di Sara Nicoli

Ci eravamo chiesti dove fossero andati a finire, senza tuttavia rimpiangerne l'assenza. Li avevamo lasciati sotto le scrivanie e dagli antri bui della Farnesina, svergognati nell'intimità telefonica e politica da qualche scalmanata in cerca di successo. Li abbiamo ritrovati nell'applauso della piazza. E' stato improvviso, ma non inatteso. Rieccoli. Sono saliti sui furgoni, con un'agilità antica. Hanno strappato di mano ai tassinari in rivolta l'antico megafono e fomentato la folla delle macchine bianche al grido di "Noi vi salveremo", salutati da un coro di "Duce, Duce!" che gli ha ristorato il cuore e li ha fatti sentire vivi. Alleanza Nazionale è di nuovo qui, in maniche di camicia, nel catino del Circo Massimo. Gianni Alemanno - che poche ore prima aveva riconosciuto al governo Prodi di "aver fatto quello che avremmo dovuto fare noi" - si è presentato, microfono ben saldo in mano, per introdurre "Il Capo" Gianfranco Fini ad un boato di clacson dei tassinari e di saluti romani. Sdoganati o meno da Fiuggi e in attesa di una possibile Fiuggi 2, quel grido del popolo li ha esaltati. Convinti, come diceva Rossella O'Hara, che domani può essere davvero un altro giorno, sono riemersi più battaglieri che prima, acciacchi dell'età e lividi della politica a parte.

Gli è bastato poco, a quelli di An. E siccome gli serviva qualcosa, un contenitore qualsiasi per affrancarsi dalla sconfitta elettorale, dalle indagini sugli spioni e sulle soubrette, hanno preso al balzo un'occasione utile ad una nuova reputazione nel taschino. Gli serviva un partito del nulla, estemporaneo e volatile, ma comunque qualcosa da cavalcare. E allora vai con il taxi. An è il nuovo partito dei tassinari.

Arruffapopoli navigati, nella protesta dei taxi contro il decreto Bersani, An ha blandito la propria "base" a quattro ruote con i toni dei gladiatori, perché si guadagnano voti anche così, elevando un tassista a "faro di luce", a "primo guardiano delle strade", a "prima fonte di sicurezza per il cittadino", ad "ambasciatore delle città" (che dio ce ne scampi..). D'altra parte è in gioco molto di più di quello che l'inquisito esponente di via della Scrofa, Fabio Sabbatani Schiuma, ha bollato come "sacrosanta lotta per lo stipendio e il patrimonio". I tassinari in Italia sono un popolo che conta quasi 50 mila auto. E 50 mila voti sono il doppio di quei 24 mila che hanno fatto la differenza alle ultime elezioni. Vale la pena anche perderci la faccia. Perché sul cambio della legge elettorale è ancora tutto per aria, non si sa come va a finire e, dunque, non si ha nulla da perdere, figurarsi la faccia. E, infatti, è successo.

"Io vi salverò", ha promesso l'ex ministro al popolo delle auto bianche. E non era neppure una sbruffonata. Con un tatto politico da elefante in cristalleria, Alemanno si è proposto come "mediatore" tra il suo nuovo popolo e quel governo di comunisti che fa una politica di destra e li ha fregati in corner. Bersani lo ha lasciato fare. Salvo poi mollarlo in pasto ai suoi con quella classica frase che si usa con i bambini che non hanno ancora imparato a campare: "E chi ti ha autorizzato a fare il portavoce del Governo"? Ma lui non ha capito. Ed è tornato in piazza brandendo una salvietta rubata alla bouvette di Montecitorio dove non c'era scritto niente, ma che lui si è venduto come un impegno del ministro ad incontrare il popolo dei taxi. "Faremo di tutto - ha urlato in una piazza Venezia rovente e candida di auto bianche - non vi lasceremo mai soli". "Sei unico" gli ha risposto un tassinaro con il tono dolce della gratitudine.

Cosa non si farebbe per rifarsi una verginità politica. Cosa non si farebbe per far dimenticare di essere un partito che non è più di fascisti e che avrebbe almeno ambito ad esserlo di tombeur de fammes, ma che è rimasto al palo pure lì. Cosa non si farebbe, in fondo, per non morire, per impedire che il nuovo popolo dei tassinari di tutta Italia finiscano per "mendicare lo stipendio da qualche cooperativa di sinistra" e così ricrearsi una base elettorale che ricorda le gesta del tempo che fu, vedi aggressione al ministro Mussi. L'Italia nel pallone, accaldata ma divertita, vede la piazza agitata dalla destra e un governo di sinistra che gli ruba i fondamentali della politica e vince sul terreno della sorpresa e del rinnovamento. Solo una cosa, alla fine, sembra chiara. La destra ha finalmente capito di essere l'opposizione. Ma, come al solito, comoda: al governo sui divani, all'opposizione in taxi.

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