Se fosse possibile riassumere il comportamento di Donald Trump durante l’emergenza Coronavirus, si potrebbe sostenere che il presidente americano stia continuando a lanciare critiche infuocate verso svariate direzioni per la presunta pessima gestione di altri della crisi sanitaria per poi vedersele ritorcere contro. Così è stato questa settimana anche per la clamorosa polemica esplosa attorno alle parole di Trump sull’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tutt’altro che impeccabile o senza macchia nell’affrontare lo tsunami del COVID-19, ma di gran lunga più all’altezza della situazione rispetto alla Casa Bianca.

 

Probabilmente ancora più grave è stata però l’ennesima rivelazione su quanto le autorità governative USA sapevano alla vigilia dell’ondata epidemica, senza tuttavia avere studiato o implementato un piano tempestivo di contenimento. I tentativi di minimizzare la situazione e di rassicurare la popolazione, in modo da evitare scossoni a Wall Street, sono stati anzi a lungo il carattere prevalente del comportamento di Trump e del suo entourage.

Il New York Times ha pubblicato un “memorandum” redatto ancora nel mese di gennaio dall’addetto alle politiche commerciali della Casa Bianca, il falco anti-cinese Peter Navarro, il quale dipingeva a tinte fosche la minaccia incombente sugli Stati Uniti. Navarro ipotizzava due scenari, di cui quello pessimistico consisteva in una “pandemia fuori controllo”, con danni economici nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari e milioni di americani infettati.

La circolazione di questo documento negli ambienti di governo smentisce nuovamente la tesi di coloro che sostenevano l’impossibilità di prevedere la portata distruttiva del virus negli Stati Uniti. Trump, tuttavia, ha affermato in modo improbabile di non essere a conoscenza del parere scritto da Navarro, né di averlo richiesto, e di averlo letto solo pochi giorni fa. Se anche così fosse, resta il fatto che la vicenda solleva quanto meno ulteriori preoccupazioni sulla confusione e le disfunzionalità che regnano alla Casa Bianca anche in questo frangente.

Tornando alla polemica sull’Organizzazione Mondiale della Sanità, il presidente americano ha ipotizzato nel corso della conferenza stampa quotidiana di martedì la sospensione della quota dei finanziamenti stanziati dal suo paese all’organo delle Nazioni Unite. La ragione deriverebbe dagli errori fatti dall’OMS nel valutare la pericolosità del Coronavirus e, di conseguenza, dall’inadeguatezza della risposta offerta e su cui i governi di tutto il mondo si sono basati. Per Trump, soprattutto, l’OMS avrebbe agito con modalità che hanno favorito quasi esclusivamente la Cina. La denuncia di Trump si riferiva probabilmente alle critiche dell’OMS al primissimo provvedimento preso dalla Casa Bianca per contrastate il virus, cioè lo stop ai voli provenienti dalla Cina.

In realtà, i vertici dell’OMS avevano dichiarato ufficialmente il Coronavirus un’emergenza internazionale il 30 gennaio. Alla stessa data, Trump teneva invece un comizio in Michigan garantendo che l’epidemia era “del tutto sotto controllo”. Sempre martedì, dopo che le sue parole avevano scatenato una polemica mediatica, Trump ha come al solito parzialmente ritrattato le precedenti dichiarazioni, spiegando di non avere mai sostenuto di voler tagliare i finanziamenti USA all’OMS, ma che la sua amministrazione starebbe soltanto valutando questa ipotesi.

Su fronti diversi, la settimana fin qui più drammatica per il bilancio di vittime e contagiati negli Stati Uniti è stata infiammata da altre controversie politiche. Trump ha ad esempio licenziato l’appena nominato commissario speciale incaricato di supervisionare le modalità con cui la sua amministrazione utilizzerà i fondi stanziati dal Congresso per limitare l’impatto economico dell’epidemia.

