L’Africa è un continente complesso e nei cui interessi politica e media occidentali manifestano una forma particolare di strabismo. Negli scorsi anni il continente, soprattutto nella zona del Sahel, è stato attraversato da un’ondata di violenze e colpi di Stato che hanno avuto proporzioni epidemiche in Stati come Mali, Niger, Guinea e Burkina Faso colpendo al cuore, soprattutto, la posizione della Francia, ex colonizzatrice e tradizionale riferimento di questi Stati. Ebbene, Parigi si è sempre detta preoccupata e chiamata a seguire in prima persona quanto successo con l’ascesa delle giunte militari nell’Africa occidentale. Ma sorprende, al contempo, lo scottante silenzio con cui il governo di Emmanuel Macron ha accolto le recenti violenze in Ciad.

 

Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, secondo le accuse del governo, esponenti del Partito socialista senza frontiere (Psf) guidato dall’oppositore Yaya Dillo sono stati indicati dalla giunta militare del presidente della transizione Mahamat Deby come gli autori di un assalto alla sede dell’Agenzia nazionale per la sicurezza dello Stato, i servizi segreti di N’Djamena. Il 28 febbraio è stato dunque il giorno della caccia all’uomo a N’Djamena. Durante la quale Dillo, pronipote dello storico presidente Idriss Deby, padre di Mahamat morto nel 2021 combattendo delle formazioni ribelli nel Nord del Paese, è stato secondo diversi report di esperti di Africa ucciso dai militari del Ciad. Un grave problema, a due mesi dalle prime elezioni presidenziali dopo la morte di Deby padre, vedere una giornata di guerra civile e un partito d’opposizione all’egemonia del governo militare che ora cercherà la conferma alle urne.

E mentre lo zio di Deby, il generale Saleh Deby Itno, passato al Psf, è stato arrestato e le autorità parlano di “dozzine” di morti nella giornata di guerra, il governo di Emmanuel Macron ha assistito imperturbabile. Troppo importante appare, oggigiorno, difendere con le unghie e con i denti l’ultimo “gendarme” del G5 Sahel rimasto al centro della proiezione francese nella regione. Assieme alla fragile Mauritania, il Ciad resta l’unico Paese filo-francese dell’associazione di cinque Stati del Sahel. Niger, Mali e Burkina Faso ora guardano per la loro sicurezza alla Russia e al supporto paramilitare del gruppo Wagner.

Nella disfida geopolitica per l’Africa Parigi percepisce l’assedio della Russia. Non ci sono prove per sapere se il Psf o Dillo avrebbero, in caso di ascesa al governo dopo regolari elezioni, virato lontano dalla storica partnership con la Francia. Ma certamente Deby figlio è una certezza per Macron. E criticarlo apertamente non è all’ordine del giorno. A Parigi si percepisce uno stato d’assedio nella ridotta africana della Francia che Macron prova a rompere con manovre d’alleggerimento su altri fronti, magari rilanciando il confronto muscolare con la Russia in Europa.

“Dopo il rinnovo degli accordi di cooperazione militare con l’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar l’anno scorso, i russi potrebbero aver guadagnato l’accesso a una base aerea (Benina o Al Khadim) e una navale (Bengasi o Tobruk)”, nota Tempi. Parliamo di aree che si trovano a nord del Ciad, Inoltre si nota nell’analisi di Leone Grotti, “i rapporti sempre più stretti con il presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra, che ha affidato la sicurezza ai mercenari della Wagner, potrebbero permettere a Mosca di costruire una base militare nel paese a sud del Ciad con tanto di aeroporto internazionale. La base potrebbe ospitare fino a 10 mila soldati e diventare il cuore strategico delle operazioni russe in Africa”. Tutto questo mentre a Ovest del Ciad c’è la “cintura golpista” del Sahel e a Est si spande la pericolosa cintura dei due Sudan devastati dai conflitti civili.

Resta in quest’ottica, come fortino filo-francese, proprio solo il Ciad di Deby. Linea del Piave che per Parigi non deve cadere. A qualsiasi costo da difendere. Una scelta politica che dà l’idea della criticità della posizione transalpina, in totale imbarazzo sul Ciad.

“Costretto a lasciare il Niger dopo il colpo di stato di luglio, l’esercito francese ha dovuto evacuare 1.400 uomini e il loro equipaggiamento , principalmente attraverso il Ciad“, notava a ottobre Rfi ricordando il valore strategico del Paese per Parigi in occasione del più recente bilaterale Macron-Deby. A febbraio Macron per puntellare la posizione francese in Africa ha poi nominato Jean-Marie Bockel, già viceministro alla Cooperazione Internazionale con Nicolas Sarkozy, suo inviato personale per l’Africa col compito di rafforzare il dialogo con quattro Paesi della fu Françafrique ritenuti solidi e fedeli: Senegal, Costa d’Avorio, Gabon e, appunto, Ciad. Dopo l’incontro avuto a Mosca da Deby con Vladimir Putin la percezione di poter perdere terreno anche in un Paese chiave per la proiezione geopolitica di Parigi, la lotta al terrorismo e l’influenza economica sull’Africa ha spinto Macron a una mossa diplomatica di avvicinamento all’Africa. Ma alla prima mossa spericolata di Deby, che di fatto ha ordinato l’azzeramento dell’opposizione, tanta diplomazia si è rivelata inutile. Resta il silenzio necessario a non perdere un alleato, un amico, un gendarme locale. E un imbarazzato silenzio che molto ci dice dei pericolosi compromessi fatti dall’Occidente in Africa con gli autocrati di oggi così come quelli di ieri.

 

di Andrea Muratore

Fonte: InsideOver

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