Un giudice distrettuale americano ha emesso qualche giorno fa una sentenza di condanna contro l’avvocato Steven Donziger che rappresenta a tutti gli effetti una vendetta giudiziaria per conto del colosso petrolifero Chevron. Donziger è al centro da alcuni anni di una vera e propria persecuzione, fatta di manovre illegali e di ripetute violazioni del diritto internazionale, per avere rappresentato in una storica causa legale la popolazione indigena di una località dell’Ecuador devastata dall’inquinamento petrolifero provocato dalla compagnia americana Texaco, dal 2001 assorbita appunto da Chevron.

 

Il giudice di New York Loretta Preska ha stabilito una pena di sei mesi per Donziger, dopo che a fine luglio lo aveva ritenuto colpevole di sei capi d’accusa per oltraggio alla corte. Invocando il diritto alla riservatezza nei rapporti tra cliente e avvocato, Donziger si era rifiutato di consegnare il proprio computer e altri dispositivi elettronici come richiesto da un’istanza presentata dai legali di Chevron. Donziger si trova oltretutto già agli arresti domiciliari da oltre due anni e, se a ciò si aggiunge il divieto impostogli di praticare la propria professione, i provvedimenti nei suoi confronti sono tra i più duri mai deliberati negli Stati Uniti per un reato minore.

La condotta dei giudici che hanno presieduto alla causa intentata da Chevron contro Donziger è stata tutto fuorché imparziale. Oltre ai ripetuti rinvii, le richieste dell’imputato di essere giudicato da una giuria sono state respinte, mentre due dei suoi legali sono stati esclusi dal collegio difensivo e la corte aveva addirittura imposto un avvocato protagonista in passato di alcune dispute con Donziger. La cauzione stabilita dal giudice Preska era stata inoltre altissima per un reato di questo genere (800.000 dollari) e, ancora più insolita, era stata nel 2019 la decisione del suo predecessore, il giudice Lewis Kaplan, di assegnare i compiti dell’accusa a uno studio legale privato dopo che i pubblici ministeri federali si erano rifiutati di procedere con l’incriminazione di Donziger. In seguito era emerso anche che questo studio privato aveva avuto rapporti molto stretti con Chevron fino al 2018.

I guai legali di Steven Donziger vanno ricondotti a una causa che un decennio fa si era conclusa con una condanna al pagamento, da parte di Chevron, di qualcosa come 9,5 miliardi di dollari di danni. La vicenda legale era iniziata nel 1993 con la presentazione di una “class action” che raccoglieva 30 mila contadini e membri delle comunità indigene di una provincia amazzonica dell’Ecuador, pesantemente inquinata dalle attività estrattive di Texaco nel sito petrolifero di Lago Agrio.

Le operazioni avevano provocato un autentico disastro ambientale a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. La denuncia era stata presentata a New York, dove Texaco aveva il proprio quartier generale. Chevron, da parte sua, dopo la fusione aveva sostenuto di avere effettuato tutte le dovute operazioni di bonifica e che il rimanente inquinamento era responsabilità del partner locale di Texaco, la compagnia pubblica Petroecuador. La magistratura USA aveva alla fine respinto la causa per motivi di giurisdizione, rimandando alla giustizia ecuadoriana un eventuale giudizio sul disastro ambientale. L’accordo che ne uscì impegnava Chevron ad accettare il verdetto che sarebbe stato emesso dai tribunali in Ecuador.

In parallelo allo spostamento della causa nel paese sudamericano, Donziger aveva promosso una campagna di informazione che a suo parere avrebbe contribuito a rafforzare la posizione dei suoi clienti. Nel 2011, infine, il processo si concluse con una clamorosa condanna di Chevron fino ai più alti gradi di giudizio dell’Ecuador. I danni erano stati stimati in 18 miliardi di dollari, per essere poi sostanzialmente dimezzati in appello due anni più tardi.

La sentenza non ha tuttavia mai avuto seguito. Chevron decise di trasferire tutti i propri “asset” fuori dall’Ecuador, costringendo i vincitori della causa a chiedere la confisca dei beni in altri paesi. Ciò avvenne in Argentina, in Brasile, in Canada e negli Stati Uniti, ma in nessun caso le richieste furono accettate. Oltre che a rifiutarsi di pagare i danni stabiliti, Chevron diede inizio a una contromossa giudiziaria contro l’avvocato Donziger. Sempre nel 2011 fu presentata dai legali della compagnia una denuncia civile nei suoi confronti in base al cosiddetto “Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act” (RICO), una legge americana degli anni Settanta solitamente usata per incriminare organizzazioni mafiose.