L’ispettore Glenn Fine sembra avesse fama di “indipendente” e Trump l’ha sostituito bruscamente con Sean O’Donnell, un funzionario governativo che ha svolto finora lo stesso incarico di controllore delle spese e del corretto operato della burocrazia federale per l’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA). La stampa americana ha interpretato in buona parte la mossa del presidente come il tentativo di allentare le maglie dei controlli sull’impiego di una quantità gigantesca di denaro pubblico.

Ad aggravare la polemica sono state anche altre iniziative di Trump dirette contro questa classe di funzionari del governo federale, di stanza in ogni dipartimento e noti oltreoceano con la definizione di “inspector general”. Lo scorso fine settimana, la Casa Bianca aveva sollevato dal suo incarico l’ispettore generale dell’intelligence USA, Michael Atkinson. Quest’ultimo aveva gestito la segnalazione di un agente della CIA circa la famigerata telefonata del luglio 2019 tra Trump e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che avrebbe portato al fallito impeachment.

Sempre nel quadro del Coronavirus vanno inseriti invece gli attacchi rivolti da Trump al commissario del dipartimento della Salute, Christi Grimm, dopo che aveva denunciato ritardi nei test di positività al COVID-19 e la carenza di materiale sanitario e dispositivi di sicurezza negli ospedali americani.

Ancora martedì, la Casa Bianca ha annunciato all’improvviso il licenziamento del capo ufficio stampa, Stephanie Grisham, per rimpiazzarla con Kayleigh McEnany che solo nel mese di febbraio aveva garantito in una trasmissione di Fox News che il Coronavirus non sarebbe “mai arrivato negli Stati Uniti”. La confusione e le tensioni a Washington sono state alimentate anche dalle dichiarazioni del consigliere economico della Casa Bianca, Larry Kudlow, per il quale il piano di “salvataggio” delle piccole imprese USA appena approvato sarebbe “iniziato male”. Trump, da parte sua, lo ha invece definito già un grande successo e, nel corso di un evento pubblico, probabilmente per arginare le ansie legate all’esplosione della disoccupazione, ha attribuito alla figlia Ivanka la creazione di 15 milioni di posti di lavoro negli ultimi anni.

Mercoledì, infine, lo scontro politico è tornato a infuriare a Washington. I repubblicani avevano prospettato un nuovo intervento a sostegno dell’economia del valore di 250 miliardi di dollari, ma i leader del Partito Democratico hanno fatto sapere di puntare a un fondo di emergenza pari almeno a 500 miliardi.

Nel frattempo, il numero ufficiale di casi positivi negli Stati Uniti sta per sfondare quota 400 mila, mentre i decessi sono ormai vicini ai 13 mila. Anche in questo paese, le cifre potrebbero risultare sottostimate, visto che continuano a essere segnalati numerosissimi morti con sintomi da COVID-19 nelle loro abitazioni e senza test di positività. Va ricordato a questo proposito che solo alcuni giorni fa era partita negli USA una campagna propagandistica a livello mediatico e governativo per accusare la Cina di avere colpevolmente nascosto il numero reale di decessi a causa del Coronavirus.

In questo caos, è legittimo ipotizzare pesanti ripercussioni politiche per Trump nell’anno delle presidenziali, se non fosse per l’inconsistenza del suo avversario, Joe Biden, nel prossimo novembre. Un recentissimo sondaggio pubblicato dalla CNN ha dato un’idea approssimativa dei malumori che circolano tra la popolazione americana. Il 55% degli intervistati ha giudicato cioè “pessima” la gestione dell’emergenza Coronavirus da parte della Casa Bianca. Ancora più problematiche sono poi le proteste e le resistenze che dalle fabbriche alle strutture sanitarie si stanno moltiplicando contro gli ordini prematuri di ritornare al lavoro e la persistente insufficienza di strumenti per combattere un’epidemia dai contorni sempre più drammatici.

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