di Sara Nicoli

Il colpo d’occhio era senza dubbio imponente. Ancora piazza San Giovanni stracolma di gente, dodici giorni dopo il “concertone” del primo maggio e quelle parole dal palco di Andrea Rivera a cui è seguita la risposta alzo zero dell’Osservatore Romano: “Terroristi”. Si suonava anche ieri, ma tutt’altra musica. Le truppe anti Dico, organizzate sapientemente dalle parrocchie, sono scese massicciamente in piazza, meno di un milione, di certo. Al massimno saranno stati trecentomila, bombe mediatiche sui numeri a parte. E quando li ha visti comunque in parecchi, Silvio Berlusconi non ha trattenuto la voglia di fare sua quella piazza e di sparare contro il resto dell’Italia che la pensa in modo diverso. “No ai matrimoni di serie B, no a chi vuole ridurre la Chiesa a una Chiesa del silenzio com'era nell'Unione Sovietica, no ai cattolici che stanno a sinistra: si contraddicono”. Una manifestazione politica in piena regola, dunque, che peserà come un macigno sul percorso parlamentare della legge sui Dico, ma anche su tutti gli altri tentativi legislativi di modernizzare il Paese e venire incontro alle esigenze reali delle persone, nel segno dell’uguaglianza costituzionale. Ieri in Piazza San Giovanni non c’erano famigliole in festa. C’erano i soldati del “partito di Dio” decisi ad imporre un credo come legge seppellendo la minaccia della laicità dello Stato. E non si è risparmiato questo popolo che -stentiamo a crederlo – la politica associa comunque al sentire della maggioranza del Paese. C’erano i militanti di Comunione e Liberazione ma anche i neocatecumenali e gli appartenenti ad altre decine di associazioni cattoliche, giovani comuni uniti da una musica fatta di chitarre e qualche “Alleluia” ma anche da quella musica rap nata nei ghetti neri dove i figli delle unioni di fatto sono un incidente, più che una scelta. La sobrietà, però, si fermava qui. Cappellini variopinti a parte, sono stati gli striscioni a dare la cifra del sentire del “popolo di Dio” . Ed ecco “Rosy Bindi vergogna” e tanti palloncini con scritto “Dico mai”, oppure l’altro che raffigurava i volti di Boselli, Pannella, Grillini e Diliberto bollati come “Laicisti e talebani”. Ma chi erano, lì, i veri integralisti?

Il resto è stato un florilegio di icone religiose e parrocchie che orgogliosamente si definivano “presenti” come ancora oggi qualche nostalgico del ventennio. "Dico mai". E, soprattutto, mai e poi mai se si tratta di lesbiche e gay: "Oggi Bindi, domani Zapatero" è stato invece l’ammonimento che campeggiava tra questo popolo che, difendendo la famiglia, calpesta di fatto i diritti degli altri. Bello sarebbe stato contare, in quest’orda di anime belle, quanti hanno usufruito di quelle leggi laiche dello Stato che oggi, da buoni perbenisti, dicono di voler combattere in nome del futuro dei propri figli. Bastava dare un’occhiata agli stati maggiori dei partiti della Cdl, diligentemente schierati sotto il palco e contare, uno ad uno, i divorziati e i mai risposati, ma casomai uniti oggi in una feconda unione di fatto. In fondo, è la solita questione della coerenza che Pannella ha mirabilmente riassunto in una domanda provocatoria: “Non vorranno mica venirci a dire che ciascuno di loro segue la morale sessuale imposta dalle gerarchie vaticane vero?”. Già. Ma l’ipocrisia, nel mondo cattolico, ha sempre avuto la meglio.

Per fortuna c’era anche un’altra piazza, ieri a Roma. Meno numerosa, è vero, ma senz’altro più significativa e importante per chi non accetterà mai di essere ricacciato nel buio della ragione dalle ragioni di chi agogna lo Stato etico. Si sono dati appuntamento a piazza Navona, lo stesso storico luogo della capitale dove, il 12 maggio di 33 anni fa, si festeggio' la vittoria del 'no' al referendum abrogativo della legge sul divorzio. Obiettivo, ricordare una delle piu' grandi vittorie laiche dell'Italia del dopoguerra. E ieri erano tutti la', dai socialisti ai radicali, dai Verdi al Prc fino ai transfughi dei Ds. Chi mancava erano proprio la Quercia, che alla manifestazione del Coraggio Laico, ha fatto la parte del convitato di pietra.

Il 12 maggio del 1974, gli italiani sancirono con il loro voto il principio per cui il fondamento della famiglia doveva essere una libera scelta di amore e non un'imposizione di legge. Una vittoria, come hanno sottolineato i promotori del Coraggio Laico, alla quale contribuirono in modo determinante milioni di elettori cattolici, senza il cui voto, espresso in contrasto con le indicazioni del Vaticano, non sarebbe stato possibile raggiungere la maggioranza di cittadini favorevole al divorzio. E ieri, insomma, sarebbe stato strano che Roma festeggiasse a San Giovanni con una manifestazione di rivincita rispetto alle grandi lotte civili. Di sicuro sarebbe stato il segnale di una netta inversione di tendenza rispetto ad una battaglia di civiltà. Mas i Ds non c’erano. Un’assenza importante, che tuttavia non ha stupito Pannella. “Nel '74 - ha ricordato - il Pci fino all'ultimo cerco' di abrogare la legge Fortuna-Baslini per evitare il referendum. Buon sangue non mente”.

Alla fine di una giornata intensa, che ha fotografato ancora una volta l’Italia divisa e mai coesa neppure sui principi, resta l’amarezza di non riuscire a registrare ancora quel sussulto di laicità che sarebbe necessario per non pensare che questo Paese sia definitivamente avviato a divenire il cortile di casa di un partito che è sempre meno Chiesa e che è sempre più politica oscurantista. Persino in Turchia sono scesi in piazza per difendere la laicità dello Stato. Qui succede il contrario. Il futuro non promette nulla di buono.


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