di Giovanna Pavani

Peccato. Ci eravamo illusi, anche solo per un attimo, che quella promessa di un anticipato ritiro dalla politica, da spendere nella sontuosa villa del paradiso fiscale delle Bahamas, si stesse lentamente concretizzando. Che, insomma, l'ossessione del riconteggio delle schede e lo spettro del broglio avessero talmente preso il sopravvento su un uomo ripetutamente provato da ben tre pesanti batoste elettorali, in rapida successione, da convincerlo a lasciare ad altri, più giovani e capaci delfini, la guida della Casa delle Libertà o di quello che ne resta. Pia illusione. Il Cavaliere è di nuovo tra noi. E non è affatto vero quel che dice Roberto Benigni di lui per compiacere Prodi che lo guarda, benevolo, sotto il palco del suo show fiorentino. Non è vero che Berlusconi "dorme come un bambino perché si sveglia ogni tre ore. E piange". Silvio Berlusconi è appena ridisceso in campo. Non è più Napoleone. Non è più l'unto del Signore. Si è, invece, autoproclamato "uomo di confine": "Nel nome e per il bene del paese sarò io il grande mediatore". Per fortuna non ha detto "Grande Timoniere", perché allora sarebbe stato lecito pensare alla botta di calore di cui ha parlato Prodi. E questo ci avrebbe rasserenato non poco. Ma il ruolo di mediatore tra i due poli è esattamente la figura che in questo momento manca all'appello della politica per puntellare una maggioranza che non c'è. Lui ha colto al balzo. E, da consumato uomo di palcoscenico, si è subito calato nel ruolo. Risultando, da subito, maledettamente credibile.

Il "Grande Mediatore" ha dunque cambiato tattica. Ha smesso di parlare di elezioni anticipate. Non nomina più le rivincite immediate nelle urne. Ha buttato alle ortiche i panni barricadieri degli attacchi continui e frontali all'Unione. Non aggredisce più con l'insulto la gente di sinistra apostrofandola con l'ormai classico "coglioni". Per giunta "in mala fede". Ora è diverso. Mostra il profilo dell'uomo di alto lignaggio istituzionale. Di quello che ha talmente a cuore il bene del Paese da esser pronto a rimettere le mani, lui per primo, sulla sua ultima, mirabolante, "porcata" politica: la legge elettorale. Il suo obiettivo è ancora quello di scaraventare Prodi più lontano possibile da Palazzo Chigi. Ma per farlo ha bisogno di più tempo del previsto. Deve ricostruire la Casa delle Libertà intorno alla sua leadership sottraendo al "Giuda" Pierferdinando Casini i sogni di gloria ma, soprattutto, il ruolo di mediatore tra i due poli che "l'infido bolognese compatriota di Prodi" gli ha sottratto subdolamente nei giorni dello sconforto e del delirio da sconfitta. E siccome, per giunta, tira una gran brutta aria in zona Udc, dove l'odore delle Margherite si fa sempre più forte e suadente per molti, il Cavaliere ha deciso di spiazzare nuovamente tutti. Andrà alla Festa della Margherita, su invito dello stesso Rutelli. Forse sarà addirittura sul palco della Festa dell'Unità di Pesaro, pronto ad abiurare, davanti alla folla rossa, di aver mai detto che i comunisti mangiano ancora i bambini, come è consolidata abitudine tra i compagni cinesi, cavaliere docet. Qualcuno, più avvezzo di altri a cogliere gli spifferi dei palazzi della politica e ad interpretarli, ha poi riscontrato, negli ultimi tempi, una singolare somiglianza tra le parole del presidente del Senato, Marini, e le sue - ormai rare - esternazioni. Entrambi hanno ricordato che "ora il paese ha bisogno di essere governato" in contrapposizione a Prodi che ha minacciato più volte i suoi con il classico "in caso di crisi si va a votare". E tutti e due, seppure in tempi non sincronici, si sono lamentati dell'eccessivo ricorso al voto di fiducia da parte del governo. E in politica queste non sono mai solo coincidenze.

Un primo, superficiale, sguardo d'orizzonte dentro il Parlamento (anche a fronte di come è stata mal gestita la questione dell'indulto), non esiterebbe a far riflettere su prove generali di grande coalizione, o allargamento della maggioranza che dir si voglia, in fase di strutturazione politica. Ma il Cavaliere è andato anche oltre. La Merkel è la sua Grosse Koalition non sono il suo obiettivo politico. Lui vuole che Prodi cada dopo il Dpef o anche dopo la finanziaria. L'importante è che vada a casa. Poi sarà il momento di "un governo istituzionale" che traghetti il Paese per almeno due anni verso le elezioni e durante il quale la priorità sarà, appunto, quella di riscrivere la legge elettorale e ristabilire una certa serenità nel Paese. "Io fatico a fare l'opposizione con questi qui - ha detto ieri passeggiando per il Transatlantico e non dimenticando di ricordare ai cronisti le "39 minacce di morte subite da parte di Al Quaeda" - e dopo cinque anni di governo non posso permettermi di fare il Masaniello di portare la gente in piazza. Chi ha assunto decisioni importanti vede le cose in maniera diversa". Sembra solo ieri il suo tentativo sovversivo di ribaltare il risultato elettorale urlando ai brogli. Ma oggi è un altro giorno.

Il Cavaliere, oltre a Marini, può contare da sempre sulla sponda di Massimo D'Alema all'interno dell'Unione, ma dopo la festa della Margherita, ai canali di colloquio con gli avversari si aggiungerà di certo anche Rutelli e i cattolici diellini. Per far quadrato e scacciare la vituperata eventualità di un "governo tecnico", un "Prodi 2" insomma, Berlusconi è pronto ad insinuarsi anche nel difficile parto del Partito Democratico che, come lui, ha bisogno di tempi di gestazione ancora lunghi. Insomma, gli elementi per arrivare ad un governo istituzionale, secondo lui, ci sarebbero tutti. Ed è una strategia che, alla luce dei continui scossoni e delle costanti richieste di fiducia, alla fine potrebbe trovare consensi più ampi del previsto. Soprattutto in autunno, tempo di Finanziaria. Nell'attesa, il Cavaliere medita la rivincita finale dedicandosi ad amene letture e alla scrittura di un libro ambizioso, "il Labirinto delle Libertà". Dove intende spiegare dove, come e quando riuscirà a far riconquistare la libertà agli italiani che l'hanno persa quel maledetto 11 aprile. Da non perdere, dunque, il "libro azzurro" del "Grande mediatore", l'uomo "di confine" che molti sognano sempre di vedere "oltre" confine, in un irraggiungibile quanto auspicabile lontananza politica. E che invece è di nuovo qui.

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