di Sara Nicoli

il monoscopio RAI "Le note che seguono sono personali: coinvolgono, cioè, esclusivamente la mia responsabilità personale perché quel che contengono io l'ho pensato e io l'ho scritto". Comincia così (con parole che vorrebbero sgravare da ogni responsabilità compagni e dirigenti di partito, ma che al contempo rivendicano una primogenitura) la lunga relazione che il Presidente della Rai, Claudio Petruccioli, ha voluto lasciare come "strenna natalizia" sotto l'albero di un gruppo di dirigenti, sindacalisti e direttori di rete della tv pubblica per spronarli, tra una fetta di panettone e qualche svogliato brindisi familiare, a riflettere sulla stagione, ormai prossima, che attende la Rai. Si vota il 9 aprile e, come sempre, il vento di un possibile rinnovamento ha già cominciato a soffiare impetuoso per i corridoi di viale Mazzini prima che altrove, anche se le incertezze del voto proporzionale rendono più complicata qualunque strategia politica e strutturale a breve termine. Petruccioli, però, sembra convinto della necessità di dare alla Rai comunque un nuovo assetto, in cui sia fondante il ruolo di servizio pubblico indipendentemente dal risultato delle urne. E che, si augura, sia sufficientemente favorevole a portare a termine il progetto.

C'è una consapevolezza, infatti, che emerge in filigrana da ognuna delle 55 pagine che compongono "Per una discussione su televisione e servizio pubblico, dentro e fuori la Rai" (questo il titolo della disamina): cosi com'è, la Rai non ha grandi possibilità di sopravvivenza. Non si è mai visto che un'azienda che rappresenta uno dei principali patrimoni culturali del Paese sia tenuta sotto giogo per garantire la stabilità del sistema duopolistico e per favorire l'azienda del Presidente del Consiglio. Ma per uscire da questa spirale, ormai sedimentata negli anni, ci vuole un guizzo di genialità. O, forse, semplicemente un po' di lungimiranza.

Perché - e Petruccioli ne è profondamente conscio - è inutile parlare di "salvare la Rai" senza mettere mano al sistema delle sue risorse economiche, centellinate da una politica per lo più avversa, attraverso la quantificazione del canone. E, soprattutto, senza rendere davvero autonoma l'azienda, consentendole libere scelte strategiche, editoriali, organizzative e strutturali. Se lasciata in questa condizione, la tv pubblica è condannata a una lenta dissoluzione e Petruccioli, nel suo ruolo di presidente, non sembra affatto intenzionato ad assecondare questo processo senza tentare, quantomeno, un colpo d'ala. Così ha scritto, rovesciando sul tavolo di una discussione politica sulla televisione pubblica (aperta da anni a sinistra e sostanzialmente avviluppata su se stessa), un nuovo progetto di servizio pubblico televisivo che, come sempre avviene in campagna elettorale, ha finito per dividere anziché far convergere le varie anime dell'Unione.

Se infatti Prodi ha rinunciato ad idee privatizzatrici sulla Rai, come indicato dalla Gasparri, Ds e Margherita hanno trovato un'intesa sulla separazione societaria tra servizio pubblico e programmazioni commerciali, mentre Rifondazione di una Rai "divisa" anche solo sotto il profilo contabile, non vuole neanche sentire parlare. In questo quadro assai frastagliato, perchè Petruccioli ha voluto lanciare l'ennesimo elemento di discordia parlando di una Rai-Fondazione, lontana dalla politica e autonoma nella sua programmazione?

Per due ordini di motivi. Il primo riguarda il fatto che il "suo" cda è destinato a durare ancora un bel po' (scade nel 2008) e lui non vuole essere ricordato come il presidente che ha accompagnato per mano la Rai verso il baratro. Di contro - e dall'alto della poltrona che occupa - sembra voler imporre a tutta l'Unione di sposare il suo progetto, mettendo però in imbarazzo l'intera coalizione. Che non può negare un sostanziale assenso (non si delegittima un presidente Rai "di area" in campagna elettorale neppure sotto tortura) ma che di una Rai davvero libera adesso più che mai non sente affatto il bisogno. Un dato, comunque, sembra certo: prima o poi l'Unione dovrà trovare pace sul futuro del servizio pubblico, anche per riuscire ad incidere, come sembra intenzionata a fare, sulla revisione della legge Gasparri.

Petruccioli, comunque, un risultato personale lo ha ottenuto: lanciando nelle paludi dell'Unione il macigno di un progetto di Rai davvero libera, si è messo al riparo da ogni possibile critica futura. Insomma, lui cosa fare l'ha detto e scritto. Se non verrà ascoltato, il problema sarà di altri.

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