di Giovanni Gnazzi

Il secondo e ultimo confronto è cominciato come il primo: grande attesa mediatica, speranze e paure che s'intrecciavano tra i supporters. Lo scenario é identico: davanti al teleschermo a destra siede Berlusconi, a sinistra Prodi. Le colonne d'Ercole separano i due contendenti, in una scenografia appositamente pensata. In mezzo Bruno Vespa, ciambellano di Porta a Porta al posto di Mimum.
Lo spettacolo comincia proprio da qui, con Vespa che non può sfregarsi le mani ed indicare con il braccino ridotto chi avrà l'uso della parola e per quanto tempo. Perché stavolta Vespa non pone e non dispone: le domande le fanno Napoletano e Sorgi, direttori del quotidiano romano Il Messaggero e del quotidiano torinese La Stampa. Le risposte le danno i due, ma il tempo è scandito da una clessidra da par condicio, Golem assoluto della parità apparente tra chi usa le sue reti come una clava e chi non si decide ad usare la clava contro quelle reti. Vespa ha solo la possibilità d'intervenire in caso di sforamento, per la verità previsto solo per Berlusconi, data la sua nota logorrea. Al giornalista più pigmentato d'Italia, la Rai ha esplicitamente chiesto d'essere inflessibile: chi sfora si trova l'audio sfumato. Non partecipano al dibattito Napoleone e Gesù; mancano all'appello i bambini bolliti ed i miracoli del quinquennio: quasi quasi i comici cambiano canale. Il cavaliere si è preparato per parlare alla pancia del Paese: deve essere per questo, per entrare in sintonia con la pancia del Paese che è andato a prepararsi nella sua villa di Porto Rotondo. Una sorta di ritiro pre-partita, con allenatori e giocatori che, almeno loro, in campo non scendono. E dal dibattito mancano anche i balbettii ripetuti sulle tasse, stavolta il professore insegna economia e buon senso. In mancanza di sette ville dove rifugiarsi si è preparato nella sede dell'Unione a Piazza Santi Apostoli. Pensa che, a differenza del Cavaliere, il dibattito di stasera sarà importantissimo, ma non è detto che sia decisivo. Il Paese ha sedimentato una dose di fastidio per il quinquennio populista e post fascista che si è espressa in ogni elezione dal 2001 ad oggi. Pensa che difficilmente le balle incatenate di quello che fu un grande comunicatore invertiranno il comune sentire. Non fosse così, non fosse certo di perdere, Berlusconi non avrebbe varato la vergogna di legge elettorale con la quale ci troveremo a fare i conti nel seggio. Prodi deve convincere gli indecisi, Berlusconi deve giocarsi il tutto per tutto. Ma è proprio lo sport dove Berlusconi eccelle e lo dimostra ampiamente. Lo si vede sin dall'inizio, quando, come previsto, si apre con il piccolo Tommaso. Nessuno dei due è per la pena di morte, ma Berlusconi non riesce ad evitare di strumentalizzare anche la terribile sorte del piccolo per attaccare la magistratura "politicizzata". Per non dire delle tasse: quando Sorgi chiede ai due contendenti cosa intendano per persona "ricca", al cavaliere corre un brivido nella schiena e annuncia i suoi programmi che, come al solito, prevede che ricchi diventeranno tutti. Ha voglia il professore a declinare la ricchezza come qualcosa che va oltre il possesso, non è il luogo ne l'interlocutore adatto. Ma il professore non ha nessuna intenzione di giocare il ruolo che Berlusconi tenta di assegnargli. Davanti alle cifre strampalate ed ai proclami futuri, Prodi decide che il giochino di rilanciare per non far vedere le carte è durato abbastanza e pone la necessaria domanda: dov'era Berlusconi in questi ultimi cinque anni? Parla come se fosse stato all'opposizione, ma in realtà governava e sfasciava. Il 2,5 di aumento della spesa pubblica, bruciati 40 miliardi di Euro che costituivano l'avanzo primario consegnato dai governi di centro sinistra. Crescita zero dell'economia, crescita imperiosa del debito. Il professore appare più sereno del suo rivale, mentre quest'ultimo risulta livoroso e poco incline alla serietà. Berlusconi appare propenso ad assegnarsi meriti non suoi e ad addossare le colpe sue all'opposizione, alla guerra, alla crisi economica; manca solo il porco mondo abitato dai comunisti. Lo scontro prosegue. E se Prodi sottolinea la mancanza di sicurezza per le donne e la necessità di "rendere l'Italia più saggia grazie alla loro forte presenza nella gestione del paese", Berlusconi risponde anche qui con cifre che la Prestigiacomo sarà saltata sulla sedia. Un vice premier, otto ministre, venti sottosegretarie. Ullallà. Sorgi chiede cosa pensino di fare della legge 194 e del divorzio, visti gli strali del pastore tedesco dal balcone di San Pietro, nell'estremo tentativo di salvare il governo che affonda. Nessuno dei due pensa di toccare le due leggi sulle libertà civili, ma se in ordine alle politiche per le famiglie Berlusconi propone le sue ennesime detassazioni, Prodi annuncia 200 Euro a famiglia per ogni bambino, provvedimento ben più concreto per i meno abbienti, giacché è inutile ridurre le tasse a chi, da povero, non paga nessuna tassa. Ed è proprio sulle tasse che Prodi ha uno scatto decisivo, quando chiede se bisogna continuare a vedere affondare il paese per permettere ai milionari di non pagare: è questione di giustizia e di conti. Chiede il leader dell'Unione: "Devo mandare il Paese in rovina o devo esigere giustizia fiscale?" Berlusconi ha un'altra ricetta: concordato fiscale, condoni, comprensione e progressivo rientro soft. Sono due visioni opposte del modello di società; una, di stampo ultraliberista, che ritiene lo Stato una entità che abusa dei cittadini nel momento in cui effettua il prelievo; l'altra, di tipo solidaristico, che crede alla fiscalità generale proprio in quanto fondata sulla progressività del prelievo e sulla contribuzione di tutti. Aldilà di battute e di colpi scambiati con un qualche timore, la chiusura di Berlusconi che annuncia l'abolizione dell'Ici somiglia un po' al tentare il tutto per tutto da parte di chi vede la partita già persa. Peccato che l'Ici sia una tassa comunale sulla quale quindi il Governo non può intervenire e che nessun sindaco, nemmeno di Forza Italia, sia disposto a rinunciarvi. Buona boutade, se non fosse successiva al milione di posti di lavoro, alla riduzione delle tasse, all'aumento delle pensioni e via smiracolando. Invece l'impressione netta che si percepiva era quella di un Capo del Governo in seria difficoltà, costretto a ricorrere all'ultima opportunità offertagli dall'appello finale che è apparso costruito, poco sincero, un "più uno" di propaganda sfacciata e pertanto poco credibile. Ieri sera il professore, battezzato come "parroco di provincia bonario e dossettiano" dal Premier, appariva affidabile e serio. Il grande comunicatore, invece, appariva solo uno Zelig in difficoltà. Quando Prodi, per commentare le sparate di numeri, cita George Bernard Shaw che parla di un "ubriaco che si appoggia al lampione, non per cercare la luce ma per sorreggersi", più di qualcuno avrà compreso che la reazione infastidita di Berlusconi qualche ragione l'aveva. Era di lui che si stava parlando.

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