Le ultime settimane hanno fatto registrare l’intensificarsi dello scontro tra gli Stati Uniti e la Cina, tanto da spingere parecchi commentatori a parlare di una nuova Guerra Fredda tra le prime due potenze economiche del pianeta. In questo confronto vengono progressivamente coinvolti anche altri paesi, soprattutto se alleati di Washington. Tra questi, sta emergendo il ruolo della Gran Bretagna, la cui recente decisione di bandire Huawei dalla propria rete 5G potrebbe rappresentare un autentico punto di svolta nei rapporti con Pechino e negli stessi equilibri internazionali.

Lo schiaffo al colosso delle telecomunicazioni di Shenzhen è il culmine di una giravolta operata dal governo di Boris Johnson in larga misura su richiesta dell’amministrazione Trump. A convincere il leader conservatore non sono stati tanto gli improbabili incentivi che potrebbero arrivare da Washington, quanto le minacce, come quella di escludere Londra dalla condivisione di informazioni di intelligence tra i più stretti alleati americani. Un’ipotesi, quest’ultima, che ha subito mobilitato gli ambienti maggiormente filo-americani d’oltremanica, impegnati in una campagna di pressioni su Downing Street per liquidare Huawei nonostante gli interessi economici in gioco.

A gennaio, sempre in conseguenza delle sollecitazioni interne e di quelle americane, Johnson aveva già limitato al 35% la quota delle forniture per la rete 5G britannica provenienti dalla compagnia cinese, classificata come “fornitore ad alto rischio”. Soprattutto, Huawei veniva esclusa dalla partecipazione allo sviluppo di qualsiasi componente sensibile della rete di nuova generazione. La preoccupazione ufficiale dietro a questa misura era il possibile utilizzo di Huawei da parte del governo cinese per penetrare le reti informatiche e delle telecomunicazioni del Regno Unito.

Questo stesso scrupolo sarebbe alla base anche della decisione definitiva e ancora più radicale di martedì. Il governo di Londra, in realtà, si è formalmente nascosto dietro a una motivazione a dir poco discutibile. La sicurezza e la continuità delle forniture degli equipaggiamenti di Huawei non sarebbero cioè garantite a causa del provvedimento, preso lo scorso maggio dalla Casa Bianca, che vietava a livello globale la vendita alla compagnia cinese di microchip contenenti componenti di origine americana.

Huawei ha tuttavia già implementato piani alternativi di approvvigionamento, nonché di produzione interna, che renderanno virtualmente inefficace la misura punitiva degli Stati Uniti. Il voltafaccia di Johnson non ha quindi alcun fondamento per quanto riguarda questo aspetto. Piuttosto, come già spiegato, sono i calcoli di natura politica e strategica ad avere pesato sulla scelta fatta questa settimana.

Ciò appare tanto più significativo e, da un certo punto di vista, incomprensibile se si considera che l’esclusione di Huawei dalla rete 5G britannica dal lato pratico è un vero e proprio autogol per Londra. Le compagnie di telecomunicazioni del Regno Unito dovranno interrompere gli acquisti di componenti da Huawei entro il 31 dicembre. Per rimuovere quelli già installati nella realizzazione della nuova rete ci sarà tempo invece fino al 2027, a testimonianza della laboriosità dei procedimenti che questo provvedimento implica.

La rinuncia agli equipaggiamenti di Huawei avrà poi un costo non indifferente e resta da vedere chi dovrà sostenerlo, fermo restando che finirà comunque per essere scaricato sugli utenti britannici. Un altro discorso merita poi il nodo del reperimento di fornitori alternativi, non esattamente di facile scioglimento. Il ministro della Cultura di Londra, Oliver Dowden, ha ammesso in Parlamento che l’inversione di rotta sul 5G del suo governo ritarderà addirittura di qualche anno il lancio della rete superveloce e costerà fino a due miliardi di sterline. Anche solo alla luce di questi oneri, probabilmente sottostimati, non sorprende che tutte le compagnie britanniche coinvolte nel progetto fossero contrarie all’esclusione di Huawei.

