro unilateralismo, ha reiterato il “niet” russo relativamente all'installazione di basi antimissilistiche in Repubblica Ceca e Polonia ed ha affermato che l'espansione della NATO ad est non aiuta certo la distensione ed il dialogo tra i due ex nemici della Guerra Fredda. Si è poi difeso dalle critiche continue sulla mancanza di democrazia e di rispetto dei diritti umani in Russia, affermando che ogni Paese segue la propria strada verso la democratizzazione e che, dove si è cercato di esportare altri modelli, si è causato un disastro come in Iraq.
La parte forse più importante dell'intero discorso si è avuta quando Putin ha affermato che "la caduta del muro di Berlino è stata resa possibile anche grazie ad una scelta storica - da parte del popolo russo - una scelta a favore della democrazia, della libertà, dell'apertura e della sincera partnership nei confronti di tutti i membri della grande famiglia europea" e che, tale scelta, è ora messa in pericolo dai nuovi "muri virtuali" che si stanno creando in Europa a causa dell'espansione della NATO verso est e dell'esclusione della Russia da ogni processo decisionale europeo.

Questo discorso è solo l'ultimo dei tanti segnali che indicano un progressivo raffreddamento delle relazioni tra Occidente e Russia. Negli ultimi mesi, soprattutto a seguito dei barbari omocidi della giornalista russa Anna Politkovskaja e dell'ex agente segreto Alexander Litvninenko, entrambi esponenti critici nei confronti dell'attuale amministrazione presidenziale russa, nonché della ripresa delle attività investigative nei confronti dell'ex proprietario della Yukos, l'oligarca inviso al Cremlino Mikhail Khodorkosvky, che sta già scontando una pena ad otto anni in un campo di lavoro siberiano, le relazioni tra Stati Uniti ed Europa da una parte, e Russia dall'altra, sono arrivate al livello più basso dalla fine dell'Unione Sovietica. Indicativo di questa situazione è il fatto che il Senato americano abbia approvato a grande maggioranza una risoluzione che chiede all'Amministrazione Bush (che dal canto suo ha ignorato la richiesta) di attivarsi per ottenere l'espulsione della Russia dal gruppo degli otto Paesi democratici più industrializzati, a causa delle politiche antidemocratiche messe in atto dal governo russo. Siamo ben lontani dai toni usati dal presidente americano Bush, quando nell'ormai remoto 2002, a pochi mesi dall'attacco alle Torri Gemelle, affermò, dopo aver incontrato il suo collega russo, di "aver guardato nell'anima di Putin" ed aver visto un sincero amico dell'Occidente.

Ma non è certo solo la questione della mancanza di democrazia a dividere la Russia dall'Occidente. Ciò che è accaduto nel caso prima dell'Ucraina e poi della Bielorussia, quando il governo russo ha mostrato i muscoli fino ad arrivare alla temporanea chiusura delle forniture di gas e petrolio che passano da quei Paesi per arrivare in Europa occidentale, ha pesato fortemente sulla "credibilità della Russia come fornitore energetico" per stare alle parole della cancelliera tedesca, Angela Merkel, che pure ancora afferma che “la Russia è un partner strategico per la Germania e per l'Europa intera”. Ma quello che preoccupa di più americani e gli europei è la rinnovata presenza della Russia di Putin nello scacchiere mondiale nelle vesti di attore indipendente: gli accordi con Cina e India, la fornitura di armi all'Iran, la posizione di Mosca contraria all'indipendenza del Kosovo, l'invito nella capitale russa di esponenti del governo di Hamas, sono stati tutti piccoli "pugni nell'occhio" per la politica estera dell'attuale Amministrazione statunitense, che vede come fumo negli occhi una Russia nuovamente attore strategico della politica mondiale. Sintomo di questa forte insoddisfazione americana è anche la vera e propria campagna di stampa che da qualche mese a questa parte il Washington Times, quotidiano vicino ai neoconservatori, sta mettendo in atto contro quello che definisce il "regime dittatoriale di Putin".

Eppure non basta certo questo per tornare a parlare di Guerra Fredda. I toni saranno stati forti, ma la sostanza delle parole del presidente russo Putin non è così lontana da quelli che sono stati i timori dei partner europei sulla guerra in Iraq e sull'unilateralismo americano nei mesi precedenti e seguenti l'inizio della guerra medesima. Inoltre, come hanno fatto notare negli interventi successivi dinanzi alla platea della Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, sia il segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer, sia il nuovo segretario alla Difesa americano, Robert Gates, la cooperazione e la partnership tra l'Occidente e la Russia è un pilastro del nuovo mondo nato dalle ceneri della Guerra Fredda, di cui non è possibile fare a meno e che quindi va ancora sviluppata. "Parlando di questioni di tanti anni fa, uno degli oratori di ieri mi ha fatto quasi sentire nostalgia per un'epoca meno complessa. Ma una Guerra Fredda ci è già bastata", così ha affermato Gates in risposta alle critiche di Putin. In risposta Sergei Ivanov, ministro della Difesa russo e potenziale successore di Putin al Cremlino nel 2008, ha affermato che le relazioni "tra Russia e partner occidentali sono talmente mature che ci si possono permettere anche prese di posizione del genere" e che anzi la Russia è disponibile a cooperare con l'Occidente per quanto riguarda la difesa antimissilistica.

La mini-crisi diplomatica aperta dalle parole di Putin sembra essere così rientrata nei ranghi. Ma tra la Russia attuale e l'Occidente i nodi di fondo rimangono sempre aperti. La vera questione è che entrambe le parti sembrano ancora in parte essere legate ad una mentalità, quella si, da Guerra Fredda. Se è vero che la Russia deve dimostrare di credere e condividere i valori occidentali della democrazia e della libertà per cooperare veramente con l'Occidente, come affermato da McCain, è anche vero che l'Occidente deve capire che una Russia democratica non significa necessariamente una Russia debole e prona all'Occidente come negli anni "d'oro" dell'epoca Eltsin. Inoltre, se è vero che durante la presidenza Putin si è visto un continuo tornare indietro sulla via delle riforme democratiche, è anche vero che mai prima d'ora un presidente russo è stato così popolare nel suo Paese e che le politiche intraprese in questi anni hanno trovato l'approvazione della stragrande maggioranza del popolo russo. Inoltre grazie alla crescita economica di questi anni, per la prima volta nella storia della Russia si sta sviluppando una vera classe media che potrebbe, in prospettiva, essere foriera di nuovi e più profondi cambiamenti democratici nella vita politica del Paese rispetto a quelli dimostratisi effimeri di inizio Anni Novanta.
Dal punto di vista occidentale, comunque, piaccia o meno, bisogna prendere atto della realtà attuale e cercare in tutti i modi qualche tipo di collaborazione con Mosca, dal punto di vista politico, economico e militare, facendo però capire chiaramente che ulteriori passi indietro sulla via della democratizzazione non saranno tollerati facilmente. A questo scopo strumenti già ci sono: il consiglio NATO-Russia ed il nuovo accordo di partnership strategica tra UE e Russia che dovrebbe essere firmato quest’anno. Si tratta solo di volerli usare al meglio. La posta in gioco è troppo importante. Come ha affermato un columnist americano, "quando gli storici guarderanno a questo periodo, conterà di più la perdita della Russia che quella dell’Iraq". Il rischio a cui andiamo di fronte è quello di una Russia sempre più autoritaria ed isolata dal mondo, un gigante con armi atomiche e capace di ricattare e terrorizzare il resto del pianeta con l'arma energetica. E' forse questo che speravamo quando abbiamo salutato con gioia e felicità la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda?



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