di Giuseppe Zaccagni

Continua, all’Est, l’inesorabile marcia delle destre perché - dopo l’arrivo nelle istituzioni europee della pattuglia di deputati bulgari e romeni segnati dal marchio nazional-revanscista – cominciano riabilitazioni e revisioni storiche. E mentre in Estonia si afferma che la liberazione del Baltico da parte dell’Armata Rossa fu un’azione militar-politica di “invasione e di conseguente annessione”, parte all’attacco anche la Romania. Che decide di riabilitare quel Ion Antonescu - il conduca¬tor - che nel giugno 1941, esercitando un potere assoluto, fece scendere in guerra la Roma¬nia a fianco dell’Asse, aprendo il paese alle truppe di Hitler. E, di conseguenza, collaborando con i nazisti si macchiò dei più efferati delitti contro il suo popolo. Secondo l’attuale potere di Bucarest, Antonescu non ebbe, però, nessuna colpa di quanto avveniva nel paese in quegli anni, perché già in quel periodo – così si sostiene - l’armata dell’Urss aveva “occupato il territorio romeno”. Quindi: nessuna colpa per Antonescu il quale si limitava solo a difendere il paese… E così parte la ricostruzione – tutta romena – della biografia di questo personaggio il cui nome è scritto a caratteri cubitali nella storia del nazismo. Si cerca di passare sotto silenzio le sue vere colpe e di evidenziare solo gli aspetti della carriera militare.

Si ricorda, infatti, l’Antonescu che nasce nel 1882 a Potesti e che nel 1911 termina l'Accademia Militare e nel 1913 prende parte alla Guerra Balcanica. E’ poi ufficiale nella prima guerra mondiale. Successivamente, nel 1919, si distingue nella repressione della “Repubblica dei Soviet” di Bela Kun, nella vicina Ungheria. E’ lui – ma questo la Romania di oggi non lo rileva – che attua il terrore bianco contro i magiari colpevoli di aver appoggiato una repubblica rossa che aveva alla testa, tra l’altro, anche il giovane filosofo Gyorgy Lukacs. Nel 1933 Antonescu è Capo di Stato Maggiore dell'esercito romeno. Nel 1938 è ministro delle Guerra. Arrestato nel luglio 1940 dalla polizia politica di re Carol II è scarcerato nel settembre e, come gesto di buona volontà verso la Germania hitleriana, è nominato primo ministro. Comincia la politica del terrore. Antonescu – ormai dotato di pieni poteri – porta il paese nell’Asse e costituisce un governo di coalizione con il movimento fascista delle famigerate “Guardie di ferro”. Si è in piena dittatura. Con Bucarest che autorizza le truppe tedesche ad entrare nel territorio nazionale agevolando così l’invasione dell'Unione Sovietica e, nello stesso tempo, fornendo ai nazisti varie divisioni.

Le truppe romene si unirono alla Wehrmacht e rioccuparono i territori persi; e nella città di Odessa, per ordine di Antonescu, fu attuato quel massacro di civili che passa alla storia, appunto, come “massacro di Odessa”. Gli eventi bellici che seguirono ci ricordano che dopo i primi successi ottenuti nel 1942 l'esercito romeno fu respinto dalle controffensive sovietiche e che Antonescu tentò anche la via di un armistizio con gli Alleati per una pace separata. Il 20 agosto 1944 le truppe sovietiche sfondarono il fronte invadendo la Romania. Iniziò praticamente in quel momento il lungo processo alle azioni del conducator. Si scoprì che era stato il responsabile della deportazione e della morte di 275.000 ebrei romeni.

Il suo antisemitismo non è una leggenda. Basta fare riferimento ai suoi discorsi pubblici. E benché non raggiungesse i livelli dei capi delle ”Guardie di Ferro” come Codreanu o Sima, parlò sempre di "invasione giudea in Romania" e rimase convinto sino all'ultimo dell'esistenza di una "cospirazione giudaica” ai danni del Paese. Non solo, ma nutriva un profondo odio verso tutti i nemici della Romania fossero essi ungheresi, ucraini, bulgari, massoni o comunisti. Nell’immediato dopoguerra si disse anche che la sua oscillante decisione di eliminare fisicamente gli ebrei romeni fosse stata influenzata dagli avvenimenti. Fermamente deciso a compiere il massacro quando le armate tedesche sembravano avviate alla vittoria, cercò, infatti, di impedirlo quando la vita degli ebrei gli parve un utile mezzo di scambio per ottenere un migliore trattamento da parte degli Alleati.

Tutto questo non lo salvò dal plotone di esecuzione. Dopo essere stato arrestato, fu consegnato ai sovietici. Nel maggio 1946 fu portato davanti al Tribunale del Popolo di Bucarest organizzato dal governo comunista. Fu riconosciuto colpevole di crimini contro la pace e per aver sostenuto l'invasione tedesca dell'Urss. Fu condannato a morte. La fucilazione fu eseguita a Bucarest il 1° giugno del 1946. Negli anni che seguirono in Romania furono resi noti i dossier su Antonescu. E tanti furono gli agghiaccianti particolari che avevano segnato la sua vita di dittatore. Sul suo conto c’era, intanto, la morte di circa 400mila ebrei in Romania e nei territori occupati. E in un rapporto prodotto da una commissione speciale guidata dal premio Nobel Elie Diesel - e ufficialmente accettata dal governo romeno nel 2004 – fu precisato che "Irrefutabili e abbondanti prove documentali mostrano la responsabilità personale di Ion Antonescu nella deportazione e nella distruzione fisica degli ebrei e dei rom che si trovavano sotto la giurisdizione romena".

E ancora: nel 1941, Antonescu ordinò la deportazione in Transnistria di tutti gli ebrei della Bessarabia e della Bucovina (tra gli 80.000 e i 150.000), che vennero considerati "agenti comunisti" dalla propaganda ufficiale. "Deportazione" – tra l’altro - era solo un eufemismo, perché parte del processo consisteva nell'uccidere quanti più ebrei possibile prima di deportare il resto a est sui "treni della morte". Ulteriori uccisioni perpetrate dai soldati di Antonescu colpirono la popolazione ebrea che l'esercito romeno riuscì a catturare quando occupò la Transnistria.

La Romania che entra ora in Europa cancella le pagine nere del conducator e lo riabilita ponendolo tra gli eroi nazionali. Un leader, quindi, dell’indipendenza. La guerra alla storia continua.

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