Le questioni legate alla “sicurezza nazionale” che Huawei avrebbe sollevato hanno poco o nessun senso anche perché i componenti forniti dalla compagnia per le precedenti reti – 3G e 4G – potranno rimanere al loro posto. In altre parole, in questi anni la presenza di Huawei nelle telecomunicazioni britanniche non sembra avere rappresentato un problema, mentre da Londra viene fatto credere che potrebbe esserlo per la rete di nuova generazione.

Compagnie cinesi operano inoltre da tempo in altri settori “strategici” del Regno Unito, come quello energetico. In particolare, una compagnia cinese controlla quote significative di un paio di centrali nucleari britanniche e, se effettivamente Pechino rappresentasse una minaccia alla “sicurezza nazionale” della Gran Bretagna, è evidente che una decisione simile a quella riguardante Huawei dovrebbe essere presa anche in questo settore.

Se per Londra i rischi di una presenza cinese in ambiti sensibili sono tutti da dimostrare, quelli derivanti da un irrigidimento delle posizioni nei confronti di Pechino sulla scia dell’approccio americano sono al contrario concreti. A causa delle tensioni su Huawei e Hong Kong, il mese scorso il governo cinese ha minacciato ad esempio il ritiro da due importanti progetti in territorio britannico, come la realizzazione di un nuovo reattore nucleare e la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità.

Pechino ha comunque un ampio ventaglio di iniziative a disposizione in risposta alla decisione contro Huawei e, a giudicare dalle reazioni di questi giorni, intende ricorrervi nel prossimo futuro. Un’editoriale della testata ufficiale in lingua inglese Global Times ha infatti spiegato mercoledì come sia “necessario reagire” e la ritorsione debba essere “pubblica e dolorosa”.

In generale, la quantità e la qualità degli investimenti cinesi in Gran Bretagna potrebbero risentirne pesantemente, andando ad aggiungersi alle conseguenze negative della crisi innescata dalla pandemia in atto e dell’uscita dall’Unione Europea. A lungo il Regno Unito è stato l’approdo preferito da Pechino per la penetrazione cinese in Europa, con tutti i vantaggi che sono derivati o avrebbero potuto derivare per Londra. Gli eventi di questi mesi, aggravati anche dalla disputa attorno a Hong Kong e dalle vicende del Mar Cinese Meridionale, minacciano invece di rompere questa collaborazione e di spingere la Cina a guardare altrove nel vecchio continente.

Ancora riguardo al 5G, i ritardi e i costi che il Regno Unito dovrà sostenere rinunciando a Huawei avranno effetti negativi anche sull’innovazione tecnologica e la sostenibilità dell’economia britannica, dal momento che la nuova rete superveloce dovrebbe creare quello che in molti definiscono come un modello di sviluppo rivoluzionario e altamente competitivo.

Al di là del giudizio sul sistema e il comportamento sugli scenari internazionali della Cina, motivato in primo luogo dai propri interessi come esattamente per qualsiasi altro paese, la decisione del governo conservatore di Boris Johnson di piegarsi ai diktat degli Stati Uniti rischia di alimentare pericolosamente il clima di scontro tra grandi potenze a cui si sta assistendo e, come già dimostrato, di rivelarsi controproducente per lo stesso Regno Unito.

La scelta di campo a favore di Washington viene spesso spiegata anche con la necessità di opporsi in qualche modo alle tendenze autoritarie della Cina, come se gli Stati Uniti o la Gran Bretagna rappresentassero un modello esemplare di democrazia. A questo proposito, l’assurdità della decisione di Londra su Huawei è dimostrata dal fatto che, mentre non sono finora emerse prove concrete della collaborazione per fini minacciosi tra la compagnia di Shenzhen e il governo di Pechino, numerose e abbondanti sono quelle che incriminano gli Stati Uniti.

Per merito soprattutto delle rivelazioni di qualche anno fa di Edward Snowden, è ormai noto che l’apparato di intelligence americano è in grado di intercettare e sorvegliare tutte le comunicazioni elettroniche del pianeta, incluse quelle dei propri alleati, anche grazie alla docilità delle compagnie private americane e occidentali in genere. D’altra parte, una delle principali ragioni della guerra di Washington contro Huawei è da ricondurre al fatto che l’utilizzo di componenti cinesi nelle reti 5G potrebbe impedire agli USA di disporre di una porta d’ingresso nei dispositivi di centinaia di milioni o di miliardi di utenti in tutto il pianeta.

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