Il dieci settembre 2001 Sneha Anne Philipss, medico del Cabrini Hospital, aveva in programma un elenco di commissioni  da sbrigare. Andò prima in lavanderia poi si diresse verso il Century 21, storico emporio di New York a pochi passi  dal WTC , dove acquistò  tre paia di scarpe. Uscì alle 18 e da quel momento svanì nel nulla. Il marito di Sneha, Ron Lieberman, non la trovò a casa quando tornò ma non si allarmò più di tanto. A volte la donna si fermava a dormire da un fratello o da una collega. Peraltro Lieberman era anche lui medico e sapeva che gli imprevisti fanno parte del mestiere. Erano quasi le sette del mattino  quando si era alzato per tornare al lavoro e Sneha non era ancora tornata. Doveva andare fino al Bronx e avrebbe chiamato la moglie più tardi.

 

Il treno arrivò  puntuale e Lieberman fece un tratto di strada a piedi fino al cancello senza affrettarsi. Era veramente una bella giornata e sperava di bere un caffè prima di andare in corsia. Prese il caffè e lo portò  verso il suo armadietto per  infilarsi il camice.

Ron Lieberman stava discutendo con un collega l'agenda della giornata in sala medici quando si sentì all'improvviso un terribile boato. Sembrava che un aereo avesse colpito la Torre Nord del WTC. Pochi minuti dopo anche la Torre 2 fu colpita da un altro aereo. Si chiese cosa stesse accadendo e corse a chiamare la moglie che era sicuramente in servizio ma in ospedale nessuno l'aveva vista. Impossibile trovare un taxi. Dagli schermi televisivi si vedeva tanta gente vagare nelle strade senza direzione. Si fece dare un'ambulanza in prestito sperando di arrivare fino a casa e trovare lì sua moglie. Dopo sei ore di estenuanti tentativi si arrese e si fermò a Manhattan dove una coppia di amici gli offrì ospitalità per la notte. Gli infortunati erano probabilmente stati portati nelle strutture più prossime al WTC, magari proprio dove lavorava sua moglie, ma la persona che aveva risposto al telefono sembrava alquanto irritata dall'assenza della giovane dottoressa. 

Arrivato nei pressi della sua abitazione Ron fu costretto ad esibire le credenziali di medico per passare la barriera di nastro adesivo che aveva circondato la zona dove c'erano cumuli di macerie ancora da spalare. Dentro l'edificio dove viveva era tutto buio. Mancava completamente l'elettricità e ogni cosa era coperta da una spessa cortina di polvere prodotta dalla crollo delle Torri. Ron conosceva bene la moglie ed era sicuro che fosse andata in soccorso delle vittime e si recò dalla polizia in cerca di informazioni. Andò poi all'Henrietta Hundson, un bar frequentato da gay e lesbiche e domandò ai pochi avventori notizie di Sneha, che frequentava spesso il locale, ma nessuno l'aveva vista. Nella mente di Ron si fece sempre più insistente l'ipotesi che sua moglie fosse andata tra le macerie per dare aiuto e fosse rimasta intrappolata nel caos.

Sneha già da bambina voleva fare il medico ma la sua vita e la sua carriera erano state piuttosto complesse. Gli episodi di bullismo e le molestie sessuali aveva condizionato entrambe e le denunce non erano state prese sul serio. Aveva lavorato in ospedali dove la morale cattolica aveva rallentato le sue ambizioni. I suoi genitori negavano che Sneha fosse lesbica.

Lei e Ron frequentavano molti locali notturni perché lui si era fatto una discreta fama come saxofonista e suonava spesso nei bar gay. La routine della coppia insomma appariva un po' troppo alternativa agli occhi della gente. Anche quando l'11 settembre aveva seminato orrore le autorità erano andate a scavare nella moralità di Sneha. Il marito era andato più volte a cercare informazioni per ritrovarla e gli agenti ribattevano sempre sulla sessualità di lei che aveva fatto un giorno di carcere per ubriachezza molesta.

La denuncia di scomparsa presentata dall'ospedale parlava di frequentazioni gay e persino di consumo di stupefacenti. Nel momento di massimo orrore, con esseri umani che volavano dalle finestre per sfuggire alle fiamme che stavano per avvolgerle sembra incredibile che la moralità di una donna potesse fare qualche differenza. Non mancarono i momenti di generoso altruismo in cui persone coraggiose cercarono di salvare i feriti a costo della loro stessa vita. Però Ron Lieberman si sentì dire che forse sua moglie magari non era mai andata a Ground Zero, più facilmente aveva trovato un accompagnatore occasionale in un bar e se ne era andata con lui chissà dove, approfittando dell'assenza del marito che era di turno in ospedale. L'uomo l'aveva uccisa occultandone il cadavere dopo un fugace incontro in un motel. Oppure aveva trovato una buona occasione per sparire e cambiare vita.