L’accusa sosteneva che Donziger aveva ottenuto la sentenza di condanna corrompendo un giudice ecuadoriano e manipolando gli studi condotti sul disastro ambientale. Nel 2014, il già ricordato giudice Kaplan dichiarò così illegittima la sentenza in Ecuador perché influenzata da una serie di presunte attività criminali di cui era ritenuto responsabile Donziger, tra cui frode, riciclaggio, corruzione ed estorsione. L’avvocato della popolazione indigenza ecuadoriana veniva condannato inoltre a risarcire Chevron per la somma di 800 mila dollari.

Tutto il caso contro Donziger era basato sulla sola testimonianza dell’ex giudice ecuadoriano Alberto Guerra, trasferito negli Stati Uniti da Chevron e mantenuto dalla stessa compagnia con un assegno mensile di 12 mila dollari. Guerra aveva affermato che Donziger gli aveva di fatto dettato la sentenza di condanna contro Chevron e versato 500 mila dollari provenienti dal fondo spese dei suoi clienti. Nel 2015 la già più che dubbia attendibilità di Guerra crollò definitivamente dopo che lo stesso ex giudice ecuadoriano ammise sotto giuramento di avere mentito riguardo le accuse contro Donziger. La smentita di Guerra non venne comunque considerata dai tribunali americani e le sentenze d’appello avrebbero confermato la sostanza del verdetto iniziale del giudice Kaplan a favore di Chevron.

È in questo quadro che le accuse di oltraggio alla corte sono state mosse contro Donziger. L’accanimento nei suoi confronti dimostra non solo la determinazione di Chevron nel punire un avvocato in grado di mobilitare l’opinione pubblica contro i crimini dell’industria petrolifera e di ottenere un risarcimento miliardario, ma anche la volontà di fare del caso un esempio che serva a scoraggiare future cause di questo genere. Per comprendere la posta in gioco è sufficiente considerare le risorse impegnate da Chevron nei procedimenti di questi anni. Secondo Donziger, la compagnia americana avrebbe sborsato in spese legali più di due miliardi di dollari a partire dal 1993, mentre la Chevron stessa ha ammesso di avere destinato a questo scopo circa un miliardo.

La persecuzione messa in atto contro Steven Donziger è talmente lampante da avere suscitato la condanna di organizzazioni a difesa dei diritti civili e di personalità autorevoli in tutto il mondo. 29 premi Nobel avevano ad esempio sottoscritto una lettera aperta nel 2020 nella quale definivano quello di Donziger “uno dei casi più vergognosi di diffamazione e di persecuzione giudiziaria”.

Poco prima della condanna a sei mesi di carcere, inoltre, uno speciale organo delle Nazioni Unite aveva pubblicato le proprie conclusioni sul caso Donziger. Il “Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie” (WGAD), composto da giuristi di fama internazionale nominati dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, aveva affermato che “la detenzione preventiva di Donziger rappresenta un abuso secondo gli standard del diritto internazionale umanitario” ed è, per questa ragione, “illegale”.

Il gruppo di lavoro aveva individuato violazioni “molto serie” di numerosi articoli della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici”, nonché dei “Principi Fondamentali ONU sul Ruolo degli Avvocati”. Per i membri del WGAD, “le accuse contro Donziger e la sua detenzione sembrano essere una vendetta per il lavoro svolto come legale delle comunità indigene [ecuadoriane]”, dal momento che “si è rifiutato di rivelare informazioni confidenziali sulla corrispondenza con i suoi clienti in un caso di alto profilo contro una compagnia multinazionale”.

L’unica soluzione per porre rimedio a questa situazione scandalosa, continuava il WGAD, è il “rilascio immediato” di Donziger e il risarcimento per i danni subiti. Inoltre, il governo americano dovrebbe garantire “un’indagine indipendente ed esaustiva” su un caso che è stato segnato, per quanto riguarda il comportamento dei giudici Kaplan e Preska, da una “sconcertante mancanza di obiettività e imparzialità”.

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