Sneha Anne Philipss e Ron Lieberman si erano conosciuti all'Università di  Chicago. Lei era nata in India, aveva bellissimi capelli neri e la sensualità naturale degli orientali; Ron era molto attraente, dotato di un mix di eleganza sassone e una vivacità da musicista che affascina le ragazzine. Erano felicemente sposati da un anno e mezzo; Ron conosceva il carattere altruistico della moglie ed era certo che fosse andata a Ground Zero sperando di salvare qualcuno. Aveva affisso volantini fuori dai negozi, sui pali della strada e ovunque fosse possibile con l'immagine di Sneha.

Tanta gente aveva cercato di ottenere risarcimenti destinati alle vittime mentendo. Non era il caso di Ron che tuttavia aveva taciuto sui problemi di Sneha con l'alcol. Le era stato accanto anche nei momenti in cui la depressione la schiacciava. Anche i genitori avevano  partecipato alla battaglia  di Sneha contro la depressione che alternava momenti buoni ad altri meno buoni.

Due anni dopo l'11-9 tutti i risarcimenti previsti per le vittime del crollo del WTC erano stati chiusi. Sneha non era ancora stata “riconosciuta” quindi non avrebbe avuto nulla.  In via eccezionale le fu concesso di apporre una targa sul Memorial che un altro giudice ordinò di rimuovere. “La donna aveva probabilmente una relazione extra-coniugale o aveva appena conosciuto un uomo e l'11-9 chissà dov'era” aveva sentenziato il secondo giudice. Ma la polizia ha un'altra versione. Dall'ospedale di Staten Island Sneha era stata buttata fuori perché troppo affezionata a sostanze proibite. Amava i locali frequentati dalle lesbiche e dagli artisti bohemiens. E mancavano elementi per confermare la sua identità.

Se è per questo il 99% delle 2997 persone morte a Ground Zero erano irriconoscibili. Ma avevano una vita ordinata. Nell'appartamento dei Lieberman c'erano ovunque foto di Sneha in pose castigatissime. Immagini nel matrimonio celebrato il 15 maggio 2000. Rimaneva poco tempo per richiedere il risarcimento previsto per le vittime dell'11/9.

A Ron non andava giù che su sua moglie continuassero a gravare ombre e lottò per altri quattro anni durante i quali la targa con il nome di Sneha Anne Philips fu messa, rimossa e di nuovo finalmente rimessa definitivamente sul muro del Memorial nel 2008. Accanto ai nomi di altre 2751 persone si suppone tutte dalla morale cristallina se questo è il parametro dei giudici.

Sono passati 20 anni da quella che fu una grande tragedia, la prima di un paese che di tragedie continua a causarne senza sosta. C'erano voluti sette anni  di battaglie legali per affiggere il nome di Sneha accanto agli altri.  In base ai documenti del tribunale però il matrimonio dei Lieberman era sul punto di scoppiare e Sneha aveva approfittato dell'11 settembre per darsi alla macchia.

Probabilmente alla gente dispiace che un'indiana dai gusti “ambigui” venga compresa nell'elenco dei “martiri” del WCT. Sneha era solo un'ubriacona fallita e se fosse stata trovata anche una sola briciola del suo corpo le sarebbero spettati dai 3 ai 4 milioni di dollari. In realtà il passaporto e tutti gli altri documenti della Philips sono chiusi in un cassetto da 20 anni. E nessuno dice che faceva parte di un gruppo di donne medico che aveva in progetto di includere anche studentesse afgane.

Gli amici e i parenti della giovane dottoressa celebrano l'11-9 con una cerimonia privata con Ron che nel frattempo si è risposato.

Il 9 settembre 2021 sono stati riconosciute due delle oltre mille persone già nell'elenco degli scomparsi di cui non era rimasto nulla e solo un nome è stato reso noto. Sneha Anne Philips passerà l'eternità come una pariah anche se il suo nome figura nel Memorial Wall del WTC. Di lei resteranno le bugie e i pettegolezzi sulla sua sessualità. I licenziamenti dovuti ad una vita troppo “disordinata” per un medico.

Il britannico Daily Maily ha ancora parlato di Sneha come la “lesbica sposata scomparsa misteriosamente” e anche Ron viene denigrato di tanto in tanto. In un mondo ideale a 20 anni dal crollo del WTC la lettera scarlatta impressa su Sneha sarebbe sbiadita da tempo, ma il mondo ideale non è ancora stato creato e la moralità di una donna si misura dal fatturato degli scandali che riesce a creare.

Monica Lewinsky ad esempio da oltre un quarto di secolo riesce a guadagnare montagne di dollari raccontando le fellatio nella stanza ovale.  Ha appena lanciato un docufilm per raccontare “la sua storia” con dettagli sulle pratiche sessuali condivise con Presidente. Quando era ancora una semplice stagista pubblicò un libro con i stessi temi cui fece da ghost-writer e sponsor Andrew Morton, già biografo esperto di particolari prestazioni a nome di Lady Diana.

Volle 500 mila dollari per raccontare al mondo l'incredibile velocità con cui Bill Clinton riusciva a tirare giù la zip dei pantaloni. Biden va per gli ottanta, deve vedersela con una perdita di popolarità drammatica e difficilmente potrebbe prodursi in piroette erotiche sul lavoro. Però non si sa mai.

 

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